Biagio Bossone: sistema bancario sammarinese verso l’integrazione internazionale

Biagio Bossone: sistema bancario sammarinese verso l’integrazione internazionale

IL PERCORSO DEL SISTEMA BANCARIO E FINANZIARIO SAMMARINESE VERSO
L’INTEGRAZIONE INTERNAZIONALE

Biagio Bossone – Presidente Banca Centrale della Repubblica di San Marino

1. PREMESSA

Lo scenario nel quale il sistema bancario e finanziario sammarinese si trova da qualche
tempo coinvolto assomiglia alla “tempesta perfetta”.

All’onda lunga della crisi – del settore finanziario prima e di quello reale poi – che ha
interessato numerosi Stati, e dalla quale San Marino non poteva rimanere immune, si sono aggiunti
gli effetti di alcune criticità specifiche da tempo latenti.

Queste si sono manifestate in tutta la loro evidenza attraverso fatti eclatanti che hanno
investito come una deflagrazione il Paese, impreparato a mettere in discussione in termini e tempi
stringenti le fondamenta di un impianto considerato di duraturo successo.

Si è così avviato, forse più per necessità che per convinzione, un dibattito diffuso sul
modello che il sistema finanziario sammarinese in senso lato dovrebbe perseguire nell’immediato
futuro.

In una prima fase, ancora non del tutto superata, hanno prevalso reazioni emotive. Si tratta
peraltro di una dinamica comprensibile, anche per effetto di una sovraesposizione mediatica
oggettivamente sproporzionata, che ha diffuso in termini generalizzati un’immagine
ingiustificatamente negativa dell’intero Paese.

Occorre però transitare decisamente verso una fase successiva in cui l’analisi razionale
prenda il sopravvento per definire i problemi con la massima precisione possibile e per individuare
le azioni conseguenti.

2. CRISI DEI FATTORI CHE HANNO DETERMINATO LA CRESCITA DEL SISTEMA SAMMARINESE
Vorrei oggi sottoporre all’attenzione dell’uditorio qualche spunto di riflessione per questo
tipo di analisi, pur consapevole che l’ampiezza e la complessità della materia non consentono
alcuna ambizione di esaustività.

La crescita del sistema finanziario sammarinese si è finora fondata sulla combinazione di
alcuni vantaggi competitivi, riconducibili alla sovranità statuale, con altri fattori derivanti da
esternalità o da un limitato grado d’integrazione internazionale.

I primi sono da ricercare, sostanzialmente, nella elevata tutela del segreto bancario e
dell’anonimato societario, nella fiscalità agevolata, in un sistema leggero di regole e controlli sulle
imprese bancarie e finanziarie.

I secondi sono principalmente rappresentati dalla possibilità di utilizzare l’euro, di accedere
al sistema dei pagamenti e dalla facilità di circolazione transfrontaliera di persone e capitali.

In tale contesto, il sistema bancario e finanziario sammarinese ha conosciuto tassi di
sviluppo notevoli tanto che, nell’ultimo decennio, il numero delle banche è triplicato e la raccolta
diretta e indiretta è aumentata di oltre il 60 per cento.

Sebbene le cifre del sistema finanziario sammarinese siano modeste in valore assoluto, esse
assumono tutt’altro rilievo se rapportate all’economia nazionale.
Mi limito a ricordare che il totale della raccolta diretta e indiretta ammonta a circa 10 volte il
prodotto interno lordo, dato di per sé indicativo di una forte incidenza di fattori non residenti.
Il sistema bancario e finanziario, poi, incide in misura molto più che proporzionale rispetto
alla consistenza numerica di imprese e dipendenti.
Banche e finanziarie rappresentano in termini numerici solo l’1 per cento circa delle imprese
insediate a San Marino, ma contribuiscono per oltre il 18 per cento al prodotto interno lordo e per
circa il 49 per cento circa al gettito fiscale rappresentato da imposte dirette.

Se poi si considera che anche il settore reale, al quale il sistema finanziario deve fornire il
necessario supporto, risulta fortemente connesso a fattori non residenti e alla necessità di sbocchi di
mercato transfrontalieri, dovrebbe essere agevole convenire che l’integrazione internazionale è
indispensabile per sostenere non solo la crescita, ma la conservazione stessa dell’economia
sammarinese.

Diversamente, attesi gli ineludibili limiti dimensionali e di risorse, San Marino dovrebbe
rassegnarsi a una regressione verso un sistema economico autoreferenziale di piccolo cabotaggio,
con il conseguente svilimento della stessa sovranità statuale.

Quest’ultima costituisce il vero, inestimabile valore aggiunto per San Marino, ma solo a
condizione che ne venga correttamente definita la portata.

