SENTENZA DI NON AMMISSIBILITA‘
REPUBBLICA DI SAN MARINO
COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME(*)
SENTENZA 21 LUGLIO 2004 N.8
Nel nome della Serenissima Repubblica di San Marino
I1 Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme
Nel procedimento, ai sensi dell’articolo 15 della Legge Qualificata 25 aprile 2003, n.55, nonché della Legge 28 novembre 1994, n.101, per l’ammissibilità del referendum propositivo, presentato in data 24 marzo 2004, promosso rispettivamente da Andreini Floriano ed altri;
Udito
nella Udienza pubblica del 7 luglio 2004 – convocata con Decreto del Presidente del Collegio Garante in data 25 giugno 2004- il Relatore Prof. Giuseppe Ugo Rescigno
Udito
nella medesima Udienza il legale rappresentante del Comitato Promotore Sig. Marino Cecchetti, assistito dall’Avv. Antonio Masiello
Constatata
nella medesima Udienza l’assenza di eventuali Comitati Contrari
ha emesso la seguente
DECISIONE
FATTO
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Con atto del 18 marzo 2004, depositato alla Segreteria Istituzionale il 24 marzo 2004, alcuni cittadini di San Marino hanno chiesto di sottoporre a referendum propositivo il seguente quesito:
“Volete voi che gli immobili siti nel territorio della Repubblica possano essere intestati solamente a persone fisiche, eccezion fatta per: 1) gli immobili intestati all’Ecc.ma Camera; 2) gli immobili intestati ad Enti senza finalità di lucro i cui utili, d’esercizio e patrimonio (in caso di scioglimento) per Statuto siano interamente destinati ad istituzioni, opere ed interventi di beneficenza, all’interno della comunità sammarinese; 3) gli immobili adibiti a sede di attività (produttive o di servizio) commerciali, artigianali o industriali esercitate informa societaria, e strettamente, necessariamente e direttamente strumentali al relativo oggetto sociale?”
Nella relazione illustrativa che accompagna la domanda vengono esplicitate le ragioni e gli scopi di questa iniziativa: riportare nel settore delle proprietà immobiliari trasparenza, ordine ed equità fiscale. Viene ricordato che fino ad alcuni decenni fa solo i cittadini sammarinesi, come persone fisiche, con nome e cognome debitamente documentato nel catasto, divenivano ed erano di regola proprietari di immobili. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le persone giuridiche proprietarie di immobili, con la possibilità per molti di nascondere dietro l’anonimato delle azioni e delle quote sociali il loro effettivo patrimonio immobiliare, con diversi effetti negativi: anzitutto aumenta senza possibilità di controllo la proprietà di persone non sammarinesi, dietro lo schermo di società anonime, contro la tradizione di San Marino, che ha sempre cercato di preservare il proprio piccolo territorio anche attraverso la prevalente proprietà dei cittadini sammarinesi (e infatti gli stranieri possono diventare proprietari solo con autorizzazione dello Stato); la possibilità per stranieri di riciclare in proprietà sammarinesi proventi illeciti (come si evince anche da malumori provenienti da organismi internazionali); la sperequazione tra i cittadini sammarinesi in materia fiscale, per cui alcuni, nascondendo la loro proprietà immobiliare dietro la facciata di anonime società commerciali, pagano le relative imposte, che sono molto inferiori a quelle che pagano le persone fisiche; la sperequazione nei passaggi di proprietà (secondo quanto scritto nella relazione illustrativa), per cui mentre i trasferimenti tra persone fisiche sono onerosi, quelli tra società avvengono attraverso scambio di azioni, senza oneri. Nello stesso tempo i promotori si rendono conto che è inevitabile che alcuni immobili siano intestati ad enti e non a persone tisiche, e infatti nel quesito sono indicate analiticamente tre eccezioni.
Accertata la ricevibilità della domanda, il Presidente del Collegio ha convocato per il giorno 7 luglio 2004 alle ore 14,30 a Palazzo Pubblico l’udienza pubblica dibattimentale sulla ammissibilità del referendum propositivo (insieme ad altri due referendum propositivi). Nella udienza, dopo la breve relazione illustrativa del
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membro del Collegio, Prof. Giuseppe Ugo Rescigno, hanno preso la parola il Signor Marino Cecchetti e 1’Avv, Antonio Masiello, in nome e per conto dei proponenti, i quali hanno illustrato a voce quanto già scritto nella relazione illustrativa, chiarendo un punto che appare allusivo nella relazione scritta e che rinvia in realtà ad una precedente vicenda referendaria di cui si dirà nella motivazione in diritto. Nessuna parte in contrario si è presentata.
DIRITTO
In base all’art.23 della Legge n.101/94, che richiama per il referendum propositivo le disposizioni contenute nella stessa legge a proposito del referendum abrogativo, il Collegio Garante deve esaminare se sussistono i requisiti di ricevibilità e di ammissibilità, o le ragioni di irricevibilità o di inammissibilità, previsti dagli articoli 3, 5, 8, 9 e 22. Seguendo un ordine che si basa sui due criteri di esaminare i diversi requisiti secondo che siano o pregiudiziali rispetto ad altri o più facili ed immediati da rilevare, risultano pienamente soddisfatti i requisiti seguenti:
1) le condizioni di ricevibilità previste dall’art.5 risultano tutte soddisfatte: in particolare sussiste la domanda scritta presentata alla Reggenza da almeno tre cittadini elettori, depositata presso l’Ufficio Segreteria Istituzionale del Dipartimento Affari Interni; la domanda è stata redatta in carta bollata, contiene le generalità complete dei firmatari, la firma degli stessi debitamente autenticata da notaio e l’indicazione della lista elettorale di iscrizione; è stata depositata la relazione illustrativa; è stato indicato nella domanda il legale rappresentante del Comitato;
2) ugualmente risultato soddisfatte le condizioni contenute negli articoli 8 e 9 per quanto riguarda la raccolta delle firme e il loro deposito;
3) la domanda, come richiesto dall’art.22 che richiama 1’art.3, è stata presentata da un numero di cittadini superiore all’l,5% del corpo elettorale quale risulta dall’ultima revisione delle liste elettorali (il numero degli iscritti risulta pari
a 31.846; sono state raccolte 735 firme di cui 694 valide; il numero minimo di firme richieste dalla legge è pari a 478);
4) come è evidente, dato il tenore della domanda che riguarda il regime proprietario degli immobili ed in particolare la limitazione delle persone giuridiche che possono divenire proprietarie di immobili, il referendum propositivo non ha per oggetto la soppressione di organi, organismi o poteri fondamentali dello Stato, oppure leggi o atti aventi forza di legge in materia di tasse, imposte e tributi, di bilancio, di amnistia e indulto, di ratifica di convenzioni e trattati internazionali, come richiede l’art. 3 cui rinvia 1’art. 22; non ha per
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oggetto limitazioni dell’esercizio del diritto di voto, del diritto al lavoro e della libera circolazione e stabilimento delle persone ed in generale violazioni e limitazioni dei diritti dell’uomo, come richiede il secondo comma dell’art. 22.
Il Collegio ritiene invece che non sia così evidente il soddisfacimento dei requisiti previsti dal quarto comma dell’art. 22, e quello previsto dalla lettera b) del primo comma dell’art. 3, al quale rinvia implicitamente il primo comma dell’art.23, e per questa ragione ha deciso di dedicare una specifica e analitica motivazione a questi punti.
Il quarto comma dell’art. 22 prescrive: “E’ inoltre richiesto per l’ammissibilità del Referendum propositivo o d’indirizzo che il quesito referendario esprima distintamente ed in forma univoca i principi ed i criteri direttivi sui quali è chiamato ad esprimersi il corpo elettorale.”
La lettera b) del primo comma dell’art. 3 dice che il referendum è ammesso “purché la richiesta referendaria contenga l’esatta, chiara ed inequivocabile formulazione della proposta da sottoporre a votazione popolare al fine di consentire un pieno, consapevole e libero esercizio di sovranità”.
I due punti sono legati e si condizionano a vicenda, ma per prima viene la questione se il quesito, così come è formulato, “esprime distintamente ed in forma univoca i principi ed i criteri direttivi sui quali è chiamato ad esprimersi il corpo elettorale”, cosicché la proposta consenta “un pieno, consapevole e libero esercizio di sovranità”.
Non pare dubbio che la regola generale contenuta nel quesito sia chiara, piana ed evidente, tale che qualunque cittadino maggiorenne capace di intendere e di volere ne capisce il significato e la portata: in principio possono essere proprietari di immobili, qualunque ne sia il titolo per l’acquisizione, soltanto persone fisiche, le quali dunque saranno conoscibili per nome e cognome attraverso i registri pubblici che esistono in materia di proprietà immobiliari (e, come persone fisiche, ne avranno tutti i vantaggi e gli svantaggi connessi alla proprietà immobiliare: ad es. il pagamento delle tasse).
Egualmente chiare ed evidenti appaiono le prime due eccezioni al principio: con la prima si conferma che lo Stato, attraverso l’organo chiamato Ecc.ma Camera, può essere titolare di proprietà immobiliari; con la seconda possono essere titolari di proprietà immobiliari quegli enti senza fini di lucro che presentano i requisiti analiticamente ed esaurientemente indicati nella proposta di referendum.
Non egualmente chiara ed evidente risulta la terza eccezione. Per capire le conseguenze e le implicazioni di questa eccezione, sia in positivo (quali società possono essere proprietarie di immobili), sia in negativo (quali forme organizzative
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non possono essere proprietarie di immobili), è necessario esemplificare diversi casi, alcuni facili da risolvere in base al quesito, ed altri meno facili.
Preliminarmente va chiarito che questo Collegio non si propone di valutare la legittimità delle possibili conseguenze derivanti dal referendum propositivo – cosa che sarebbe vietata dall’art. l2, comma IV, della Legge n.101/1994 – ma si propone, attraverso la esemplificazione, di verificare se il quesito è sufficientemente chiaro.
Prima però di tentare questa esemplificazione, e proprio al fine di costruirla, conviene esaminare accuratamente il precedente che sta a monte di questo referendum propositivo, e che viene invocato in modo criptico nella relazione illustrativa scritta (laddove si dice che “il risultato di un referendum avente per oggetto l’anonimato delle società immobiliari, è stato addirittura annullato, con l’espediente di un cavillo linguistico, irridendo la volontà popolare chiaramente, legittimamente e liberamente espressa”) ed è stato invece chiarito a sufficienza nella discussione orale in udienza.
Nell’aprile 1997 era stato presentato una domanda di referendum propositivo dal seguente tenore: “Volete che lo svolgimento di attività economiche in forma di società di capitali aventi quale oggetto sociale l’acquisto ovvero la gestione ovvero la
vendita di immobili sia consentito esclusivamente nelle forme di società con azioni o quote nominative?”. Nel luglio 1997 l’allora Collegio giudicante aveva dichiarato ammissibile tale domanda di referendum propositivo, con decisione del 15 luglio 1997. Il referendum viene indetto per il giorno 16 ottobre 1997. Nelle more il Consiglio Grande e Generale approva la Legge 4 settembre 1997 n. 96, intitolata “Disposizioni relative a Società di capitali esercitanti l’attività immobiliare”. Ai sensi della legge il Collegio giudicante di allora doveva valutare se questa legge avesse recepito nella sostanza i principi e i criteri direttivi contenuti nella domanda di referendum, con la conseguenza che in caso affermativo il referendum non avrebbe avuto più luogo, ed in caso negativo il referendum avrebbe avuto ugualmente corso. Il Collegio giudicante con decisione del 15 settembre 1997 ha deciso che la legge sopra citata non accoglieva i principi e i criteri direttivi richiesti dal Comitato promotore del referendum. Pertanto il referendum ebbe luogo e la proposta sottoposta a voto popolare raccolse un notevole consenso. A seguito dell’esito referendario il Consiglio Grande e Generale ha approvato la Legge 17 febbraio 1998 n. 27 (in vigore), con la quale veniva abrogata la precedente Legge n. 96 del 1997 e si disponeva nell’art. l che “Le società di capitali che esercitano, quale oggetto esclusivo dell’attività di impresa, l’attività immobiliare e comunque che operano nel settore esclusivo dell’acquisto, della gestione o della vendita di immobili devono essere costituite nelle forme di società con azioni o quote nominative.”
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Come conclusione della vicenda ora descritta bisogna dire che l’ordinamento di San Marino conosce e pratica già una disciplina specifica per le società di capitali che “esercitano, quale oggetto esclusivo dell’attività di impresa, l’attività immobiliare o comunque che operano nel settore esclusivo dell’acquisto, della gestione o della vendita di immobili”: tali società non sono ammissibili se le loro azioni o quote non sono nominative.
