Sul ‘Manuscripto’ di Marino Cecchetti e il degrado della politica, l’avv. Luigi Lonfernini su La Tribuna Sammarinese

Sul ‘Manuscripto’ di Marino Cecchetti e il degrado della politica, l’avv. Luigi Lonfernini su La Tribuna Sammarinese

 La Tribuna Sammarinese

Quando si racconterà ai sammarinesi la grande abbuffata messa in piedi per
anni dal connubio affari-politica?

Soldi e pubblico, è ora di
risvegliare le coscienze

Si è elargito in stipendi, assunzioni,
nomine in maniera così ampia da creare una struttura che difficilmente potrà
essere mantenuta

L’avv. Luigi Lonfernini

 

Ho trascorso la sera
dell’antivigilia di Natale
a leggere il “Manuscripto”
di Marino Cecchetti.
Da anni Marino conduce
una battaglia giornalistica
con l’intenzione
di mettere a nudo
virtù e vizi di un Paese
che tenta di recuperare
un’immagine
interna ed internazionale
perduta per l’insipienza,
termine eufemistico,
di tanti politici
che si sono succeduti
dagli anni ottanta
in poi.
Ho ammirato ed ammiro
Marino per il
contributo che ha dato
e continua a dare nel riportare
alla memoria dei
sammarinesi fatti storici
che hanno permesso a San
Marino di mantenere una
sua identità.
Detto questo, cerco di
avanzare alcune considerazioni-
riflessioni sulla
vicenda che lo ha portato
nelle aule del tribunale.
Il risentimento, sfociato
in azioni penali, di numerosi
Consiglieri in riferimento
alle valutazioni politiche
espresse da Marino
in ordine ad alcuni atteggiamenti
assunti dai politici,
in generale, ed in particolare
da coloro che avevano
maggiori responsabilità
di governo negli ultimi
anni, nonché a provvedimenti
legislativi: anonimato
societario, segreto
bancario, ed alla scarsa
volontà di incidere sia
amministrativamente sia
penalmente nei confronti
di soggetti che si sarebbero
macchiati di responsabilità
che poi hanno portato
ad assumere, da parte
della Pubblica Amministrazione,
impegni gravosi
per l’erario pubblico,
ritengo sia dovuto al fatto
che non sempre il provvedimento
adottato è stato
pienamente compreso
nella sua portata in generale
o nella sua specificità
in riferimento alla rimozione
delle cause che
hanno influenzato negativamente
la nostra economia.
Cerco di spiegarmi.
Da anni, e precisamente
dagli anni Ottanta,
anch’io ho intrapreso una
mia personale “battaglia”,
con scritti, relazioni, proposte
di legge, sia all’interno
del mio partito, sia
all’esterno, con scarsi, anzi
senza scarsi, risultati.
L’euforia dei soldi che arrivavano
nelle casse dello
Stato, nelle tasche dei cittadini
e dei politicanti ha
finito per ubriacare l’opinione
pubblica in generale
addormentando le coscienze.
Diciamola tutta: Pubblico
impiego: si è elargito
in stipendi, prebende, assunzioni,
nomine in maniera
così ampia da creare
una struttura che difficilmente
potrà essere mantenuta
nel tempo; si è proceduto
a sviluppare strutture
da Paese di grandi dimensioni,
creando nicchie
favolose senza badare
a spesa (un esempio per
tutte la Banca Centrale);
libere professioni: in breve:
sono state le cinghie
di trasmissione tra affari
e politica; imprenditoria:
oltre 7.000 società testimoniano
l’incoscienza di
coloro che hanno governato,
a vario titolo, il Paese.
Per carità di Patria non
vado oltre.
Vengo alla prima provocazione
di Marino.
Il risentimento dei Consiglieri
nasce, almeno credo,
dal fatto che proprio
loro hanno dovuto avviare
un ridimensionamento
e risanamento di tutte
le attività imprenditoriali
tentando di non far crollare
tutto il sistema.
E mi spiego.
L’avere non superato immediatamente
l’anonimato
ed il segreto bancario,
ma di avere cercato di
confinarlo in ambiti ben
precisi, anche se possono
sembrare dei palliativi,
è servito in particolare a
quegli investitori che avevano
creduto nel nostro
