Alberto Zorzi, Corriere del Veneto: indagine Chalet, sviluppi a Roma

Alberto Zorzi, Corriere del Veneto: indagine Chalet, sviluppi a Roma

Corriere del Veneto (23 marzo 2013)

Indagine Mantovani

 Baita e le «talpe», a Roma
atti riservati dell’inchiesta

Trovati in un ufficio della Capitale documenti del fascicolo

Alberto Zorzi

 

VENEZIA—«Ci saranno sviluppi romani». Il pm Stefano Ancilotto, nel corso dell’udienza di ieri mattina di fronte al tribunale del riesame, non ha nascosto che l’indagine sulla maxi- frode fiscale messa in piedi da Piergiorgio Baita, l’ex presidente di Mantovani, avrà un futuro anche oltre i confini veneti. Sul punto ovviamente gli inquirenti sono abbottonati, però la Guardia di Finanza di Venezia e Padova avrebbe raccolto documenti importanti nel corso delle perquisizioni. Uno di questi è stato depositato proprio ieri mattina davanti ai giudici del Riesame, che poi hanno deciso di tenere nel carcere di Treviso l’ex direttore finanziario di Mantovani, Nicolò Buson: nell’ufficio di Roma di una società che forniva consulenze al colosso veneto delle costruzioni, sono stati trovati atti del fascicolo del pm Ancilotto.

Com’è possibile che quei documenti, coperti dal segreto istruttorio, siano finiti lì? Questo dettaglio, finora inedito, dimostra una volta di più come la rete messa in piedi da Baita per raccogliere informazioni sulle indagini in corso nei suoi confronti fosse di altissima qualità. E d’altra parte una settimana fa, quando ci fu l’udienza di riesame sulla misura cautelare del manager (anch’essa bocciata) la procura aveva rivelato che la Mantovani aveva firmato un contratto con la società «Italia Service Srl» di Mirco Voltazza, il consulente-faccendiere scappato all’estero e tornato una settimana fa per «vuotare il sacco» di fronte al pm. A fronte di un pagamento di 1,3 milioni di euro, la società di Voltazza avrebbe dovuto «anticipare eventuali aggressioni da parte di forze dell’ordine e magistratura». Inoltre i finanzieri avrebbero scoperto che, in cambio di informazioni utili, Baita pagava anche «stecche» da 100 mila euro e avrebbe pure assunto la figlia di una delle sue «talpe». Finora, oltre a Voltazza, l’unico nome emerso è quello del poliziotto bolognese Giovanni Preziosa, indagato per accesso abusivo al sistema informatico. Elementi che per il pm Ancilotto e il collega Stefano Buccini servono a dare un quadro più ampio rispetto a tre settimane fa, quando la misura cautelare fu eseguita con l’arresto di Baita, Buson, l’ad di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo e William Ambrogio Colombelli, titolare della Bmc Broker, la prima e principale cartiera di Mantovani scoperta, con circa 20 milioni di euro di false fatture in un decennio, di cui però solo 8 contestati in quanto non prescritti. Minutillo e Colombelli, ascoltati per ore dai due pm, sono stati messi agli arresti domiciliari, mentre dopo Baita, anche per Buson l’esito del Riesame è stato negativo.

La procura ha infatti prodotto i verbali di Colombelli e Voltazza, in cui emerge il ruolo di Buson, ben diverso da quello di mero contabile agli ordini di Baita proposto dal suo difensore, l’avvocato Fulvia Fois. Voltazza ha infatti dichiarato di avere dato i soldi delle false fatture a Buson, che dunque era un solido membro del «team» capitanato da Baita, mentre Colombelli ha detto che riceveva da lui i fax dei pagamenti. Inoltre a casa di Buson sono state trovate delle fatture sospette e gli inquirenti si sono convinti che lui le avesse nascoste lì perché non fossero trovate in ufficio. Un comportamento che potrebbe aver convinto i giudici — anche se bisognerà attendere il deposito delle motivazioni —della possibilità di un inquinamento probatorio anche da parte di Buson, che pure si è dimesso dal ruolo in Mantovani. Ieri mattina l’avvocato Fois ha cercato di far dichiarare nulli gli atti prodotti. «Depositare all’ultimo momento dei documenti che la procura aveva già da alcuni giorni è una lesione del diritto di difesa – spiega il legale – Sul punto farò ricorso in Cassazione».

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