San Marino. Truffa Gival, di 19 milioni la Bcs ne recuperò quattro

San Marino. Truffa Gival, di 19 milioni la Bcs ne recuperò quattro

L’informazione di San Marino

Mazzini riprende con i testimoni indotti dalla difesa Marcucci che indica come parcelle i passaggi di denaro contestati

Truffa Gival, di 19 milioni la Bcs ne recuperò quattro

Antonio Fabbri

 

E’ ripreso ieri mattina il processo sulla Tangentopoli sammarinese-conto Mazzini che conta 27 im­putati tra cui sei persone giuridi­che. La prima udienza del 2017 è ri­presa con delle richieste istrutto­rie da parte degli avvocati Massi­miliano Annetta, Stefano Pagliai e Achille Campagna, difensori di Podeschi, Baruca e Lonfernini.

Ulteriori richieste istruttorie “Vorremmo esplicitare meglio quanto già espresso in maniera cartolare. Rinnoviamo la nostra richiesta istruttoria per una ulteriore escussione del direttore dell’Aif Veronesi, dell’ispettore Francioni, di Cherubini, di Antonella Mularoni, di Pasquale Valentini e della dottoressa Tizzoni, Pm svizzero”, ha riassunto l’avvocato Massimiliano Annetta che è poi tornato sulla richiesta di acquisizione delle risposte delle Fiu (Financial intelligence unit) estere all’Aif Sammarinese “dalle quali – ha affermato Annetta – ci è stato detto nella testimonianza del dottor Faraone oggi capo della Gendarmeria, che non risultava nulla, ma di questo non troviamo documentazione nel fascicolo. Non troviamo la risposta dell’Fbi e dei servizi inglesi”, ha detto il legale. Gli ha fatto eco l’avvocato Pagliai: “Dei tratti di oscurità continuano ad esserci. Per questo vorremmo risentire chi ha condotto principalmente l’indagine in considerazione del fatto che, dall’epoca prima audizione, sono emerse anche altre risultanze processuali sulle quali riteniamo necessario sentire di nuovo l’ispettore Francioni. Risentire anche Veronesi che su delle risposte delle Fiu estere ha opposto il segreto, e non riteniamo che questo sia possibile. E’ mio mestiere dubitare”, ha detto Pagliai.

“In questo caso l’Aif ha agito come polizia giudiziaria, quindi non può opporre i segreto”, ha quindi aggiunto l’avvocato. Poi la difesa di Podeschi ha chiesto anche di potere valutare il calendario delle udienze già fissate allo scopo di avere un congruo termine “tra la fine delle audizioni testimoniali e l’inizio delle deposizioni degli imputati e, poi, prima delle conclusioni finali Esigenza di calendario condivisa anche dalle altre difese.

Le parti civili e il Pf Sulle richieste istruttorie l’avvocato Alessandro Monteleone dell’Eccellentissima Camera ha chiesto che venissero respinte, “considerato che il diniego alle istanze non ammesse è stato spiegato dal giudice con una chiara ordinanza. Alla eventuale dilazione del calendario non vi è sostanziale obiezione, valuterà la Signoria vostra se tra conclusione istruttoria e audizione degli imputati e conclusioni vi sia necessità di un termine poco più ampio. Questa Camera ha intenzione di chiudere il dibattimento prima delle ferie estive”. Si è opposta a tutte le richieste degli avvocati Pagliai, Annetta e Campagna anche il Procuratore del Fisco Giorgia Ugolini. “E’ da settembre che gli avvocati tornano sugli stessi argomenti a cui abbiamo più volte risposto in questo processo. Pertanto a volte paiono richieste dal carattere dilatorio. Sul ruolo delle Fiu: nella legge del 2008 si ritrovano poteri e limiti di azione. Non pare che Veronesi abbia opposto chissà che segreto. Ha riferito su nota che compare in atti. Poi non può esibire le specifiche richieste da parte di una Fiu estera perché questo è previsto dalla legge. Gli standard sono stati rispettati e richiamati anche in un passato decreto del guidice. L’avvocato Pagliai dice: è mio mestiere dubitare. Dubiterebbe di un certificato anagrafico e vorrebbe vedere l’atto di nascita? Più o meno qui è la stessa cosa”. Posizione alla quale hanno poi contro replicato gli avvocati Annetta  e Pagliai, rinnovando invece le richieste fatte. Alle istanze sul calendario udienze si sono accodati altri legali. Il giudice Felici, sulle istanze si è riservato di decidere ed ha proseguito con l’audizione dei testimoni.

I testimoni Nella giornata di ieri sono stati ascoltati i nuovi testimoni indotti dal difensore di Gian Marco Marcucci, l’avvocato Maurizio Simoncini. Il primo è stato il commercialista Massimo Tumietto, perito incaricato dalla difesa, che ha ripercorso i passaggi di denaro che, secondo l’accusa, sono finiti a Marcucci nell’ambito delle movimentazioni del “Conto Mazzini”, ma che secondo la difesa e la ricostruzione del perito di parte erano le parcelle percepite per le prestazioni professionali alla banca. Il testimone ha affermato non esserci riscontro “tra l’ultimo rapporto di Pg di nucleo antifrode e Aif, e movimentazioni contestate nel capo di imputazione”. Ripercorse le varie transazioni riferibili a Marcucci. L’avvocato Alessandro Monteleone, parte civile per l’Eccellentissima Camera, ha tuttavia formulato al perito le sue domande, rilevando come le contestazioni e le corrispondenze delle movimentazioni emergano dalla documentazione contenuta nel fascicolo. Il perito ha ribadito che il suo elaborato ha esaminato la corrispondenza tra il rapporto definitivo e il capo di imputazione. Di seguito è stato ascoltato Carlo Filippini, fondatore e direttore di San Marino Oggi fino quando il giornale non passò in mano a Renato Cornacchia. Filippini ha raccontato che lasciò il giornale quando tramite Cornacchiai iniziarono ad essere esercitate pressioni e ingerenze politiche sulla linea editoriale e sulla pubblicazione di articoli. Dopo che Filippini lasciò la direzione del giornale, la compagine societaria cambiò, con l’ingresso di altri soggetti, tra cui pare anche Giuseppe Roberti. Per questo nello specifico è stato narrato un episodio nel quale anni dopo, in occasione dell’intervista fatta da “L’informazione” a Giuseppe Roberti nel maggio 2014, quando il caso “Conto Mazzini” era esploso, questi ebbe a riferire di aver dato “200.000 euro a San Marino Oggi.

La truffa Gival Sono stati poi sentiti l’avvocato Alberto Francini e l’ex membro del Cda di Bcs, Luca Sandrini, che hanno riferito sulla cosiddet­ta “truffa Gival”.  

L’avvocato Francini all’epoca era legale degli accusati di truf­fa, che vennero denunciati dalla banca dopo aver subito un am­manco di 18-19 milioni di euro circa. Venne aperto un fascicolo penale a San Marino e tramite ro­gatoria richiesto il sequestro dei denari nel frattempo rintracciati in Austria, Lussemburgo e Sviz­zera. “Il procedimento venne ar­chiviato perché si giunse ad una transazione considerato che il re­ato contestato fu derubricato da truffa a frode nell’esecuzione dei contratti e la querela venne riti­rata”.

Una transazione che, tutta­via, fece recuperare alla banca 4 milioni. Sulla stessa truffa ha ri­ferito anche Luca Sandrini, mem­bro del Cda di Bcs. “La truffa si consumò attraverso l’emissione di bonifici da parte della banca senza attendere l’esito contestua­le del pagamento di assegni dati a copertura. I primi risultarono pagati, gli altri no. Ne tornarono indietro sei. Per noi fu un fulmine a ciel sereno, dato che la dirigenza informò il Cda quando già risultavano scoperti 5 titoli su sei. Il Cda diede subito mandato di fare denunce sia a San Marino sia in Italia”. Sulla stessa vicenda della “truffa Gival” è stato sentito anche l’avvocato Guido Saraceni, all’epoca membro del Collegio sindacale di Bcs. Oggi si prosegue con altri cinque testimoni.  

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