3. L’INTEGRAZIONE INTERNAZIONALE COME PRESUPPOSTO DELLA SOSTENIBILITÀ DEL SISTEMA
FINANZIARIO E PRESIDIO DELLA STESSA SOVRANITÀ STATUALE

Gli elementi del modello – fin qui seguito – riconducibili alla sovranità, che ho brevemente
richiamato, sono stati funzionali ad attirare capitali verso San Marino.

Un sistema bancario e finanziario, però, non si regge sulla sola raccolta, ma anche sugli
impieghi, siano essi sotto forma di erogazione del credito o di investimenti in strumenti finanziari.

Questi ultimi, per uno Stato dal mercato domestico ridotto come San Marino, necessitano
dell’accesso ai mercati esteri, che può essere ottenuto solo con l’integrazione internazionale.

Peraltro, l’esperienza attuale – ma non nuova – dello scudo fiscale dimostra che anche la
raccolta da non residenti può rivelarsi molto vulnerabile.

3.1. L’avvio di un processo d’integrazione internazionale del sistema finanziario sammarinese e
le cause del suo rallentamento
A ben vedere, l’integrazione internazionale è stata sì perseguita da San Marino, ma è
mancata una visione strategica complessiva e un’azione di pronto adeguamento a un contesto
esterno in rapido e radicale cambiamento.

Mi riferisco innanzitutto alla storia delle relazioni economiche con l’Italia, Paese al quale
necessariamente la Repubblica di San Marino è strettamente legata per evidenti ragioni geografiche,
in primo luogo, ma anche storiche e culturali.

Tali relazioni hanno trovato fondamentale disciplina nella Convenzione di amicizia e buon
vicinato del 1939.

Essa ha fornito per lungo tempo una cornice normativa adeguata, ma ha cominciato a
mostrare la corda nel momento in cui il processo di unificazione europea ha segnato una forte
accelerazione.

La posizione di Stato extracomunitario di San Marino, infatti, condizionava anche
l’evoluzione dei rapporti bilaterali con l’Italia.

Questo perché il vincolo reciproco tra gli Stati membri dell’Unione europea, volta ad
assicurare il level playing field, poneva indirettamente il livello di armonizzazione comunitario
quale benchmark anche per gli accordi bilaterali con Stati terzi.

Il processo di armonizzazione nel settore bancario comincia nella seconda metà degli anni
settanta con le prime direttive europee sull’attività bancaria e assicurativa.

Altri passaggi fondamentali sono, in estrema sintesi, la prima direttiva in materia di
organismi d’investimento collettivo del risparmio, risalente alla metà degli anni ottanta, e la prima
direttiva in materia di servizi d’investimento, emanata all’inizio degli anni novanta.

Né devono essere trascurate altre normative indirettamente rilevanti per il sistema, in tema di
principi contabili, trasparenza e correttezza verso i risparmiatori, antiriciclaggio e contrasto al
finanziamento del terrorismo, e sistema dei pagamenti.

Collateralmente, si sviluppavano principi, anch’essi sovente trasfusi in atti normativi, in
materia di contenimento dei rischi in senso sempre più lato e adeguatezza della governance e degli
assetti organizzativi interni delle imprese bancarie e finanziarie.
Questo corpus normativo articolato e complesso spostava sempre più in alto l’asticella per
l’accesso al mercato e al mutuo riconoscimento e, come detto, indirettamente influenzava i rapporti
con gli Stati extracomunitari.

Rispetto a tale evoluzione, a tratti tumultuosa, la Repubblica di San Marino manteneva per il
proprio sistema finanziario un assetto normativo di rango primario sostanzialmente invariato,
lasciando a circolari dell’organo di vigilanza l’introduzione di regole settoriali che riprendevano
alcuni principi delle direttive.

Vi era probabilmente la convinzione che l’integrazione internazionale fosse adeguatamente
sorretta dall’impianto della legislazione statuale e della convenzione bilaterale con l’Italia, posto
che questa rappresentava il principale e quasi unico mercato di riferimento.
Nel momento in cui a ciò si aggiunse la possibilità di utilizzare l’euro, si reputò
verosimilmente compiuta l’integrazione di San Marino anche con il mercato unico europeo.
Non è un caso se, proprio intorno all’anno 2000, si diede il via libera a nuovi progetti di
imprese bancarie e finanziarie, la cui sostenibilità economica non poteva che fondarsi
sull’operatività transfrontaliera.

