Tutti ben sanno che San Marino non è all’interno dell’Unione Europea e un cittadino sammarinese è considerato a tutti gli effetti un extracomunitario. Non pochi problemi ha e continua a produrre tale condizione di marginalità rispetto all’Europa, ripercuotendosi non solo sulle relazioni diplomatiche, gli accordi economici e gli scambi commerciali tra San Marino e gli Stati U.E., ma anche sulle scelte di vita di un qualsiasi sammarinese che abbia intenzione di lavorare o studiare fuori sede.
Il referendum promotore per l’adesione di San Marino all’U.E. è stato interrotto lo scorso anno, con l’istanza d’Arengo respinta dal Consiglio Grande e Generale il 7 giugno 2011 e con la legge di iniziativa popolare bocciata lo scorso 28 marzo aventi tutti il medesimo contenuto: la richiesta di adesione della Repubblica all’Unione Europea. Consideriamo queste due bocciature una vera e propria cecità da parte delle forze di governo, perché costringono il nostro Paese a una condizione di passività e marginalità assolutamente inaccettabile. In questo momento storico, escludersi dall’Unione Europea ci sembra decisamente autolesionista, come voler suicidare un Paese già in fin di vita. Per scongiurare ogni sorta di ritorno a politiche protezioniste e a qualsiasi oscurantismo intollerante, San Marino non può non guardare con attenzione agli avvicendamenti europei e aspirarare ad entrare nella Comunità. Per queste ragioni il MICS aderisce e sostiene il nuovo referendum indetto a maggio dallo stesso Comitato promotore.
Siamo consapevoli che l’entrata di San Marino nell’Unione Europea possa essere sicuramente un vantaggio anche per il rilancio dell’economia e dello sviluppo del nostro territorio. Non è solo relazionandosi con l’Italia che San Marino può pensare di uscire da una situazione di assoluta immobilità economica e politica, ma anche e soprattutto attraverso l’inizio delle trattative con l’U.E., per avviare un percorso europeo che potrebbe risollevarci da questa crisi. Crisi prima di tutto globale ed europea, che a San Marino, considerando la sua dipendenza economica e commerciale nei confronti dell’Italia, si fa sentire con maggiore insistenza.
L’Europa sta attraversando una delicata, ma decisiva fase storica, rimanerne fuori significherebbe accettare coercitivamente, senza possibilità di replica, le condizioni e le regole imposte da Bruxelles, perdendo quasi del tutto la nostra millenaria indipendenza.
In questo modo San Marino sarebbe esclusa dai vantaggi dell’esser parte di una comunità di Stati federali, non potendo ad esempio accedere e usufruire dei contribuiti economici, un aiuto indispensabile alla realizzazione di un progetto di riqualificazione dell’economia sammarinese.
Considerando anche le verifiche e i controlli esercitati da alcuni organi europei internazionali – vedi OCSE, GRECO e Moneyval – riguardo all’economia, la giustizia e l’amministrazione pubblica dello Stato, con relativo report in cui si consiglia a San Marino di cambiare al più presto molti elementi oscuri del proprio apparato statale, questo Paese se accetta di riformare e in parte di rifondare alcuni snodi istituzionali nevralgici, non può pensare di farlo aldifuori della U.E. Entrare a far parte della Comunità europea sarebbe per San Marino un vero atto di volontà per il raggiungimento della totale trasparenza istituzionale, economica, legislativa e giuridica. Allineandosi alle norme e ai parametri europei, San Marino diventerebbe a tutti gli effetti uno Stato trasparente, levanodosi di dosso la triste nomea di paradiso fiscale e provando a diventare un insindacabile paradiso civile.
Per uscire da questa crisi, l’Europa non può che passare attraverso la fondazione di un’Europa federale democratica ed egualitaria, attenta alle politiche sociali e culturali, prima ancora che economiche e finanziarie.
Ci auguriamo che la cittadinanza capisca l’importanza di questo referendum e che la politica capisca invece l’urgenza di entrare a far parte dell’Unione Europea ed accetti che i sammarinesi scelgano democraticamente da che parte stare.
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