San Marino ripulisce le sue banche e affida a Clarizia un’impresa da Titano

San Marino ripulisce le sue banche e affida a Clarizia un’impresa da Titano

Lo aveva promesso il giorno stesso della nomina, il 15 dicembre 2010.
«Il rispetto delle regole — disse Renato Clarizia, dopo che il Consiglio
Grande e Generale gli aveva affidato l’incarico di presidente della
Bcsm, la Banca Centrale della Repubblica di San Marino — è essenziale in
ogni sistema creditizio. L’arbitro dovrà estrarre ogni tanto il
cartellino giallo e se necessario quello rosso». I primi «cartellini»,
anche rossi, sono già arrivati e sul Titano si respira un’aria diversa.
Banche e finanziarie dell’antica Repubblica, forse per la prima volta,
hanno scoperto che la Banca Centrale esiste e vuole farsi sentire, non
come in passato, quando poteva essere bypassata con una telefonata al
segretarioministro o un altro esponente del governo. «Mi hanno affidato —
dice oggi il presidente, docente di Diritto privato alla facoltà di
Giurisprudenza di Roma 3 — una missione davvero impegnativa: ricostruire
l’immagine e la credibilità del sistema creditizio. Il governo del
Titano ha compreso che non essere trasparenti non paga, e allora ha
chiamato persone senza scheletri nell’armadio, e con conoscenza del
credito, per risalire la china. Questo per permettere un confronto vero
con la Banca d’Italia, con la quale vogliamo essere alla pari: non certo
per importanza, ma sul piano dell’onestà e della correttezza».
Non
c’era bisogno di aerei o di transazioni via computer, per raggiungere le
«Cayman» della Romagna. Un quarto d’ora di macchina da Rimini, poco più
di un’ora da Bologna. Il bagnino o l’albergatore potevano portare
l’incasso in nero anche ogni sera, tanto le prime banche sono subito
dopo il confine di Dogana. Poi, nel febbraio dell’anno scorso, le prime
crepe. Con l’arrivo del nuovo segretario Pasquale Valentini viene
mandato via Stefano Caringi, capo della vigilanza della Banca Centrale.
Il presidente Biagio Bossone, per solidarietà, si dimette. Se ne va
anche il direttore generale, Luca Papi. A marzo viene nominato il nuovo
direttore generale, Mario Giannini. La botta arriva con lo scudo
fiscale: dai caveau del Titano scompaiono la bellezza di 4.956 milioni
di euro, pari al 35% dei depositi, che ritrovano la strada verso
l’Italia. Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti — conosce bene San
Marino anche perché vent’anni fa è stato ispettore di questa Bcsm —
chiede chiarezza e la fine del segreto bancario. Per la Banca d’Italia
il Titano è nella black list, per l’Ocse è comunque in «zona grigia».
«Ecco
— dice il presidente Renato Clarizia — noi dobbiamo ripartire da questa
situazione. Essere nella black list non è certo piacevole. E non è
bello prendere atto che l’Italia guarda a San Marino come la patria di
tutte le cose brutte e cattive. In fondo stiamo parlando di uno Stato di
31.000 abitanti che nemmeno riempirebbero lo stadio Flaminio. Ma non
possiamo certo chiuderci fra le antiche mura. San Marino è autonoma da
secoli ma è un territorio alla periferia di Rimini, è una propaggine
dell’Italia. E in Italia tanti hanno approfittato di questa vicinanza e
soprattutto della legislazione fiscale che offriva grandi vantaggi e
permetteva l’”estero vestizione” a tante imprese».
Nello Stato i cui
abitanti non riempirebbero lo stadio Flaminio ci sono oggi 12 banche, 38
finanziarie/fiduciarie, 2 imprese di assicurazioni (solo ramo vita), 56
broker assicurativi, 2 società di gestione di fondi comuni e una
società di investimenti. La media dei depositi a vista (quelli più a
rischio, perché si possono ritirare in ogni momento) è di 30.300 euro,
per un totale di 2,4 miliardi di euro. Lo sfoltimento è cominciato da
tempo. Le 38 finanziarie/fiduciarie di oggi erano 53 all’inizio del
2009. Già tre finanziarie sono state messe in «liquidazione coatta
amministrativa». «I provvedimenti — dice il direttore generale Mario
Giannini — sono stati presi in base alla legge 165 del 2005 che prevede
la liquidazione coatta per irregolarità di eccezionale gravità. La
liquidazione è stata chiesta per la Fin Project e la Prado Fin e dopo la
sospensione degli organi amministrativi anche la Fincapital è in
liquidazione coatta. Per ora continuano a operare solo perché hanno
fatto ricorso amministrativo».
Non è facile, mettere ordine in un
sistema dove per decenni anche le regole erano «fai da te». La Cassa di
Rimini, Carim, ad esempio chiede di conoscere i conti, soprattutto per
quanto riguarda il cumulo crediti, alla sanmarinese Cis, sua
controllata. La Bcsm a sua volta chiede alla stessa Cis cosa intenda
fare, e per la risposta le dà un mese di tempo. La Cis fa appello al
giudice amministrativo e questo sentenzia che un mese non è «tempo