I presentatori del referendum di cui si sta discutendo ritengono che l’avverbio “esclusivamente” contenuto nella Legge n.27/98 sia il cavillo linguistico attraverso cui la volontà del corpo elettorale del 1997 è stata tradita dal legislatore, e con questo nuovo referendum vogliono porre rimedio a questo tradimento. Il senso di questa nuova iniziativa, collegata alla precedente, si basa sulla esatta collocazione dell’avverbio “esclusivamente”: i proponenti volevano che tutte le società di capitali che esercitavano attività economiche nella gestione ovvero vendite di immobili per questo solo fatto potessero essere costituite esclusivamente nella forma di società con azioni o quote nominative (quindi vi sarebbero rientrate tutte le società che avessero svolto questa attività, indipendentemente dal fatto che avessero nel loro oggetto sociale anche altre attività); la Legge n.27/98 invece dispone che soltanto le società che svolgono esclusivamente quella attività di gestione o vendita nel campo immobiliare rientrano nel raggio d’azione della legge. Da qui la formulazione del nuovo quesito: le società commerciali, artigianali o industriali possono diventare proprietarie di immobili solo se questi sono “strettamente, necessariamente e direttamente strumentali” al loro oggetto sociale.
Vediamo ora quali dovrebbero essere le prevedibili e più significative conseguenze di questa nuova formulazione.
Vi sono alcuni casi semplici: 1) una società commerciale, o artigiana, o industriale acquista o comunque diventa proprietaria di un immobile che viene adibito a sede della sua attività produttiva: questa acquisizione è legittima; 2) una società che, attenendosi al proprio statuto, produce e vende determinati prodotti, vuole investire parte dei suoi profitti in immobili (terreni o edifici) al solo scopo di costituire una riserva in valore: la cosa non è lecita, sulla base del quesito referendario (in questo caso naturalmente il problema diventa come si fa ad accertare la intenzione della società: ma è questione che in questa sede non rileva, giacché spetta semmai al legislatore trovare la soluzione appropriata); 3) una società ha come oggetto sociale le gestione di immobili: se questi immobili sono di proprietà di altri, il quesito referendario non riguarda tale società (ma, in ipotesi, i proprietari degli immobili, se sono persone giuridiche).
Esaminiamo ora casi meno semplici: 4) una società ha come oggetto sociale la compravendita di immobili, oppure l’acquisto e la gestione di immobili per darli in
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locazione o in leasing: poiché l’attività descritta è pur sempre attività commerciale, una tale società può essere titolare di immobili ai sensi del quesito referendario; si applica però la Legge n.27/98 e si danno in tal modo due varianti: a) una tale società esercita questa attività in modo esclusivo, ed allora, secondo tale legge, le sua azioni o quote debbono essere nominative; b) una tale società esercita tale attività insieme ad altre, ed allora non si applica la Legge n.27/98; come si vede, se l’intento dei proponenti era quello di correggere la Legge n. 27 del 1998, il quesito così come formulato manca totalmente 1’obbiettivo; 5) una società svolge attività edilizia per vendere gli immobili costruiti: gli immobili in questo caso non sono beni strumentali per svolgere l’attività economica, ma il prodotto di tale attività economica: dunque la società che produce il bene, in base al quesito referendario, non può esserne proprietaria; questo vorrebbe dire che si può esercitare attività edilizia solo a vantaggio di un proprietario diverso dal soggetto che svolge tale attività (ad es. mediante un contratto d’appalto); qualcuno potrebbe obiettare che l’acquisto di un terreno edificabile da parte di una società di costruzioni è acquisto di una proprietà strettamente necessaria per svolgere l’attività economica e dunque lecita secondo il quesito referendario, e che tale società, una volta acquisito in proprietà il terreno, diventa automaticamente – per il principio dell’accessione – proprietaria della costruzione fatta su tale terreno; ma il quesito referendario mette appunto in dubbio questa automaticità: è da chiedersi appunto se, una volta approvato il referendum, il legislatore non è obbligato, o comunque legittimato, a scindere proprietà del terreno edificabile da proprietà dell’edificio costruito, dato l’intento dei promotori che è quello di imporre il principio generale che solo le persone fisiche, di massima, possono essere titolari di immobili; 6) una società trasferisce la sua sede c/o i suoi stabilimenti in altro luogo, cosicché gli immobili originari non sono più direttamente legati alla attività della società: in tal caso, in base al quesito referendario, quid juris? Sembra evidente, in base al quesito referendario, che la società deve vendere o comunque privarsi di tali proprietà immobiliari, o comunque perderle d’autorità se non se ne priva entro un termine ragionevole ma certo; 7) una società, o per statuto 0 di fatto, ha come oggetto la sola gestione di immobili in sua proprietà: questa società non è ammessa (o meglio: non può essere proprietaria di immobili, e quindi non può perseguire il suo scopo sociale, e quindi in definitiva non è ammessa; spetta poi alla legge stabilire come si accerta se e quando una società, per eludere la legge, ha in statuto altri oggetti sociali ma in realtà ha il solo scopo di gestire immobili di sua proprietà); 8) una banca, nel normale esercizio del credito, iscrive ipoteca su un immobile a suo favore e, in sede di esecuzione, non potrebbe, sulla base del quesito referendario, diventare intestatario dell’immobile.
