Bancarotta a San Marino, recepimento in Italia della sentenza, ok della Cassazione. Antonio Fabbri

Bancarotta a San Marino, recepimento in Italia della sentenza, ok della Cassazione. Antonio Fabbri

Bancarotta a San Marino, recepimento in Italia della sentenza. Ok della Cassazione

Sentenza della Corte di Cassazione sancisce la legittimità degli interrogatori effettuati per rogatoria a testimoni chiamati a deporre in procedimenti sammarinesi.

Antonio Fabbri

La possibilità non è mai stato messo in dubbio dai magistrati che, a San Marino particolare, sono spesso necessariamente chiamati ad utilizzare lo strumento della collaborazione giudiziaria internazionale per condurre le proprie indagini. E’ tuttavia capitato anche sul Titano che, in particolare le difese degli imputati, mettessero in dubbio la legitimità degli interrogatori per rogatoria, soprattutto eccependo l’impossibilità di parteciparvi e, quindi, la violazione del diritto di difesa. Ed è proprio su un caso di questo tipo che la Seconda sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in una recente sentenza, la numero 37948 del 2020, pubblicata il 31 dicembre scorso.

Il caso è quello di Andrea Battarra, “condannato a San Marino – ricostruisce la Cassazione – perché, quale amministratore delegato della International Srl e in concorso con Salvatore Pasqualino, presidente del consiglio di amministrazione della società, si era reso responsabile di plurime condotte di distrazione patrimoniale, per importi complessivi pari quasi a 340.000 euro, e di una tenuta della contabilità tale da non consentire la rappresentazione fedele delle entrate e delle uscite”.

Sul Titano i due erano stati condannati in primo grado nel 2013 per bancarotta fraudolenta e documentale a tre anni di prigionia. Condanna poi confermata in appello.

Della condanna sammarinese è stata quindi chiesto riconoscimento in Italia con conseguente registrazione anche nel casellario giudiziale italiano. La Corte di appello di Trieste con sentenza di un anno fa esatto, il 13 gennaio 2020, aveva accolto la richiesta di riconoscimento in Italia della sentenza sammarinese. La pena, oltre ai tre anni di prigionia, dichiarava inoltre Dichiarava inoltre Battarra inabilitato per quattro anni dall’esercizio di una impresa commerciale, e incapace per la stessa durata dall’esercizio di uffici direttivi di qualsiasi impresa, e disponeva l’annotazione della sentenza nel certificato del casellario giudiziale.

Va detto che la corte di appello di Trieste aveva in una prima sentenza del 2018 respinto la richiesta di riconoscimento della sentenza sammarinese, “rilevando che essa era• stata decisa in violazione dei principi ispiratori del sistema processuale italiano, in particolare di quelli “del contraddittorio nell’acquisizione della prova, dell’oralità, dell’inutilizzabilità della prova dichiarativa assunta unilateralmente e dei diritti della difesa”.

Il procuratore generale era però ricorso in cassazione, e la Sesta sezione Penale aveva annullato questa sentenza rinviando gli atti alla corte di appello che, riesaminato il caso, stabilì invece il recepimento della sentenza sammarinese anche in Italia. Di qui l’ulteriore ricorso in Cassazione dello stesso Battarra.

Ma che cosa era contestato? Che l’interrogatorio per rogatoria del coimputato Pasqualino fosse stato assunto senza che fosse stata informata la difesa di Battarra e, quindi, in violazione del diritto di difesa.

La Seconda sezione della Cassazione, esaminando di nuovo il caso e condividendo le conclusioni della nuova pronuncia Corte di Appello, ha valutato che la procedura sammarinese, compreso l’interrogatorio per rogatoria, non ha violato i principi del giusto processo. Da un lato, infatti, la Corte ha riscontrato “facendo riferimento alla completa lettura della motivazione della sentenza di San Marino divenuta definitiva, che in tale contesto le dichiarazioni del coimputato Pasqualino non sono state decisive ai fini della colpevolezza di Battarra”; inoltre la Cassazione, riprendendo le conclusioni della Corte di appello, rileva che “l’imputato era a conoscenza delle indagini in corso nei suoi confronti, come conferma il fatto che il suo difensore aveva potuto accedere agli atti del fascicolo sia prima che ‘dopo la richiesta di rogatoria all’Italia, e pertanto avrebbe potuto attivarsi per proporre istanza di assistenza a tale atto”.

La Cassazione quindi, conferma il riconoscimento di questa sentenza sammarinese anche in Italia, ponendo il principio che anche l’indagato tramite il proprio legale avrebbe potuto farsi parte attiva per prendere parte ad un interrogatorio del quale era al corrente.

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