Scuola sì, scuola no

Scuola sì, scuola no
Intervengo anche io in questo dibattito che si è acceso nel Paese in merito allo spostamento delle classi elementari dal plesso di Città perché credo che il discorso vada inquadrato con una luce diversa da quella con cui è stato visto fino ad ora. Innanzitutto, credo che la decisione di chiusura di una scuola debba uscire dall’ambito propriamente politico e vada affrontata con un approccio sistemico. Io credo, infatti, che il vero argomento su cui ci si debba confrontare sia il calo demografico. Ora, da una parte è vero che questa circostanza è un male comune dei paesi occidentali, ma questo non può diventare un alibi della politica per evitare il problema senza piuttosto cercare di arginare i danni. Il calo demografico diventa un problema particolarmente serio proprio per un Paese piccolo come il nostro, nel quale quando il rapporto natalità/mortalità scende sotto certi livelli, si va incontro ad un declino fisico che diventa a lungo andare sempre più forte fino ad investire tutti i settori e la comunità stessa. Il problema non è quindi la chiusura della scuola: oggi è Città, domani capiterà a qualche altro Castello… Il vero problema è che le famiglie sammarinesi non hanno più le condizioni sociali che le consentono di mettere al mondo i figli. Una politica serie dovrebbe capire che il problema nel nostro caso è molto grave perché bastano pochi numeri per decretare il tracollo anche economico della nostra comunità. Pochi figli significa avere una forza lavorativa sempre più ridotta rispetto ad un numero di anziani in continua crescita sia numerica, sia come età. Questo significa il tracollo del sistema previdenziale, problemi al mondo del lavoro, riduzione del potere di acquisto delle famiglie, impossibilità di una prima casa e molti altri problemi connessi e legati. Invertire il calo demografico è realisticamente impossibile, cercare di arginarlo e limitarne il ritmo a livelli sostenibili dovrebbe essere l’obiettivo al quale ogni comunità dovrebbe tendere. E questo non per un obiettivo chissà quanto complicato, ma semplicemente per sostenere la nostra esistenza stessa come Paese. Per questo, nonostante siano stati scritti tanti punti di vista e osservazioni riguardo alla problematica della chiusura della scuola di Città, molti dei quali strumentali, personalmente credo che l’argomento vada affrontato non sul piano di lotta politica tra il vecchio o il nuovo governo, quando peraltro, entrambi hanno sostenuto la chiusura delle scuole. Occorre invece una visione trasversale che vada al di là delle semplici conseguenze e riesca a ricercare le cause del calo demografico, proponendo delle possibili soluzioni di mitigazione di un inesorabile fenomeno naturale. Ecco allora il motivo per quale, ho proposto all’esame del Consiglio Grande e Generale con un’Istanza d’Arengo, la necessità di considerare le politiche famigliari messe in campo da Paesi più virtuosi come la Nuova Zelanda e la Finlandia. Misure che mettono in luce quanta distanza ci sia tra le visioni politiche di quei Paesi e quanto invece siano miope e completamente fuori luogo le decisioni che nascono dalla nostra politica che è in grado solo di cambiare gli attori, ma non la testa. Quelle misure forse non daranno lustro alla singola forza politica che è alla ricerca di un mero ritorno elettorale, ma sarebbero il fondamento per una visione di prospettiva che tuteli il capitale più importante della nostra Comunità: quello umano.
 
 Davide Forcellini
Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy