Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino:Riciclaggio, ex presidente Dc condannato a quattro anni

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino:Riciclaggio, ex presidente Dc condannato a quattro anni

 L’informazione di San Marino

Due anni a Martellacchi,
assoluzione per Sassone, mancanza di giurisdizione per Scardaccione 

Riciclaggio, ex presidente Dc condannato a
quattro anni

La difesa: “Assurdo, fu Poggiali a segnalare
l’operazione sospetta”. Scontato il ricorso in
appello

Antonio Fabbri

Una sentenza articolata, quella emessa nel pomeriggio di ieri dopo oltre
un’ora e 15 minuti circa di camera di consiglio, dal Giudice Gilberto Felici,
sul caso di riciclaggio che ha visto imputato l’ex presidente della Democrazia
Cristiana. Sentenza che ha condannato Marino
Leo Poggiali
a 4 anni di prigionia, a 4.500 euro di multa, 1 anno e 3 mesi
di interdizione dai pubblici uffici. Condanna a 2 anni, 200 euro di multa e 9
mesi di interdizione dai pubblici uffici, invece, per Benito
Martellacchi
, il pensionato romano cui era intestato il conto corrente in
realtà movimentato da Scardaccione. Francesco
Scardaccione
, accusato di appropriazione indebita, per il quale il giudice
ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell’autorità sammarinese, essendosi
il reato di appropriazione indebita consumato in Italia, dove l’avvocato romano
accusato con un collega di avere raggirato l’Inps, è in attesa dell’apertura
imminente del processo di primo grato per il reato presupposto del riciclaggio.
Appropriazione indebita e peculato le contestazioni

Assolta, invece, Antonia Sassone,
la collega di studio di Scardaccione
alla quale questi aveva
chiesto di diventare amministratrice
di una società di diritto inglese
sulla quale fare confluire e
mettere al sicuro i milioni provenienti
dagli illeciti comportamenti
di Scardaccione. Proventi
pari a 2 milioni e 360mila euro.
Di questi, per 2.139.509,27, è stata
disposta la confisca, più una
confisca per equivalente fino alla
concorrenza dell’intera massa di
denaro movimentata.
Il fatto
In ballo c’è una somma di 2,3
milioni di euro, di cui l’autorità
giudiziaria sammarinese, è riuscita
a sequestrare quasi l’intero
importo. Tutto è scaturito
dall’attività di Gianluca Cesari e Francesco Scardaccione, avvocati,
che recuperavano soldi da
curatele fallimentari per conto
della previdenza italiana. Tuttavia,
invece di versarli all’Inps, se
ne appropriavano facendoli con-
fluire in una società con lo stesso
acronimo. I soldi erano finiti sul
Titano in un rapporto presso la
EuroCommercialBank, curato
da Poggiali e intestato a Martellacchi,
ma in realtà movimentato
da Scardaccione. I soldi, poi,
venivano movimentati verso una
società di diritto inglese amministrata
dalla Sassone.
La requisitoria del Pf
Prima della decisione aveva fatto
parecchio scalpore tra gli avvocati
la dura requisitoria del procuratore
del fisco, Roberto Cesarini.
Il Pf è stato molto critico
verso i comportamenti di banche
e funzionari che sempre più spesso
emergono in aula nei processi
per riciclaggio. Stigmatizzata
una certa diffusa “leggerezza”
nel accogliere i capitali. Nel caso
specifico ha sottolineato come
non ci sia stato tempestivamente
il sequestro, anche da parte del
tribunale, nella prima fase delle
indagini. Cosa che ha consentito
di fare sfuggire al congelamento
circa 320mila euro. Inoltre ha
evidenziato come già dal mese
di luglio 2010, come risulta da
documenti, quelle movimentazioni
erano già state riconosciute
come sospette. Le movimentazioni
furono invece segnalate
ad agosto quando Scardaccione
iniziò a movimentare flussi in
uscita dal conto. Per questo le richieste
del Pf erano state pesanti:
Derubricazione da riciclaggio
a favoreggiamento per Antonia
Sassone e condanna a 9 mesi di
prigionia. Condanna a 3 anni per
Francesco Scardaccione che era
accusato di appropriazione indebita.
Cinque anni ciascuno per
Martellacchi e Poggiali, imputati
per riciclaggio. Richieste di pena
poi rimodellate dal giudice.
Le difese
La prima a prendere la parola è
stata l’avvocato d’ufficio Patrizia
Casadei, che ha rappresentato in
giudizio Martellacchi. Ha chiesto
per il suo assistito l’assoluzione,
rilevando come vi fossero firme
difformi nei documenti presentati,
e come non fosse quindi
provato che le movimentazioni
attribuite al suo assistito fossero
effettivamente sue. La difesa
di Antonia Sassone, condotta
dall’avvocato Maria Selva, ha
chiesto l’assoluzione della sua assistita
sollevando il difetto, tanto
nella contestazione di riciclaggio
quanto in quella di favoreggiamento,
dell’elemento psicologico
del reato. La donna, cioè, non
conosceva la provenienza illecita
dei fondi e l’illiceità dell’operazione.
L’avvocato Maurizio
Simoncini, difensore di Scardaccione
ha parlato di “tesi bizzarre”
del procuratore del fisco,
sostenendo che la consumazione
del reato di appropriazione indebita
è avvenuta in Italia. Stessa
tesi sostenuta dal codifensore romano,
Francesco Di Cristofaro,
che ha a sua volta chiesto la restituzione
delle somme confiscate
per coprire le somme dovute
dalla Sicav dal cui patrimonio,
in danno dei creditori, sono stati
sottratti i fondi portati sul Titano
da Scardaccione.
La difesa di Poggiali
Più lunga e articolata la difesa di
Gian Nicola Berti, difensore di
Marino Leo Poggiali.
“Il Pf ha fatto tutta una serie di
congetture sul sistema bancario
sammarinese che non condivido
affatto. Al contrario ritengo che
qui abbiamo una valutazione di
come si sia comportato il sistema
bancario sammarinese, che
ha segnalato ed ha ottemperato
alle normative antiriciclaggio,
rispetto a quello italiano che
non lo ha fatto. Il nostro sistema
è molto più avanti d quello italiano”.
Poi Berti ha sottolineato
come sia stato determinate il
ruolo di Poggiali nel segnalare la
movimentazione sospetta.
“Il merito della scoperta del reato
presupposto è di Poggiali – ha
detto Berti –. Forse nella prima
fase di questo rapporto c’è stata
leggerezza anche perché era stato
in buona fede creduto che il
titolare del conto, come riferito
dallo Scardaccione, avesse delle
difficoltà a deambulare. Ma c’è
in ogni caso la totale assenza
di dolo in capo a Poggiali. Non
era vietato aprire un rapporto
in assenza del cliente che poi,
poteva in un secondo momento
come assicurato da Scardaccione,
presentarsi e portare la documentazione
necessaria. Forse
la condotta di Poggiali andrebbe
valutata più a fini prettamente
amministrativi che penali. Manca
la consapevolezza sulla provenienza
illecita dei fondi. Non c’è
nessun elemento a sostegno delle
accuse. E’ stato creato un sistema
utile per evidenziare condotte
di riciclaggio, ma non credo
che possiamo arrivare all’estremo
limite di una condanna in
automatico senza prove. A quel
punto sacrificheremmo sull’altare
della lotta al riciclaggio delle
persone innocenti”.
Di qui la richiesta di Berti di
assoluzione per Poggiali. Evidentemente
il giudice non è stato
d’accordo. Scontato il ricorso in
appello.

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