Giornalisti trascinati in giudizio a San Marino, depositate le motivazioni

Giornalisti trascinati in giudizio a San Marino, depositate le motivazioni

Rassegna stampa – Giornalisti trascinati indebitamente in giudizio dallo Stato, le motivazioni dell’assoluzione. Il giudice: “Nessuno di questi documenti poteva ritenersi all’epoca assistito da un regime di segretezza”

ANTONIO FABBRI – È stata depositata la sentenza che riguarda i procedimenti riuniti che riguardano Buriani-Celli e anche direttore e caporedattore di questo giornale, assolti con formula piena. Si tratta di 94 pagine di cui poco più di una riguarda il caso che ha tenuto indebitamente alla sbarra i giornalisti per quattro anni.

Ecco che cosa dice su questo caso il giudice Adriano Saldarelli nelle motivazioni: “Il presupposto logico giuridico su cui è fondata l’imputazione formulata a carico di Buriani, Fabbri e Filippini al capo 1) del procedimento già rubricato al numero 474-485/2020 è costituito dal regime di segretezza speciale, a cui, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbero stati assoggettati, anche dopo l’intervenuta archiviazione, gli atti divulgati e successivamente pubblicati sul quotidiano l’Informazione, in base al combinato disposto di cui agli articoli 8, comma 5 della L. n. 93/2008, 9 del Regolamento del Congresso di Stato 22 marzo 2017 n. 3 e 29 della L. n. 96/2005”.

Ma la prospettazione accusatoria messa in piedi dal Commissario della legge Elisa Beccari nel rinvio a giudizio a fronte delle denunce delle parti civili Avvocatura dello Stato, Banca centrale, della presidente di Banca Centrale Catia Tomasetti oltre all’eurodeputato Sandro Gozi tramite i propri legali, era totalmente sbagliata.

Questo perché quanto pubblicato non era segreto, da un lato, dall’altro nell’imputazione era contestata pure la pubblicazione di atti o notizie mai pubblicati. Nonostante questo l’imputazione dei giornalisti è stata perseguita con pervicacia, nonostante le difese abbiano fatto notare l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto fin dal primo istante.

Pubblichiamo di seguito le motivazioni della sentenza pienamente assolutoria “perché il fatto non sussiste” per i giornalisti, e in questo caso anche per il commissario Buriani.

Nelle motivazioni il giudice Saldarelli fa l’elenco dei documenti che, secondo l’eufemisticamente approssimativa accusa, non si sarebbero potuti pubblicare perché segreti: “Si tratterebbe, in particolare: – del verbale del Congresso di Stato datato 8 aprile 2019 (affogliati 353-365 del p.p. n. 735/2018); – dei verbali delle testimonianze rese nel medesimo procedimento dagli ex Segretari di Stato Guerrino Zanotti, dott.ssa Eva Guidi e dott. Andrea Zafferani contenenti, fra l’altro, dichiarazioni a chiarimento del contenuto del verbale del Congresso di Stato 8 aprile 2019 (affogliati 778-792 e 963-974 del p.p. n. 735/2018) – del provvedimento di archiviazione (aff.ti 1186-1196 del p.p. n. 735/2018), recante riferimenti all’attività svolta in esecuzione del contratto di consulenza stipulato fra Banca Centrale ed il dott. Sandro Gozi.

Tuttavia, nessuno di questi documenti poteva ritenersi all’epoca assistito da un regime di segretezza”, dice lapidariamente il giudice Saldarelli e spiega il perché, in sostanza ricalcando quanto sempre sostenuto dalle difese e anche dai giornalisti, sentiti nella fase istruttoria e nel dibattimento.

Spiega il giudice:

“- per quanto riguarda il verbale del Congresso di Stato, la norma richiamata, peraltro di natura regolamentare, prevede soltanto che tali atti siano “riservati”, disciplinando modalità di accesso e di conservazione della documentazione; il concetto di riservatezza deve essere tenuto distinto da quello di “segretezza speciale” cui si riferisce la fattispecie incriminatrice, anche sulla base di una non consentita interpretazione della norma penale in malam partem, e incontra il limite della previsione costituzionale di cui all’art. 3, comma 13 della Dichiarazione dei Diritti, che garantisce in via generale la trasparenza e la pubblicità degli atti del Congresso di Stato, proprio al fine di consentire il controllo democratico sull’operato del Governo, salvo il caso indicato dall’art. 14 del medesimo regolamento, non ricorrente nella vicenda in esame (tutti gli ex Segretari di Stato che sono stati sentiti in dibattimento hanno escluso che su tale atto fosse stato apposto alcun genere di segreto);

– le medesime considerazioni valgono per i verbali delle testimonianze dei Segretari di Stato assunte nell’ambito del proc. pen. n. 735/2018, in quanto l’asserita violazione del segreto poggia sull’assunto che tali dichiarazioni contenessero riferimenti proprio al contenuto del predetto verbale;”

Ma c’è di più, perché nell’imputazione, non fosse bastato il divieto di pubblicazione di atti segreti che segreti non erano, veniva contestata in concorso pure la violazione del segreto d’ufficio.

Anche su questo il giudice chiarisce:

“- in relazione al decreto di archiviazione, va osservato che l’invocato “segreto d’ufficio” previsto dall’art.29 della L. n. 96/2005 (“Statuto della Banca Centrale della Repubblica di San Marino”) è norma generale di condotta destinata al personale ed ai collaboratori dell’ente – tanto che è collocata nel titolo relativo alla “Organizzazione e Personale della Banca Centrale” – per garantire la riservatezza delle attività pubblicistiche dell’ente, in particolare quelle di vigilanza, e deve essere tenuto distinto dal segreto bancario che ha ad oggetto le informazioni sui dati di natura strettamente bancaria di cui all’art. 36 LISF, richiamato anche dall’art. 8, comma 2 della L. n. 93/2008 sulla pubblicità dei processi; non si comprende, dunque, a quale regime di segretezza speciale potessero essere soggetti i riferimenti, contenuti nel provvedimento di archiviazione, alla “attività svolta in esecuzione del contratto di consulenza stipulato tra Banca Centrale e il Dott. Sandro Gozi”, se si considera, tra l’altro, che essa costituiva il nucleo dell’imputazione di amministrazione infedele ascritta ai due indagati, così da non rendere scindibile il contenuto motivazionale del provvedimento – certamente ostensibile al giornalista abilitato al fine di consentirgli un compiuto esercizio del diritto di cronaca in ragione dell’interesse pubblico alla vicenda – dai riferimenti ai singoli atti e documenti ivi richiamati”.

E si arriva alla contestazione di divulgazione di documenti mai pubblicati: “Per ragioni in parte sovrapponibili, deve ritenersi insussistente anche il misfatto, previsto e punito dal combinato disposto di cui all’art. 8, comma 5, della L. n. 93/2008 ed all’art. 192 c.p., contestato al capo 2) dell’imputazione al solo Buriani, per aver consentito la visione al giornalista Antonio Fabbri di “atti formati e documenti raccolti nel corso di processo penale per i quali l’ordinamento prevede un regime di segretezza speciale anche dopo l’intervenuta archiviazione”.

In questo caso, vengono analiticamente elencati i documenti coperti dal segreto d’ufficio previsto dall’art. 29 del- la L. n. 96/2005, tutti in qualche modo riconducibili alle attività istituzionali svolte da funzionari di Banca Centrale afferenti l’oggetto della consulenza Gozi e la vicenda Lazard.

Tuttavia, non risulta che tali atti siano stati oggetto di “divulgazione” o di “improprio utilizzo”, come richiesto dalla fattispecie incriminatrice, ma soltanto di una generica autorizzazione alla visione, peraltro concessa con la esclusione degli atti coperti da segreto bancario, come prescritto dal comma 2 dello stesso articolo 8 della L. n. 93/2008”.

Così le motivazioni della sentenza del giudice.

Nei prossimi giorni i dettagli di una vicenda che appare a tutti gli effetti una deliberata azione di enti e soggetti dello Stato contro i giornalisti, la libertà di stampa e il diritto di cronaca.

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 22

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