Voti del referendum rispetto a politiche 2016

Voti del referendum rispetto a politiche 2016

L’informazione di San Marino

Rispetto alle poltiche 2016 tutta insieme l’opposizione perde oltre 4.000 voti, la maggioranza ne perde 539

Non passa un attimo dalle prime indiscrezioni, che nello speciale di Rtv il referendum viene etichettato dagli astanti come “politico”. Unici a tenere il ruolo, va detto, i presidenti del comitati referendari. Luca Beccari, presidente Dc, ma in veste di legale rappresentante del Comitato promotore, è rimasto sul quesito: “Io credo che abbiamo dato un esempio di rappresentatività: le forze politiche hanno manifestato una esigenza di modificare questa legge elettorale, il comitato si è costituito sulla consapevolezza che questa legge era sbagliata; la cittadinanza ha risposto positivamente. Questo abbiamo voluto dire: essere interpreti di una esigenza della cittadinanza”. Sul quesito è rimasto pure Vladimiro Selva, del comitato per il “No”: “I cittadini hanno deciso con questo voto che non saranno più loro a decidere. Qualcuno dice che i cittadini hanno vinto. Noi crediamo che i cittadini abbiano deciso, ma abbiano perso qualcosa”.

In particolare dai partiti di opposizione, che hanno messo un po’ da parte la smargiassata della vittoria a mani basse, comunque il referendum viene letto come una vittoria della minoranza contro il governo.

Giancarlo Venturini evidenzia: “60 a 40 io credo che sia un ottimo risultato”.

Il segretario di Ssd, Alessandro Bevitori, fa però notare che “l’opposizione non vince a mani basse, e invece sperava in un plebiscito che non c’è stato”.

Grazia Zafferani di Rete sottolinea, però: “A noi le percentuali non interessano”.

Dal canto suo, Stefano Palmieri di Repubblica futura evidenzia: “Se la volete buttare in politica, tutta l’opposizione unita non riesce a raggiungere neanche i voti che una sola coalizione ha preso alle politiche”.

Constatazione che scatena la lapidaria affermazione di Alessandro Mancini del Partito socialista: “Qui il dato è incontrovertibile: il governo deve andare a casa, questa è la lettura politica”.

A condividere un ragionamento più articolato ci prova Matteo Fiorini: “L’affluenza ci dice che questa chiamata alle armi dell’opposizione ha avuto un successo inferiore alle altre volte.

Primo dato: Le forze che sostenevano il “No” hanno perso. Seconda riflessione: è un peccato che in un certo modo si ritorni verso sistema proporzionale. Terzo livello di approfondimento sulla interpretazione sulla lettura politica: è oggettivo che i partiti che invitavano a votare “Sì” avevano alle politiche il 68%, Adesso.sm aveva il 32%. Al Referendum l’opposizione è risultata avere il 60% circa mentre la maggioranza il 40% circa. Quindi, a fronte dell’esito referendario sarebbe altamente strumentale attribuire messaggi apocalittici, né di approvazione verso l’azione dell’opposizione, né di bocciatura verso la maggioranza”.

Dalla maggioranza Matteo Ciacci tiene però un atteggiamento prudente: “L’opposizione non sfonda, anche se la maggioranza deve dare impulso al rilancio, con un cambio di passo e un confronto, che per certi versi e su alcuni temi sono iniziati. Dobbiamo aprirci alla cittadinanza, ma questa riflessione bisogna che la faccia anche l’opposizione”.

Giancarlo Venturini coglie la palla al balzo: “Concordo con quello che ha detto Ciacci, che da parte della maggioranza debba avvenire una riflessione, perché è vero: non è che con un referendum fai cadere un governo, ma quando in Consiglio su una commissione di inchiesta perdi cinque voti…”

A volerla buttare in politica, in effetti, va rilevato che l’opposizione  ha da un lato sempre affermato che la maggiorana governa con il 30% dei consensi. In realtà la percentuale dei “No” è stata di quasi il 40%. Quella dell’opposizione tutta, che non è un monolite, è invece del 60%. Insomma, se il ragionamento lo si butta in politica in una eventuale consultazione, le percentuali vedrebbero ancora giocarsela tutti e tre gli schieramenti. Dice Giancarlo Venturini che Adesso.sm “non ha ottenuto neppure i voti che aveva al primo turno”. Ma la ribattuta arriva subito dalla maggioranza: “Voi ne avete persi molti di più”. In termini numerici, in effetti, se Adesso.sm alle politiche aveva ottenuto 6.105 voti al primo turno, rispetto ai 5.566 “No” del referendum. Volendo fare il raffronto, avrebbe così perso 539 consensi.

L’opposizione insieme, come insieme era nel sostegno al “Sì”, ne aveva ottenuti invece 12.601 alle politiche del 2016 al primo turno. Al referendum i “Sì” sono stati 8.554, così a conti fatti l’opposizione tutta avrebbe perso 4.047 voti rispetto alle politiche. Segno che a buttare l’esito del referendum in politica probabilmente non conviene troppo a nessuno, considerato che quella vittoria a mani basse dei “Sì”, non è arrivata e c’è chi, virando do dal battage della campagna referendaria, comincia a dire che l’importante non sono tanto i numeri, ma che la proposta sia stata accolta e che le percentuali hanno un peso relativo. Insomma, probabilmente la lettura migliore è che una riflessione la dovrebbero fare tutti, sia la maggioranza, ma anche l’opposizione, considerato che tutto il consenso che ritiene di avere, evidentemente non ce l’ha. Un’altra riflessione la dovrebbero fare anche i cittadini, magari valutando a mentre fredda il diritto che hanno deciso di perdere.

Se il governo cadrà, non sarà probabilmente per il referendum i cui numeri sono ben lontani da quelli che auspicavano i sostenitori del “Sì” per dare una spallata all’esecutivo. Se poi dietro al voto referendario, si celino strategie e pretesti che hanno altre finalità – e farebbero il paio coi cinque voti persi dalla maggioranza nella votazione sull’odg per la commissione di inchiesta – è una evoluzione delle cose che potrebbe rientrare nell’ordine di una politica che è già pronta a tornare in carreggiata con la logica dei ballottini.

Quanto al secondo quesito, un po’ tutti i partiti lo sostenevano. Tutti tranne la Dc, che però brinda ugualmente festeggiando una vittoria, sul primo quesito, che c’è stata ma non esattamente nei numeri sperati. Così facendo, però, potrebbe far pensare, relativamente al secondo quesito, che la difesa di quei principi, che da statuto dovrebbe probabilmente tutelare, abbia in Via delle Scalette un rilievo secondario.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy