Sulla pubblica amministrazione: meritocrazia o titolocrazia?

Sulla pubblica amministrazione: meritocrazia o titolocrazia?

MERITOCRAZIA O TITOLOCRAZIA?


Alcuni giorni fa è stato dato ampio spazio dalla stampa locale a una polemica nata per la promozione a dirigente di un dipendente pubblico senza laurea, livello retributivo raggiungibile per titolo di studio.

Personalmente, al di là del caso specifico che non conosco, mi auguro che l’episodio apra una riflessione sulla carriera nella Pubblica Amministrazione e un ripensamento del sistema.

L’ingresso nella PA è visto come il raggiungimento di un obiettivo che non ha altri fini se non uno stipendio alto e assicurato, indipendentemente da come e quanto si produce, e un orario di lavoro che garantisce 2 soli pomeriggi di impegno, contro i 5 degli altri lavoratori.

Eppure la Pubblica Amministrazione è la più grande azienda del Paese, assorbe oltre il 90% della spesa pubblica: non dovrebbe essere, anche solo per quanto ci costa, simbolo di eccellenza e funzionalità nei servizi che è tenuta ad offrire ai cittadini e alle imprese? E come può farlo se la scelta dei dirigenti non è libera? Se ai dipendenti non viene concesso di lavorare per dimostrare quanto valgono e poter fare carriera, indipendentemente dal titolo di studio?
Conosco pubblici dipendenti validi ed esperti, che portano avanti alcuni uffici facendo anche quanto non fa il proprio dirigente, magari hanno ricoperto anche quel posto in vacanza di titolarità, ma non lo hanno potuto mantenere per mancanza del titolo di studio.

Credo che lavorare nella PA debba cominciare ad assumere un concetto diverso, debba poter significare l’inizio di un cammino di crescita e valorizzazione professionale che possa portare anche a promozioni.

Sinceramente mi scandalizza più la nomina a dirigente di un giovane, magari anche senza esperienza in materia o nella specifica mansione/funzione, basata sul solo titolo di studio, piuttosto che la nomina a dirigente di un dipendente già in ruolo, con doti, capacità e meriti personali provati e riconosciuti nell’espletamento del proprio lavoro.

Il sistema deve cambiare. La selettività, anche nella Pubblica Amministrazione, non può essere vista con sospetto, ma come opportunità di crescita professionale.

Si intende che do per scontata la maturità della nostra classe politica e il senso dello Stato di cui dovrebbe essere permeata.

Silvia Della Balda (dipendente settore privato)

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