San Marino. Plenario, maggioranza dei magistrati non parteciperà

San Marino. Plenario, maggioranza dei magistrati non parteciperà

Maggioranza dei magistrati non parteciperà al plenario di domani

Sei giudici e il dirigente del Tribunale, membri del Consiglio giudiziario plenario, scrivono alla Reggenza per comunicare che non parteciperanno alla riunione dell’organo indetta, senza soluzione di continuità e anche in notturna, per i giorni di venerdì e sabato.

La situazione già grave, è divenuta drammatica dopo gli interventi in Consiglio Grande e Generale, in un dibattito segnato da offese, mistificazioni, falsità e ribaltamento della realtà. Il punto di partenza dell’attacco al potere giudiziario da parte della politica è sempre la legge qualificata 1 del 2020. “Reca, a nostro parere – ribadiscono i giudici – un vulnusall’equilibrio tra poteri dello stato “se possibile, ancora più grave è il tentativo, perpetuato in queste ore in molti interventi in Consiglio Grande e Generale, di mistificarne, sminuirne e quasi banalizzarne la deflagrante portata”, scrivono i magistrati nella lettera indirizzata ieri alla Reggenza. “Allarma – aggiungono – la disinvoltura con la quale si ignorano quali potrebbero esserne i suoi effetti nell’immediato”. 

Viene quindi richiamata la seduta del Plenario del 13 luglio dove “dopo dieci ore di discussione” si è tentato con un ordine del giorno“di risolvere la questione per iniziativa di una parte assolutamente minoritaria (4/11) della componente togata che si è saldata a quella maggioritaria della politica. L’ordine del giorno sostanzialmente accoglieva l’interpretazione proposta dalla Dott.ssa Pierfelici in un suo precedente intervento secondo la quale il vizio di composizione dell’organo determinerebbe la comminatoria della nullità di tutte le deliberazioni assunte dall’organo stesso, nullità pretesa come conseguenza indefettibile, con apodittica esclusione di alcuna prova di resistenza, volta a verificare se la presenza del componente poi escluso nella nuova composizione fosse stata o meno, in concreto, rilevante ai fini della formazione della maggioranza utile all’adozione delle delibere de quibus. Peraltro, in patente contraddizione tecnico-giuridica con tale drastico assunto, espressamente dichiarato nei suddetti interventi e (invece) lasciato per implicito nelle premesse del suddetto odg, lo stesso pretendeva infine di “salvare” alcune delibere, e le posizioni oggetto delle stesse, sulla base della motivazione che tali delibere fossero state assunte all’unanimità, dunque in difetto di alcuna coerenza logica con la pregressa tesi della nullità assoluta e indefettibile, e della asserita inammissibilità della prova di resistenza”. “Tale ordine del giorno – proseguono i giudici – non ha, comunque, raggiunto la maggioranza richiesta dalle norme che regolano le votazioni in Consiglio giudiziario”. Ma il comma viene riproposto nella riconvocazione di venerdì 24 e sabato 25. “A ciò si aggiunga che la competenza del Consiglio Giudiziario Plenario a trattare questa materia e soprattutto a “interpretare” la l.q. 1/2020, senza che si sia preventivamente pronunziato anche il Consiglio Giudiziario ordinario, è molto dubbia e discutibile. Soprattutto perché il 22 giugno scorso la seduta del Consiglio in seduta ordinaria è stata interrotta dalla Reggenza che, sulla base di pareri degli “uffici”, ignoti e mai estesi all’organo, ha negato ad esso il potere di deliberare su due ordini del giorno elaborati a seguito della discussione, durata per ben due sedute.

Già queste premesse – prosegue la lettera – danno la misura delle forzature in corso. A ciò va aggiunto che sono stati completamente ignorati gli inviti a svolgere preliminari accertamenti presso le sedi internazionali alle cui raccomandazioni la composizione del Consiglio Giudiziario già da tempo, e oggi dopo la l.q. 1/2020, appare fortemente disallineata. Una lettera di numerosi ex componenti del Collegio Garante della Costituzionalità delle norme, altrettanto critica, è stata liquidata come una sorta di operazione di soccorso, priva di fondamento, come se tutte le numerose voci che ormai si levano nel denunciare la gravità della situazione fossero unite da una sorta di disegno criminoso contro la Repubblica. Senza considerare che è invece vero esattamente il contrario. La maggior parte dei giuristi stanno lanciando forti segnali di allarme affinché il bene della Repubblica e dello Stato di diritto non vengano irrimediabilmente sacrificati”.

Richiamata poi la vicenda dell’emendamento all’assestamento di bilancio che introduceva l’articolo 3 vicies, quello che avrebbe d’un colpo cancellato tutte le deliberazioni di tre anni di Plenario. Emendamento ritirato in Consiglio “e tuttavia singolarmente e pedissequamente riproposto nell’odg a firma Belluzzi-Pasini sopra richiamato” evidenziano i giudici.

“Si è tentato, in Consiglio Giudiziario Plenario di perseguire esattamente lo stesso esito che si sarebbe determinato se tale emendamento fosse stato approvato. La gravità di tale circostanza non ha bisogno di commenti”, rimarcano i giudici.

Richiamata poi la segnalazione inviata al Consiglio d’Europa e il fatto che “nelle ultime ore è stato altresì preannunziato il promuovimento di un conflitto di attribuzione avverso il Consiglio Grande e Generale da parte di due giudici d’appello estromessi dalla partecipazione al Consiglio giudiziario plenario, ai sensi della l.q. 1/12020. Tutte queste ragioni fanno dubitare fortemente della legittimità e opportunità della, a dir poco precipitosa, convocazione del seguito del Consiglio Giudiziario Plenario con modalità estremamente discutibili – del tutto inconsuete quanto alla collocazione temporale e tali da mettere a rischio la salute dei suoi componenti – anche sotto il profilo della leale collaborazione tra istituzioni e poteri”.

Poi il Consiglio di questi giorni “i cui toni, da parte di alcuni intervenienti, al di là del dirittodovere a una sempre legittima critica, trascendono sovente nel vero e proprio insulto e nella mistificazione della realtà delle cose, dimostrando che l’appello alla pacificazione e a un intervento ponderato e di ampio respiro sulla giustizia, più volte reiterato nelle scorse settimane, non sia unanimemente condiviso dalla politica. Continua peraltro ad essere evidente l’irrisolto e costantemente ignorato tema del palese conflitto di interessi di alcuni parlamentari che lanciano parole di fuoco sulla giustizia pur avendo notori ed evidentissimi interessi personali e professionali in questo settore”.

A fronte di tale situazione gravissima i firmatari della lettera – Battaglino, Brunelli, Buriani, di Bona, Guzzetta, Sesta, Volpinari – “non sono disponibili a prestarsi alle forzature in atto e con la presente invitano le Autorità a non proseguire su questa strada, prima che tutti i fondamentali elementi di quadro giuridico siano chiariti. La sopravvivenza dello Stato di diritto e il benessere della Repubblica costituiscono valori troppo importanti perché si possa tollerare un tale stato di cose.

Per queste ragioni, pur con la consapevolezza della drammaticità di questa scelta, ci vediamo costretti a preannunziare che non parteciperemo al Consiglio Giudiziario Plenario del 24 e 25, né ad altre riunioni, fin tanto almeno che non venga convocato il Consiglio Giudiziario Ordinario, perché ivi siano chiarite le questioni di competenza e finché non si abbia un chiarimento autorevole sul regime giuridico e sugli effetti della l.q. 1/2020. La situazione è troppo drammatica per pensare di risolverla con i colpi di mano, trattando il Consiglio Giudiziario come una qualsiasi assemblea politica o sindacale. E’ evidente a tutti che l’unica ragione della convocazione in questi termini, irrispettosi dei suoi componenti, risiede nell’obiettivo di approfittare di occasionali e fortunose defezioni. E’ invece necessaria una riflessione pacata e sincera che non metta a rischio il bene supremo della Repubblica. Ci auguriamo che altri componenti del Consiglio Giudiziario Plenario, pur nella diversità e nel pluralismo delle posizioni, possano condividere questa scelta”, conclude la lettera dei magistrati.

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