San Marino. Commento di Antonio Fabbri alla lettera di Stefano Ercolani

San Marino. Commento di Antonio Fabbri alla lettera di Stefano Ercolani

L’informazione di San Marino

Il commento di Antonio Fabbri alla Lettera di  Ercolani“Re Nero? Ho diritto ad ascoltare l’audio che mi accusa se esiste. Anche per me vale presunzione di innocenza”

Viene il momento che ci si stanca anche un po’ a vedere rigirar parole, perchè la si potrà anche dare ad intendere ad alcuni dei propri ex correntisti tra cui c’è chi crede che a Forlì sia tutto finito, ma venirla a raccontare qui francamente urta un certa sensibilità.

E visto che sembra conoscere, pur citandoli a sproposito, i doveri dei giornalisti meglio di quelli dei banchieri, dovrebbe sapere che il primo impegno di chi scrive è quello di evitare che la si dia a bere ai propri lettori. Per far capire anche a chi ha tre anni. Se il dottor Stefano Ercolani dovesse dire “La Statua della Libertà è in legno di faggio colorato di rosso”, nostro dovere di cronaca sarebbe precisare: “il dottor Ercolani dice così, ma la Statua della Libertà è in marmo di Carrara bianco”. Esattamente quello che abbiamo fatto venerdì scorso nelle 25 righe che Ercolani – il quale ha tutto il diritto di chiedere e ascoltare le telefonate che vuole ma non può dire che non risulti da nessuna parte – contesta. E poi, davvero si vuol far credere che il problema è se abbia detto o non detto, in quella telefonata del 10 novembre 2007, quelle parole che hanno etichettato l’indagine “Re Nero”?

La questione, infatti, non è tanto ciò che ha detto, il problema risiede in ciò che ha fatto. O, meglio, in ciò che gli contestano abbia fatto (sennò dice che non abbiamo rispettato la presunzione di non colpevolezza).

Allora, la si può raccontare come si vuole dentro o fuori dall’aula, si può contestare tutto e recriminare ancor di più, ma ci sono dei fatti che restano. A meno che non si voglia sostenere che sia tutto inventato, come, ad esempio i pedinamenti, i verbali, le ispezioni di Banca d’Italia, i documenti nascosti nel gabinetto di Bcrr, le testimonianze o il dipendente di Asset Banca, prima seguito e poi fermato dalla squadra mobile, che era andato a prelevare presso una cliente italiana dei denari sottratti al fisco, per questo indicati come “in nero”. Dare conto di questi fatti non è venir meno alla presunzione di non colpevolezza, ma è fornire completezza di elementi, posto che sull’accaduto ciascuno una opinione se la può fare da solo anche se, magari, nelle maglie dell’appello sarà pure tutto prescritto.

Purtroppo – e parlando in generale – ormai da tempo l’espediente di fare coincidere la responsabilità etica, disciplinare, politica, morale, con la responsabilità penale, ha fatto sì che venisse richiamata in modo perverso la presunzione di non colpevolezza, delegando ai giudici le valutazioni di buon senso che, invece, potrebbero e dovrebbero fare tutti. Delegare ai tribunali il giudizio ultimo, a volte distorto e troppo spesso tardivo, sulla dimensione sociale dei rapporti, serve ormai di norma a lavare le coscienze di chi si doveva dimettere e non si è mai dimesso; di chi si doveva fare da parte ed è rimasto saldamente a manovrare; di chi non si doveva candidare e si è messo in lista; di chi avrebbe dovuto scusarsi ed ha continuato ad essere arrogante. Per il resto fa piacere che adesso il dottor Ercolani abbia deciso di tenere informatissimi i cittadini sulle udienze di Forlì, perché fin quando ha avuto un giornale, “La Tribuna”, non è che lo abbia fatto con così tanta puntualità

 

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