San Marino. Plenario bloccato; fatti fuori troppi giudici

San Marino. Plenario bloccato; fatti fuori troppi giudici

Plenario bloccato, la convocazione disattende la legge approvata dalla maggioranza

E’ la stessa Legge Qualificata n. 1 del 2020 a sancire che il numero dei magistrati deve comunque essere sempre pari a quello degli altri membri

La macchina dell’organizzazione della giustizia, dopo la cacciata di sei giudici, è in stallo, a meno che non si voglia procedere a forzature al di fuori della legge o non si trovi qualche parere che possa giustificare l’ingiustificabile.

La forsennata epurazione del tribunale, che ha visto fare fuori i magistrati non graditi a governo e maggioranza, ha portato a dei numeri che di fatto impediscono la riunione e l’operatività del Consiglio giudiziario plenario, che sarebbe indispensabile adesso per ripristinare almeno l’organico, considerato che la credibilità sarà molto difficile da riconquistare.

Anche questo ennesimo scivolone, inoltre, rende ancor più difficile vedere come sensata e disinteressata la cieca azione di maggioranza e governo che ha portato a decimare i membri togati del tribunale, con il risultato che adesso la maggioranza si trova a disattendere la stessa legge che ha approvato e sostenuto con tanta pervicacia.

Ma che cosa è accaduto? E’ accaduto che di magistrati in tribunale, con l’evidente obiettivo di modificare gli equilibri del consiglio giudiziario e fare diventare maggioranza quella che era minoranza, ne sono rimasti soltanto dieci. Questo causa l’impossibilità del Plenario di operare e persino di procedere al reclutamento di nuovi magistrati, sia con carriera interna che tramite bando. Quello cioè che si voleva fare con la seduta del Plenario convocata per mercoledì 21 e giovedì 22, non è dunque fattibile, perché violerebbe la Legge Qualificata n. 1 del 2020. Proprio quella che è stata approvata a inizio anno dalla maggioranza allo scopo di modificare, anche in maniera retroattiva, la composizione del Consiglio giudiziario.

Quale è il problema? Il problema è che la convocazione del plenario viola la legge perché il numero dei membri politici supera quello dei magistrati e non c’è modo per risolvere l’impasse, perché non ci sono più giudici da fare sedere nel Consiglio giudiziario plenario. Insomma, governo e maggioranza ne hanno ciecamente mandati via troppi. Un pastrocchio in piena regola, dunque. Per comprenderlo basta leggere la norma. La Legge Qualifica 1 del 2020, appunto. All’articolo 4 parla della composizione del Consiglio giudiziario plenario, dice chi ne fa parte, quali membri politici e quali magistrati: “Il Consiglio Giudiziario in seduta plenaria è composto dai membri della Commissione Consiliare per gli Affari di Giustizia, dal Segretario di Stato per la Giustizia, dai Giudici per la Terza Istanza, da tre Giudici d’Appello, da cinque Commissari della Legge e dal Magistrato Dirigente. I Commissari della Legge ed i Giudici d’Appello sono individuati tra quelli confermati a tempo indeterminato preferendo quelli con maggior anzianità di servizio; in caso di pari anzianità di servizio prevarrà la maggior anzianità anagrafica. Qualora non vi siano tre Giudici d’Appello a tempo indeterminato, la composizione del Consiglio dovrà essere integrata dai Commissari della Legge confermati a tempo indeterminato”.

Poi prosegue sancendo in modo perentorio: “Il numero dei Magistrati con diritto di voto deve comunque essere sempre pari a quello degli altri componenti aventi diritto di voto”.

Ed è qui il problema. La norma viene inserita con questa dicitura perché sono, tra l’altro, i principi fondamentali dello Stato di diritto internazionalmente riconosciuti a sancire che negli organi di autogoverno della magistratura a composizione mista, il numero dei togati deve essere almeno pari a quello dei membri non togati.

Ora, per comprendere la violazione evidente, basta guardare la convocazione della seduta. I destinatari della convocazione sono i magistrati rimasti, due giudici di appello e otto commissari della legge, che fanno in tutto dieci togati; sono poi convocati i dieci membri politici della Commissione affari di giustizia più il Sergretario di Stato, e fanno undici membri politici. Quindi 10 magistrati e 11 membri politici. La norma è disattesa perché il numero dei magistrati non è pari a quello dei politici. Per risolvere il problema basterebbe fare entrare un altro giudice nel Plenario… ma di giudici non ce ne sono più. Gli altri sono stati cacciati tutti, in funzione di una pretesa azione “di ripristino della legalità”, così l’ha definita qualche esponente di maggioranza e anche qualche magistrato con essa allineato.

Quale azione adesso si metterà in campo per superare quello che a tutti gli effetti appare un “cul de sac”, uno stallo non facilmente risolvibile, si vedrà. La legge voluta dalla stessa maggioranza non lascia dubbi a interpretazioni di sorta: il numero dei togati, giova ribadirlo, deve “comunque essere sempre pari a quello degli altri componenti aventi diritto di voto”.

Certo è che qualsiasi espediente venisse escogitato – dalla modifica della norma, a una qualsiasi consulenza interpretativa compiacente che si può sempre trovare – sarebbe l’ennesima evidenza di un disegno pernicioso per la giustizia, che causa quello che è stato definito lo sradicamento della pianta dello Stato di diritto.

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