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Se esaminiamo i casi ora descritti, è evidente che da un lato il referendum, se approvato, impone alle società che svolgono in San Marino effettive attività economiche oneri inusitati e gravosi, quali sono quelli descritti nei numeri 2 e 6, o impedimenti del tutto nuovi e ingiustificati quali sono quelli descritti nei numeri 5 e 8, dall’altro lato non ottiene assolutamente nulla sul punto che pure aveva dato origine alla vicenda, e cioè il “tradimento” perpetrato ai danni del precedente referendum del 1997, dal momento che la Legge n. 27/98, contro probabilmente le intenzioni dei proponenti, non viene toccata dal quesito referendario per quanto riguarda le società di compravendita e gestione di immobili per conto terzi (per le immobiliari in senso proprio, cioè quelle che acquistano terreni edificabili, costruiscono su di essi e vendono gli edifici costruiti, si rientra nel caso n. 5): le società che svolgono attività di compravendita o gestione per conto terzi nel campo degli immobili non sono affatto vietate dal quesito referendario, e dunque possono essere proprietarie di immobili, che sono strettamene necessari allo svolgimento della loro specifica attività economica, e dunque, se svolgono tale attività in modo esclusivo, debbono essere costituite con azioni o quote nominative, e se invece svolgono tale attività in modo non esclusivo, continuano a non rientrare nel raggio d’azione della Legge n. 27/98.
L’apparente chiarezza del quesito, per quanto riguarda la terza eccezione relativa alla necessaria titolarità degli immobili delle sole persone fisiche, si rivela un nido di problemi complessi, che sconvolgono le comuni pratiche relative all’iniziativa economica privata senza neanche raggiungere l’intento originario dei promotori, che è quello di correggere il presunto “tradimento” perpetrato dalla legge n. 27/98.
Questo Collegio comprende l’intenzione dei promotori: ma un referendum come quello proposto, calato all’interno di una realtà economica che, in San Marino come in quasi tutto il mondo, è di mercato sul piano economico (e quindi anche in materia di proprietà immobiliare), entra in contraddizione violenta con il contesto e determina una serie a catena di contraddizioni che paradossalmente inceppano il sistema (e sono quindi controproducenti) senza raggiungere minimamente lo scopo principale perseguito. Se lo scopo dei promotori era, come sembra, quello di proseguire la lotta per raggiungere 1’obbiettivo perseguito col precedente referendum, bastava o proporre la soppressione dell’avverbio “esclusivamente” nella Legge n. 27/98, o proporre un ulteriore referendum propositivo che dicesse chiaramente che tutte le società che svolgono attività in materia di immobili, anche quando svolgono altre attività, debbono essere costituite con azioni o quote nominative (traendo dalla nominatività i tali azioni o quote anche tutte le conseguenze di ordine fiscale che ne possono discendere, se si vuole).
(pag. 8)
P.Q.M.
Il Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme
dichiara
inammissibile il quesito referendario di cui in epigrafe.
San Marino, 21 luglio 2004/1703 d.F.R.
Prof. Giorgio Lombardi (Presidente)
Prof. Augusto Barbera (Membro Effettivo)
Pro£ Giuseppe Ugo Rescigno (Membro supplente – Relatore – Redattore)
(pag. 9)
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