San Marino. “Rottamopoli”, la Cassazione conferma confisca

San Marino. “Rottamopoli”, la Cassazione conferma confisca

La Cassazione conferma la confisca per equivalente di 390.330,39 euro

Il caso è la cosiddetta “Rottamopoli”. Il denaro di provenienza illecita sarà definitivamente incamerato all’Erario Sammarinese

Antonio Fabbri

Il principio che pone la Corte di Cassazione italiana è, dal punto di vista del diritto, determinante, perché stabilisce che il reato di autoriciclaggio per il quale un imputato abbia subito condanna definitiva nella Repubblica di San Marino può esplicare i suoi effetti in Italia, quanto a confisca per equivalente, ancorché all’epoca dei fatti l’autoriciclaggio, appunto, non fosse ancora reato nel Belpaese. Dal punto di vista della sostanza la decisione della Cassazione porterà all’incameramento definitivo da parte dell’erario sammarinese di quasi 400mila euro, e attesta come le indagini, i processi e la procedura sul Titano si siano svolti correttamente. Non solo. La Sentenza della Cassazione appare fissare un principio in controtendenza anche con l’ultima discussa sentenza del giudice Vitaliano Esposito, poiché stabilisce come il ne bis in idem internazionale non sia da un alto applicabile tra San Marino e Italia, e dall’altro che i fatti contestati in Italia e San Marino, benché legati ad una medesima vicenda, non fossero gli stessi, configurando nei due stati diverse fattispecie di reato contestate, come accaduto anche nel caso Mose2, del quale invece sul Titano è stata dichiarata la non procedibilità per il ne bis in idem internazionale dal Giudice per i Rimedi straordinari.

Comunque, la sentenza della Cassazione, la 13571 del 2020, è del 4 maggio scorso ed è stata pubblicata sul sito della Corte in questi giorni. Il caso è quello della cosiddetta “Rottamopoli”, procedimento giunto a sentenza definitiva nel 2016, con la confisca di 2,5milioni più la confisca per equivalente per quasi 400 mila euro. L’indagine era stata condotta dal Commissario della legge Alberto Buriani, il processo di primo grado celebrato dal giudice Gilberto Felici, l’appello dal giudice David Brunelli e giudice delle esecuzioni Roberto Battaglino. Proprio contro questa confisca per equivalente – disposta, su richiesta rogatoria di San Marino, dalla Corte di Appello di Brescia – aveva fatto ricorso uno degli imputati Mariliano Mazzoleni, 62enne di Bergamo.

Due sostanzialmente i motivi di presentati dal ricorrente davanti alla Cassazione: il primo è che all’epoca del fatto (novembre 2013) l’autoriciclaggio, già reato a San Marino, non lo era ancora in Italia. La seconda il ne bis in idem internazionale in base alla convezione di Shengen.

Quanto al principio della doppia punibilità la Corte ha chiarito che non riguarda la richiesta si assistenza giudiziaria, ma “è sufficiente che il fatto posto alla base della richiesta costituisca un reato secondo l’ordinamento italiano al momento della decisione”. Ma la Corte aggiunge altro: “Quanto, poi, in particolare, alla somma di 390.330,39 euro, oggetto della confisca per equivalente da eseguire in Italia, è appena il caso di rilevare che tale somma riguardava il mandato fiduciario A294, intestato al Mazzoleni, depositato presso la Asset Banca spa, somma non reperita dalle autorità giudiziarie sammarinesi in esecuzione delle misure cautelari reali, in quanto già trasferita dal ricorrente in Gran Bretagna. In relazione a tale mandato, il ricorrente rispondeva invero, a titolo di autoriciclaggio, per il trasferimento 1’8 novembre 2013 di 390.330 euro dal conto sammarinese al suo conto inglese presso Barclays Bank, giustificata per l’acquisto di un immobile, che veniva, secondo le autorità sammarinesi, a costituire il successivo impiego per “trasformare il danaro”. Questo non integrerebbe neppure la scriminante della legge italiana precedente all’introduzione dell’autoriciclaggio, poiché non si trattava di godimento da parte dell’autore del reato del frutto dell’illecito, ma di attività di ostacolo all’identificazione della provenienza illecita del denaro.

Anche sul secondo motivo del “ne bis in idem internazionale” la Cassazione è chiara nel dire innanzitutto che non è applicabile tra Italia e San Marino. “Deve premettersi – dice la Corte – quanto alle norme indicate dal ricorrente quale parametro di legittimità del riconoscimento della sentenza sammarinese, che la Convenzione di Schengen non è applicabile nei rapporti tra Italia e San Marino, e che la Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, ratificata invece da entrambi i Paesi”, stabilisce una serie di motivi facoltativi per i quali si possa rifiutare la cooperazione in tema di riciclaggio. E non è questo il caso, per la Cassazione. Inoltre la Corte ravvisa che quelle commesse a San Marino non siano lo “stesso fatto”, come sostenuto dal ricorrente, “trattandosi di condotte diverse ed ulteriori (di autoriciclaggio, appunto) rispetto a quelle giudicate in Italia”.

Di qui il rigetto del ricorso e quindi l’avallo delle richieste sammarinesi che ora dovranno vedere versare nelle casse del Titano l’importo confiscato per equivalente di 390.339,90 euro. Il vicenda che vide la sentenza di primo grado nel 2015 sul Titano e l’appello nel 2016, riguardava buona parte dei denari di “Rottamopoli”. Così aveva chiamato la guardia di finanza di Bergamo l’indagine che aveva portato alla denuncia di 7 persone per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, traffico illecito di rifiuti e distrazione di fondi della società facente capo agli accusati, la Justmetal srl.

L’inchiesta, quando ancora l’operatività del tribunale del Titano non era impastoiata da leggine ad hoc e interpretazioni farraginose, portò a scoprire il riciclaggio di denaro di provenienza illecita per circa 3 milioni di euro, oggi, quindi, tutti confiscati

 

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