Paese non tanto e non solo
per portare avanti interessi
di dubbio valore ma
anche per creare nuova
ricchezza.
Non dimentichiamolo:
nella stessa Europa esistono
Paesi, anche importanti,
in cui l’anonimato
ed il segreto bancario resistono.
L’errore è stato fatto da
quei politicanti che anni
addietro hanno permesso,
attraverso l’anonimato,
il segreto bancario e
l’imposta monofase, che
nel nostro Paese si instaurasse
non solo la malavita
organizzata ma anche un
sistema di imprenditoria
o pseudo imprenditoria
che certamente non aveva
a cuore la vita morale ed
economica del Paese ma
solo il loro interesse e, ripeto,
con la compiacenza
e forse anche con qualche
cos’altro dei politicanti di
turno incuranti delle reazioni
esterne che puntualmente
si sono verificate
con gravi danni all’immagine
ed all’economia del
Paese.
In definitiva il Paese è stato
svenduto.
La tua denuncia Marino,
nei limiti che ha cercato
di chiarire, non può che
essere condivisa, come
del resto il risentimento
di coloro che non hanno
apprezzato fino in fondo
le tue argomentazioni su
provvedimenti legislativi
che miravano a ripristinare
un minimo di trasparenza
e legalità e non certamente
a salvare “la casta”,
senza far crollare tutta
l’impalcatura con gravi
sofferenze economiche
per tutto il Paese.
Diverso è il discorso della
Banca dei Titano.
Per motivi professionali
ho avuto occasione di approfondire
la vicenda della
Banca sia in sede penale
sia in quella civile.
Posso tranquillamente affermare
che se le autorità
proposte avessero vigilato
sulla Banca sin dal
momento in cui ha avviato
l’attività (anno 2000),
la sua operatività doveva
e poteva essere fermata
e quindi non si sarebbero
create situazioni per cui si
sarebbe messo a repentaglio
la sua solvibilità.
Per rendersi conto di
quanto affermo è sufficiente
andarsi a rileggere
la relazione al Consiglio
Grande e Generale dell’allora
Segretario di Stato alle
Finanze Macina, dell’intervento
del Consigliere
Giovanni Lonfernini, delle
dichiarazioni di Alleanza
Popolare (anno 2007);
cito solo un passaggio della
relazione del Segretario:
“alle perdite su crediti
andava poi ad aggiungersi
una rilevante insussistenza
sulle immobilizzazioni
immateriali contabilizzata
nell’attivo patrimoniale
di circa 7 milioni di Euro,
costituita da spese di avviamento”.
Lo stesso perito giudiziale,
nei due procedimenti
aperti nei confronti del
Direttore Generale, precisa
che “alcune operazioni
compiute dagli organi
sociali potevano avere già
a suo tempo compromesso
o ridotto gravemente
l’effettiva consistenza patrimoniale
della Banca del
Titano”; operazioni che riguardavano
l’attività svolta
nell’anno 2000.
Una semplice conclusione
se si voleva salvaguardare
il sistema bancario era
necessario, come afferma
il segretario Macina “una
più accurata selezione dei
soggetti che direttamente
od indirettamente chiedono
di entrare a far parte
del panorama finanziario
sammarinese: investitori,
direttori, membri dei consigli
di amministrazione,
sindaci revisori ecc.”
Ed ancora più preciso è
stato il comunicato di Alleanza
Popolare pubblicato
su Tribuna che, dopo
avere analizzato il dissesto
della Banca del Titano,
afferma: “si tratta di
distrazione di vari miliardi
di lire per fini impropri,
camuffata in maniera approssimativa,
con evidenti
responsabilità politiche
e la tolleranza di alcuni organi
ed uffici dello Stato”.
Ogni commento è inutile:
in effetti l’avere salvato
la liquidità della Banca
del Titano con l’operazione
finanziata dallo Stato
è stato un ulteriore regalo
a coloro che si sono serviti
della Banca “per fini impropri”.
Quando si racconterà ai
sammarinesi la grande abbuffata
messa in piedi per
anni dal connubio affari politica?

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