TIBET, SCONTRI A LHASA

TIBET, SCONTRI A LHASA

In occasione del 49esimo anniversario della fallita rivolta dei tibetani contro il dominio cinese, sono state organizzate in varie parti del mondo manifestazioni di protesta contro il governo di Pechino.

A seguito di queste manifestazioni, lunedì scorso nella capitale tibetana, a Lhasa, hanno sfilato cortei pacifici di protesta, formati da centinaia di monaci del monastero di Drepung, che chiedevano l’indipendenza e la liberazione di una decina di confratelli, arrestati dalle autorità cinesi per aver innalzato la bandiera tibetana e aver manifestato contro l’occupazione.

Il governo cinese ha definito l’azione tibetana “illegale” e “una minaccia alla stabilità sociale”. Le autorità di Pechino accusano il Dalai Lama di essere l’organizzatore di tali proteste, che sono iniziate a pochi mesi dalle Olimpiadi di Pechino 2008, attirando maggiormente l’attenzione internazionale sul problema del Tibet. L’accusa è stata respinta da un segretario spirituale tibetano.

Nei giorni scorsi folle di persone inferocite sono scese nuovamente in piazza, scontrandosi con la forza dei militari cinesi.

Già si contano i danni (negozi e automobili bruciate) e le vittime, che sarebbero una decina, secondo l’ agenzia Nuova Cina, mentre molte di più sarebbero le vittime secondo le informazioni ottenute dal governo tibetano, esiliato in India.

Il Dalai Lama ha chiesto al governo cinese di fermare l’uso della forza, mentre negli Usa un gruppo di dimostranti ha protestato contro Pechino davanti al palazzo delle Nazioni Unite.

Alle richieste di tregua si sono unite anche, sul piano internazionale, l’Ue e il governo Usa.

Intanto, oggi la Cina ha dato un ultimatum alla resa dei ribelli tibetani e ha mostrato immagini di Lhasa durante gli scontri di ieri.
Oggi si sono anche svolte nuove manifestazioni di monaci tibetani a nord della Cina.

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