congruo per risolvere i problemi». Ma la Bcsm aveva solo chiesto di
conoscere i progetti per il futuro immediato, non di risolvere tutti i
problemi. «C’è voluto un decreto del ministro alle Finanze Pasquale
Valentini per rimuovere l’ostacolo e permettere alla Carim di conoscere
la situazione della propria controllata».
Il direttore Mario
Giannini, in questi giorni, è contento. «L’altra settimana — dice —
abbiamo ricevuto la visita annuale del Fondo Monetario e la delegazione
ha riconosciuto che qui sono stati fatti “progressi notevolissimi”. Per
noi questo è un forte incoraggiamento. Il Fondo criticava soprattutto il
fatto che gli organi dirigenti della Bcsm fossero nominati direttamente
dal governo. Ora invece la nomina arriva dal Consiglio Grande e
Generale, il parlamento del Titano. E’ un passo piccolo, ma è un passo
in avanti. Sono state istituite garanzie per il direttore generale. Ci
sono stati l’allontanamento e le dimissioni del capo della vigilanza e
del presidente, sono arrivati i nuovi dirigenti. Insomma, abbiamo
cominciato a fare un po’ di pulizia. Le finanziarie/fiduciarie che hanno
chiuso non l’hanno fatto per propria scelta. Diciamo così, hanno
ricevuto qualche spinta. Noi dobbiamo intervenire perché dobbiamo
salvare il risparmio di chi si è affidato a queste finanziarie. Se la
situazione si incancrenisce, chi ha messo i soldi rischia di non
trovarsi in tasca più nulla».
Fare chiudere una finanziaria in
cattive acque non è facile ma doveroso. Di fronte alla crisi, per non
soccombere, si può essere disposti a tutto, anche a quel riciclaggio di
denaro sporco che per decenni è stato una delle fonti della fortuna del
Titano. E la crisi, sul monte romagnolo, picchia duro. La «fuga» di
quasi cinque miliardi dello scudo fiscale, unita alla crisi economica
internazionale, ha provocato un prosciugamento delle risorse. Per la
prima volta, dopo anni di crescita a una o due cifre, nel 2010 il Pil di
San Marino è calato del 13%.
Il professor Renato Clarizia,
salernitano di 60 anni, sembra sicuro di sé. «Fra pochi giorni avrò un
primo incontro con la Banca d’Italia e ripeterò che San Marino non è il
Far West. Certe cose bisogna cambiarle e noi abbiamo iniziato il nostro
lavoro. Immagine e credibilità si possono ricostruire solo con i fatti e
io voglio costruire un sistema finanziario e creditizio totalmente in
linea con le direttive europee, soprattutto per quanto riguarda
l’antiriciclaggio, la trasparenza, la chiarezza. Abbiamo già progetti
precisi. Costruire, in primo luogo, una centrale rischi». «Oggi — spiega
il direttore Giannini — se qualcuno chiede un finanziamento a una
banca, questa non sa se la stessa persona abbia chiesto o avuto soldi da
un’altra banca. Le informazioni si chiedono ai dirigenti di altre
banche, in amicizia. Con la centrale sarà possibile evitare molte
truffe».
Altro punto importante la gestione accentrata del contante.
«Così sapremo — dice il presidente Clarizia — quanto denaro arriva e
dove va a finire. Vogliamo poi realizzare un sistema di carte di credito
nostro, perché oggi dipende dall’Italia». Ci sono già contatti con la
Visa. «Anche il controllo delle carte di credito ci permetterà di
conoscere meglio la circolazione del denaro e inoltre ci sarà in giro
meno contante».
Il presidente vuole ripetere a San Marino
un’esperienza del 1984. «Esperto del settore, proposi la nascita di
Assilea, associazione delle società di leasing. Allora non c’era una
legge che disciplinasse i soggetti e una Srl con 20 milioni di capitale
poteva fare leasing per 20 miliardi. Allora c’erano 30 società e io
dissi: facciamo corsi di comportamento e inseriamo nei contratti il
tasso dell’operazione, l’ammontare degli interessi di mora, ecc. Molti
mi criticarono. Dissero: tante società se ne andranno, perché è meglio
operare nell’ombra. E invece, in pochi mesi, passammo da 30 a 100
associate. Voglio proporre le stesse cose a San Marino: fare le regole e
farle rispettare. Non nascondere i bubboni ma eliminarli. Se questo
vuol dire provocare l’abbandono di qualche operatore, non sarà un grosso
problema. Ritorneranno quando verrà riconosciuta la qualità di un
sistema di credito trasparente. Sono tranquillo, anche perché non ho
nulla da perdere. Sono conosciuto come persona onesta, senza scheletri
nascosti, e ci metto la faccia. Voglio una Banca Centrale che collabori
con la politica — e le cose con il nuovo ministro vanno bene — ma che
sia autonoma dalla politica. Lo scudo fiscale è stato un salasso ma
questo forse non è un male. Un sistema ridimensionato può ripartire più
agilmente, perché più che sui numeri conta sulla correttezza e
l’onestà».
da “La Repubblica” di oggi 24 gennaio. Articolo di Jenner Meletti

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