“Sessant’anni più avanti”, 9 aprile 1948, primo manifesto del Pdcs

“Sessant’anni più avanti”, 9 aprile 1948, primo manifesto del Pdcs

SESSANT’ANNI PIU’ AVANTI

Il contributo, originale e insostituibile, del P.D.C.S.

Il 9 aprile 1948 veniva pubblicato ufficialmente il manifesto della fondazione del Partito Democratico Cristiano Sammarinese. A seguito di una mobilitazione che aveva dato vita ad una aggregazione in tutti i Castelli della Repubblica, avute le necessarie rassicurazioni da Don Luigi Sturzo incontrato a Roma nel dicembre del 1947 da Zaccaria Savoretti e Federico Bigi su sollecitazione di Eugenio Reffi, ex popolare emigrato negli USA, il PDCS entrava con forza nella scena politica sammarinese e nella grande famiglia dei Democristiani italiani ed europei.

Dopo gli anni bui del Fascismo e del Nazismo che avevano condotto il mondo intero alle atrocità del secondo conflitto mondiale, senza escludere, nonostante la sua neutralità, nemmeno il nostro Paese, nel mezzo dell’azione del governo social-comunista, ispirata alle dittature leniniste e staliniste dei paesi dell’est europeo, i cattolici sammarinesi sentirono il dovere di organizzarsi e di lottare per la democrazia e per la libertà. Riprendeva così quel lento e faticoso cammino, già iniziato con l’esperienza del Partito Popolare, che avrebbe portato i Democratici Cristiani a pagare sulla loro pelle un grande impegno di presenza sociale e politica, in un momento in cui non si poteva immaginare quel grande consenso che li avrebbe stabiliti poi alla guida del Paese, permettendo quella crescita civile ed economica di cui oggi raccogliamo indubbiamente i frutti, pur senza nascondere i problemi e le contraddizioni che questo sviluppo ha portato con sé.

Non mancheranno altre occasioni per approfondire i passaggi più significativi di questa storia e per raccogliere le indicazioni e l’energia che da essa provengono per affrontare con responsabilità e con speranza il tempo che stiamo vivendo. C’è però un insegnamento che per la sua evidenza e per la sua pregnante attualità sento il dovere di sottolineare immediatamente.

“L’azione nostra sarà civiltà cristiana in atto”recita il manifesto. A motivare questi amici, a spingerli a mettere a disposizione il loro tempo e le loro capacità, a sopportare le azioni intimidatorie e denigratorie che ne conseguirono, non furono né le lusinghe del potere, né l’utopia di un progetto ideologico. Fu innanzitutto la responsabilità che nasceva da un’esperienza in atto, nella quale erano cresciuti, avevano costruito la loro vita e il loro lavoro, nell’alveo di un’educazione che aveva avuto nella famiglia, nella Chiesa e nelle Organizzazioni Cattoliche i suoi ambiti privilegiati. E tale esperienza li aveva portati a riconoscere nel rispetto della dignità della persona, nella difesa della libertà e nella ricerca del bene comune, i fattori decisivi per risollevare le sorti del Paese nell’”ora di angoscioso travaglio” che stava attraversando.

Questo modo di intendere l’impegno politico è quanto di più attuale questa storia di sessant’anni ci ha consegnato e la crisi di fiducia che tutti gli strati della popolazione avvertono nei confronti della politica è dovuta proprio allo smarrimento di queste fondamentali caratteristiche, senza il rispetto delle quali il degrado è inevitabile. Ma questo ci dice anche che la tanto auspicata riforma della politica non verrà dalla politica stessa, ma da un’educazione che riponga l’uomo di fronte alla possibilità di mantenere vivo il desiderio di felicità, di giustizia, di libertà, di bellezza e di bene che sta all’origine di ogni movimento della persona e, quindi, anche di quella responsabilità che porta gli uomini a mettersi insieme per ricercare il bene di tutta la società in cui vivono.

Pieni di gratitudine nei confronti delle persone, viventi o non più tali, che hanno reso possibile che giungesse a noi questo inestimabile patrimonio di esperienze e di ideali, sentiamo oggi il compito di essere noi coloro che possono rendere presente e operosa per le future generazioni questa grande eredità, nelle forme che le mutate circostanze ci suggeriranno, ma in sostanziale continuità con le dinamiche che l’hanno resa possibile fin dall’inizio.

È il primo contributo, originale e insostituibile, che possiamo e vogliamo portare ad un dialogo, ormai inevitabile, fra tutti coloro che vogliono portare il nostro Paese fuori dallo stallo che tutti e tutto rischia di impoverire.


PASQUALE VALENTINI

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