RASSEGNA STAMPA – Ascoltati nel processo che vede imputati Guidi e la moglie Sido Bonfatti e una dipendente dello studio Lazzari
ANTONIO FABBRI – E’ tornato in aula davanti al giudice Adriano Saldarelli il processo a carico dell’Amministratore e Direttore generale di BancaCis, Daniele Guidi, della moglie, la commercialista Maria Stefania Lazzari, e dell’imprenditore Andrea Tommasi.
Le contestazioni Le contestazioni ruotano attorno alla villaggio vacanze in Tunisia, il Kelibia Beach e alle operazioni di finanziamento effettuate attorno a questo villaggio. La prima contestazione è legata all’incarico per la ricerca di un acquirente del Kelibia Beach che figura anche al centro di altri filoni dei processi sulla galassia BancaCis, nel cui patrimonio figuravano garanzie sul villaggio, svalutato o svenduto impropria- mente secondo le difese. Nel processo che è proseguito ieri davanti al giudice Adriano Saldarelli, la vicenda contestata vede, a vario titolo, tre capi di imputazione: il primo a carico di Guidi, per amministrazione infedele in danno della banca; la seconda imputazione vede contestare il riciclaggio a carico dello stesso Guidi, della moglie, titolare dell’omonimo studio commerciale, e di Andrea Tommasi, manager del Sunsky, società alla quale Guidi aveva dato incarico di ricercare compratori per il villaggio in Tunisia. Nell’udienza di ieri è stato ascoltato il Commissario straordinario e poi liquidatore della BancaCis e di seguito amministratore straordinario di Bns, Sido Bonfatti.
La deposizione di Bonfatti Secondo Bonfatti i finanziamenti erogati tempo per tempo legati a questo villaggio, andavano a chiudere “buchi, facendone altri”, ha detto il commissario straordinario. La posizione, ha ricordato, arrivava da lontano e precisamente dal crac del gruppo “Di Mario”, tra le cause anche del dissesto della Banca Tercas e che, si ricorderà, era legato anche a Banca del Titano. Dalla deposizione di Bonfatti sono emersi tuttavia anche alcuni particolari all’apparenza a favore delle difese. In estrema sintesi la conferma da parte di Bonfatti che le sue determinazioni sono riferite all’attività liquidatoria effettuata quando è stato incaricato. Ex post, ex ante Quindi le valutazioni di Bonfatti sono state relative alla possibilità di realizzo dei crediti nella seconda fase, e non collocate nel tempo in cui i finanziamenti vennero concessi. Tanto che lo stesso commissario straordinario ha affermato che le operazioni fatte all’epoca per rientrare del finanziamento concesso relativamente al villaggio, potevano essere un tentativo “comprensibile”. Tornano così da parte delle difese considerazioni già sollevate in altri filoni della Galassia Cis e cioè che le valutazioni fatte ex-post non renderebbero giustizia alle decisioni prese nel periodo nel quale vengono contestati i reati. Bonfatti ha quindi sostenuto di non avere compiuto, secondo il suo incarico, delle valutazioni volte a capire se all’epoca della concessione dei finanziamenti erogati per il Kelibia, rendessero ragionevole o meno adottare all’epoca quelle decisioni. Ha invece valutato soltanto la possibilità di realizzo immediata in sede di liquidazione.
L’attività dello studio Lazzari e la consulenza Sunsky E’ poi emerso che la consulenza allo studio Lazzari da parte di Tommasi, incaricato dalla banca di cercare compratori per il Kelibia Beach, fu, stando alla testimone ascoltata ieri, effettivamente realizzata. Circa la consulenza Sunky per trovare compratori del villaggio, Bonfatti ha affermato di non aver ricevuto, da Sunsky, alcuna prova di attività effettivamente svolte, e per questo è poi partito l’esposto. Tuttavia la difesa Tommasi con le altre difese ha rilevato come fu depositata una “corposa documentazione”. Il commissario Bonfatti ha ricordato che nel 2021, tuttavia, cessò il proprio incarico e quindi ha affermato di non aver visto quella documentazione che era stata depositata successivamente e in mano all’“Ente pubblico” che lo ha sostituito. C’è da domandarsi, semmai, come mai non se ne sia tenuto conto, ma questo sarà probabilmente terreno delle discussioni delle difese.
Le garanzie di pegno Così pure sarà terreno difensivo un’altra questione emersa: quella delle garanzie che vennero acquisite dalla BancaCis per l’operazione sul villaggio turistico: venne infatti, a fronte del finanziamento concesso, posto il pegno sulle azioni della società Est che possedeva il 100% del villaggio turistico, ancorché non fosse stata posta una ipoteca sul villaggio stesso. Anche lo stesso Bonfatti, che tuttavia ha rilevato come una ipoteca sul villaggio sarebbe stata una garanzia maggiore, ha ammesso di non sapere se questa era una tipologia di garanzia che potesse essere posta sul villaggio nello stato dove questo si trova.
La procedura fallimentare a Milano e la svalutazione Kelibia E’ emersa invece una ulteriore situazione che ha fatto sobbalzare le difese. A Milano, infatti, era stata aperta, nel periodo in cui il Cis era sottoposto alla risoluzione, una procedura fallimentare attivata da un professionista, verso la società Est, per qualche decina di migliaia di euro di parcelle da pagare. La procura milanese comunicò che insinuato in questa procedura fallimentare vi era solo un tale avvocato La Croce, che vantava questo credito. Comunicò anche che le azioni della Est erano in pegno a BancaCis. Una operazione che ha detto Bonfatti, destava sospetto poiché con una insinuazione da poche decine di migliaia di euro, chi aveva aperto il fallimento, si sarebbe preso l’intera Est e, presumibilmente, pure il Kelibia Beach. Bonfatti ha affermato che si attivò con diverse società da lui conosciute perché si insinuassero nel fallimento e facessero concorrenza al La Croce. Dalle domande dei difensori è emerso che lo stesso Bonfatti avesse dei collegamenti con le società contattate una delle quali, “Lanzone2”, si insinuò nella procedura concorsuale e la spuntò. L’avvocata Zanni, difensore di Guidi, ha allora domandato se Bonfatti non ritenesse di essere in conflitto di interesse in questa operazione. “Mi sono certo interrogato”, ha ammesso Bonfatti, che ha comunque ritenuto di procedere nutrendo forti preoccupazioni e sospetti sulla operazione “La Croce”. Sta di fatto che il credito “Kelibia”, è stato svalutato per 21 milioni quando, sostengono le difese e i consulenti delle stesse oltre al consulente del tribunale in un procedimento parallelo, non era da svalutare affatto.
L’attività dello studio commerciale L’udienza di ieri si è conclusa con l’esame da parte dell’avvocato Michela Vecchi, della difesa Lazzari, di una dipendente all’epoca dei fatti, dello studio commerciale. La testimone ha confermato di avere svolto effettivamente attività per valutare la fattibilità delle costituzione di una holding sammarinese per conto di Promovacanze e per la gestione del villaggio turistico. Attività intensa, ha detto la testimone, per la quale era stato pattuito un compenso di 70.000 dei quali ne furono versati 50.000 da Tommasi. La testimone, a domanda del Pf, ha affermato di non sapere se vi fosse un contratto scritto. Prossima udienza il 27 febbraio con nuovi testimoni.
Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo