CORRIERE DELLA SERA
Banca Marche, la stretta di Bankitalia sul vertice
Nel mirino gli affari immobiliari di Bianconi
Mario Gerevini
MILANO — Archimede 96 a Roma è un numero civico di una bella via dei Parioli. Lì due anni e mezzo fa ha comprato un’intera palazzina la moglie di un banchiere. Valore: 7 milioni di euro. Venditore: l’immobiliarista Vittorio Casale, poi finito in dissesto con il suo gruppo Operae che in via Archimede 96 aveva la sede romana. Il marito-banchiere è Massimo Bianconi, 58 anni, dal 2004 direttore generale della Banca delle Marche (BdM). L’istituto, 300 sportelli, 3 mila dipendenti, 40 mila azionisti, controllato al 55% dalle Fondazioni di Macerata, Pesaro e Jesi, aveva copiosamente finanziato il gruppo Casale.
L’operazione Archimede 96 potrebbe essere la buccia di banana che fa scivolare Bianconi lontano dalle Marche. Per domani è in calendario un consiglio di amministrazione che potrebbe pensionare il manager. Da una parte ci sarebbero due lettere, piuttosto esplicite (e non è prassi), della Banca d’Italia che invitano (quasi impongono) a dare un’ulteriore rinfrescata alla governance e in particolare una svolta al vertice operativo affinché il consiglio ritrovi il suo ruolo. Dall’altra c’è il potere di Bianconi, da molti considerato come il vero padrone della banca e con una grande influenza sul consiglio di amministrazione. Il direttore ha il biglietto da visita di un bilancio in utile (132 milioni) anche al netto delle plusvalenze immobiliari (72 milioni); e in questo periodo non è una cosa di ordinaria amministrazione. Ma il ricambio appena avvenuto nel cda (tra l’altro sono entrati due banchieri esperti come Giuseppe Grassano e Francesco Cesarini), il pressing di Bankitalia e alcune strane transazioni immobiliari della famiglia del direttore generale, emerse nell’ispezione della Vigilanza in Banca Tercas (commissariata e con l’ex direttore generale, Antonio Di Matteo indagato), potrebbero portare allo showdown.
L’operazione della società Archimede 96 della signora Anna Rita Mattia, 60 anni, pensionata, residenza a Porto Cervo, si è chiusa nel 2009 con controparte Immofinanziaria. Cioè una delle holding di Casale di lì a poco finita in dissesto. La moglie di Bianconi e la figlia (socia al 40%) sborsano 7 milioni di euro e si fanno finanziare da Banca Tercas. La transazione, secondo quanto sarebbe emerso dall’ispezione di Bankitalia a Teramo, avrebbe avuto una “coda” con un giro d’assegni anomalo. Tutto regolare? Ieri sera dopo le 19 alla banca rispondeva solo la portineria, «non in grado di contattare la direzione» e le mail inviate all’ufficio stampa e a Bianconi non hanno avuto risposta.
L’immobiliare, dunque, è il business di famiglia. Un colpaccio venne fatto a Treviso qualche anno fa. Il mattino del 30 novembre 2006 la signora Bianconi acquisisce con un contratto di locazione finanziaria un immobile in centro (1,5 milioni di valore) e il giorno dopo lo affitta per 12 anni a una banca, la Popolare di Bari. Miglior cliente non si può sperare. Era il metodo di Ricucci che fu proprio Bianconi a “scoprire” e finanziare (prima in Bna, poi in Banca Agricola Mantovana e in Cariverona) quando era ancora sconosciuto. A Londra la famiglia Bianconi ha un paio di appartamentini in Redcliffe Square e Cranley Gardens da un milione di euro circa ciascuno.
Quanto guadagna Bianconi? Non si sa. E non lo dice il suo sito personale dove però i comunicati della banca vengono ritoccati. Se la nota ufficiale è: «Banca Marche mette a disposizione 100 milioni per imprese e famiglie colpite dalle nevicate …» nel sito www.massimobianconi.it diventa «Bianconi e Banca Marche aiutano le famiglie e le imprese con un plafond da 100 milioni …». Il testo poi parte con modestia …: «Massimo Bianconi ha messo a disposizione tramite Banca Marche 100 milioni …». A breve potrebbero chiedergli, su invito pressante di Bankitalia, di mettere a disposizione il mandato.
Mario Gerevini