San Marino. Tiri Mancini e colpi di Grazia, Antonio Fabbri

San Marino. Tiri Mancini e colpi di Grazia, Antonio Fabbri

Tiri Mancini e colpi di Grazia

Antonio Fabbri

All’ombra dello scrannone e con l’aura di un’ostentata e sostenuta intangibilità, è successo quello che mai si era visto finora: la più deleteria crisi tra poteri dello Stato che la Repubblica abbia mai vissuto.

Succede così che si aggiorna un Consiglio giudiziario e si prende tempo: tiri Mancini per giungere alla riunione successiva con una strategia confezionata dall’esterno e dare alla separazione dei poteri e ai giudici il colpo di Grazia, impedendo loro, prima, di prendere la parola e, poi, di votare una propria determinazione.

Per non parlarne più e non avere noie sul piano già tracciato per imbrigliare la giustizia, alle ripetute richieste di riunione da parte dei magistrati non si risponde nemmeno e si convoca, invece, il Plenario. Tiri Mancini cui segue il colpo di Grazia dell’omessa, ancora oggi, convocazione del Consiglio giudiziario ordinario.

Per coprirsi le spalle sulla grave omissione si studiano i tiri Mancini dei conflitti di attribuzione davanti ai Garanti, che offrono il colpo di Grazia alle legittime istanze dei giudici: dicono che l’ordine del giorno lo stabilisce la Reggenza, la quale, non volendolo stabilire, non convoca… anche se avrebbe il dovere di farlo. Altro colpo di Grazia.

In Consiglio si assiste ai tiri Mancini di una Reggenza che non emette un fiato sugli interventi e le votazioni in palese conflitto di interessi da parte di alcuni membri, così viene dato il colpo di Grazia alla credibilità dello Stato, con leggi retroattive per favorire gli interessi di pochi, interferire su procedimenti in corso e cacciare i giudici scomodi.

Dopo il Plenario in cui la maggioranza è andata sotto, altri tiri Mancini: riconvocazione dell’assise, riproponendo all’ordine del giorno la rivotazione su quanto era stato già bocciato, in funzione di un parere richiesto ad hoc, per il quale gli astenuti non contano. Questa azione dà il colpo di Grazia alla democrazia, sdoganando in sostanza la possibilità di votare all’infinito, finché quello che vuole il principe venga approvato, magari dopo avere sistematicamente epurato il dissenso interno.

Il Plenario vota anche se ci sono pesanti dubbi sulla sussistenza del numero legale, ma tanto, in una serie di tiri Mancini, i verbali delle sedute non vengono resi noti, sono tardivamente trascritti e così, con deliberazioni dalla dubbia legittimità, si dà il colpo di Grazia al tribunale, a sei giudici più l’ex Dirigente, alla credibilità della Giustizia e alla sua efficienza.

A fronte di una decisione del Giudice per i rimedi straordinari che pone pesanti dubbi sulla legittimità e adombra l’illegalità della redistribuzione dei carichi di lavoro in tribunale – con la sottrazione di fascicoli al giudice naturale precostituito per legge e l’interferenza anche in cause riguardanti direttamente chi a quei fascicoli ha messo mano – si fa finta di niente, si tira dritto con una serie di tiri Mancini e un ulteriore espediente: il ricorso per conflitto di attribuzioni promosso dalla Reggenza conto il Giudice per i rimedi straordinari. Azione dichiarata inammissibile dal Collegio Garante, ma con una motivazione che mette in discussione l’operato di quel Giudice. L’espediente così ottiene il suo effetto: il colpo di Grazia contro quel magistrato che si dimette, non prima, però, di aver sottolineato che a San Marino si sta sradicando la pianta dello Stato di diritto.

Si assiste attoniti, increduli e sgomenti alla serie di tiri Mancini tutt’altro che super partes, tutt’altro che a garanzia della separazione dei poteri. Nulla sortiscono i richiami internazionali. Nessun sussulto. Così, anche per lo sprone di interessati e cattivi consiglieri, viene inferto alla Giustizia il colpo di Grazia, nel solco di una strada che qualcuno ha tracciato anche per loro. La coltre di silenzio e ipocrisia di chi porta all’esaltazione ciò che è biasimevole, non può però impedire, a chi abbia gli occhi liberi dalla patina opaca di una narrazione distorta, di esercitare, di fronte a tiri Mancini e colpi di Grazia, quanto meno il proprio diritto di sindacato.

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