In realtà, per la compiuta integrazione internazionale del sistema finanziario mancavano
tasselli importanti di conformità alle regole e alle best practice europee su tutti gli aspetti che ho già
richiamato.
Né d’altra parte può trascurarsi l’importanza, ancor più sentita dal settore reale, di
convenzioni in materia fiscale e scambio d’informazioni tra le amministrazioni competenti, coerenti
con i principi elaborati dall’OCSE.

La necessità di una maggiore iniziativa a sostegno dell’integrazione internazionale del
proprio sistema finanziario non era ignorata dalle istituzioni sammarinesi.

Nel 2004, in concomitanza con la sottoscrizione del cosiddetto “accordo Ecofin”
sull’euroritenuta, San Marino stipulava infatti con l’Unione europea un memorandum aggiuntivo
nel quale rappresentava proprio l’ambizione a una maggiore integrazione del proprio sistema
finanziario con il mercato unico europeo.

A fronte di ciò, San Marino assumeva l’impegno di recepire nel proprio ordinamento
l’acquis communautaire del settore e di implementare conseguenti strutture e metodologie di
controllo per garantirne l’enforcement.

Nei tempi immediatamente successivi sono state intraprese importanti azioni per attuare il
progetto.

Mi limito a ricordare, nel 2005, l’approvazione della legge 17 novembre, n. 165, vero e
proprio testo unico che imposta le linee guida per la riforma del sistema bancario, finanziario e
assicurativo sammarinese.

Sempre nel 2005, con l’approvazione dello Statuto della Banca Centrale della Repubblica di
San Marino, iniziava l’operatività dell’autorità di vigilanza unica e si avviava il complesso
procedimento di attuazione della legge-quadro e di potenziamento delle metodologie e degli
strumenti di controllo.

Permaneva tuttavia la convinzione, o la riserva mentale, che la forte tutela assicurata
dall’ordinamento nazionale al segreto bancario, nella sua accezione più ampia e quasi assoluta,
dovesse e potesse rimanere il driver fondamentale e prevalente dell’industria finanziaria.

Così, già sul finire del medesimo anno 2005, si registrava una battuta d’arresto a causa della
mancata firma degli accordi con l’Italia in materia di cooperazione economica, con conseguente
congelamento della ratifica dall’accordo già firmato contro le doppie imposizioni.

Questi atti avrebbero dovuto costituire il primo passo di una più ampia strategia
d’integrazione internazionale.

Una volta normalizzati i rapporti con il più vicino Stato di riferimento, infatti, il sistema
finanziario sammarinese avrebbe potuto beneficiare di un allargamento delle relazioni
internazionali, riducendo i rischi, oggi ben visibili, della concentrazione su un unico mercato.

A rileggere le cronache dell’epoca, sembra che l’impedimento principale fosse la presunta
lesione della sovranità statuale, per l’impegno a “recepire” in campo finanziario l’acquis
communautaire.

Ma quest’impegno, come detto, era stato già assunto da San Marino con il memorandum del
2004.

Non fu estranea, allora, la forte reazione alla bozza d’intesa per la collaborazione tra le
autorità di vigilanza sammarinese e italiana, già pronta per entrare a regime, che del più ampio
accordo tra Stati era corollario indispensabile.

L’intesa tra gli organi di vigilanza avrebbe permesso d’introdurre, sulla base di principi
consolidati a livello internazionale, forme di scambio di informazioni che invece furono viste come
inaccettabile incrinatura del segreto bancario.

A distanza di quattro anni, ci troviamo in una situazione nella quale è San Marino a
sollecitare la controparte per addivenire alla firma degli accordi a suo tempo rifiutati.

Nel frattempo, il sistema finanziario sammarinese è stato messo alle corde dalle pressioni
derivanti da decisioni unilaterali esterne, contro le quali si possono solo adottare soluzioni
d’emergenza per contenere i danni.

3.2. Necessità di riprendere e accelerare il percorso d’integrazione internazionale
Quali considerazioni deve suggerirci questa storia recente?
In chiave retrospettiva, essa suggerisce che la reazione di centri d’interesse
indissolubilmente legati a un modello operativo non sostenibile nel medio-lungo periodo ha finora
prevalso su chi, in modo lungimirante, anche se forse non del tutto consapevole delle possibili
implicazioni, aveva intravisto nell’integrazione internazionale la direzione da seguire.

Ma è soprattutto sulle considerazioni in chiave prospettica che mi preme soffermarmi.

L’excursus fin qui condotto, infatti, è utile solo se non rimane una sterile ricognizione dei
fatti del passato, ma prelude a un’azione propositiva e proattiva.

Occorre tracciare con rinnovata energia i sentieri entro i quali avviare, senza ulteriori indugi,
le azioni concrete sulle quali opportunamente questo convegno si interroga.

4. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERVENTO

4.1. Completare un quadro normativo di vigilanza conforme ai principi internazionali
Una prima area d’intervento rientra pienamente nelle responsabilità della Banca Centrale e
consiste nell’accelerare il richiamato processo di attuazione della legge-quadro.

Dopo una prima fase, molto intensa, a ridosso dell’entrata in vigore della legge,
l’emanazione dei regolamenti di attuazione ha conosciuto una fase di rallentamento.

Era inevitabile concedere un congruo lasso di tempo, sia agli intermediari sia alle stesse
strutture dell’autorità di vigilanza, per riorganizzarsi in funzione dei nuovi e complessi assetti di
regole.

È tempo però di riprendere il cammino, perché un quadro normativo di riferimento delle
regole di vigilanza prudenziale completo e conforme ai principi internazionali costituisce un

presupposto indefettibile affinché il sistema finanziario di uno Stato possa essere accreditato in sede
internazionale.

Ricordo a questo proposito che nei prossimi giorni una delegazione del Fondo Monetario
Internazionale sarà a San Marino nell’ambito del Financial Sector Assessment Program.

Si tratta di un’approfondita valutazione che il Fondo conduce sulle caratteristiche dei sistemi
finanziari degli Stati membri.

Essa è stata preceduta da una fase preparatoria che ha dedicato ampio spazio proprio alla
ricognizione e analisi dell’impianto normativo di vigilanza esistente.

Sottolineo che l’intensificazione dei rapporti con le istituzioni finanziarie internazionali,
quali la Banca Mondiale e, appunto, il Fondo Monetario, rappresenta un pilastro fondamentale per
la strategia d’integrazione internazionale.

Le valutazioni che tali organismi, come anche le agenzie di rating, esprimono sul sistema
finanziario sammarinese, anche quando assumono la forma di rilievi critici, non devono esser
vissute come umiliazioni, ma al contrario come prezioso contributo per l’adozione degli opportuni
interventi correttivi.

4.2. Garantire l’effettiva applicazione delle regole anche con un radicale cambiamento della
cultura degli intermediari. L’importanza della formazione delle risorse umane e della funzione di
governance

Comunque, l’adeguamento del quadro normativo di riferimento non è che uno dei tasselli,
necessario ma non sufficiente al completamento di un mosaico ben più ampio e complesso.

Non voglio quindi in alcun modo alimentare l’illusione che, una volta formalmente emanato
un impianto di regole astrattamente conformi ai migliori principi internazionali, l’opera sia
compiuta.

Occorrerà innanzitutto rendere effettiva l’applicazione delle norme.
Non penso soltanto all’intensificazione di controlli o sanzioni da parte dell’autorità di
vigilanza, che dovrà certo esserci, ma che non potrà essere il fattore determinante di successo se non
sarà accompagnata da una convinta adesione degli intermediari al progetto di cambiamento.

È un cambiamento di carattere culturale che richiede tempi lunghi, ma da subito si può
investire nella formazione del capitale umano che è la risorsa fondamentale per portarlo avanti.

In quest’area si può intervenire con un progetto di lungo periodo, ridefinendo l’intero
percorso degli studi, ma anche nel breve-medio termine, con una rivisitazione dell’offerta di corsi di
specializzazione post-laurea da parte dell’Università sammarinese.

Parlando in termini più specifici del sistema finanziario, la formazione delle risorse umane
non deve essere circoscritta pensando solo a chi lavora nelle strutture operative delle imprese, ma
deve essere estesa fino ai livelli più elevati della governance aziendale.

In tale ottica, l’assunzione di incarichi nei consigli di amministrazione, nei collegi sindacali,
nelle alte direzioni, e nelle società di revisione di banche e società finanziarie non deve essere
considerata alla stregua di un’onorificenza o di un titolo aggiuntivo per il curriculum personale.

Chi riveste tali responsabilità deve anche avere la consapevolezza che non è più sufficiente
avere come unico punto di riferimento il soddisfacimento degli interessi e delle aspettative degli
shareholder.

Quel tipo di imprese è sempre più chiamato, soprattutto in contesti concorrenziali, a rendere
conto alla più vasta platea di stakeholder.

4.4. Riformare i settori dello Stato e del sistema finanziario la cui efficienza e modernità orienta
le scelte di investimento verso le varie giurisdizioni
Se si accetta che il modello sinora seguito ha esaurito buona parte della sua spinta propulsiva
e che ciò ha determinato un oggettivo ritardo nel riposizionamento verso il diverso modello
richiesto dall’integrazione internazionale, allora consentitemi una provocazione:

il sistema finanziario sammarinese avrebbe grande giovamento se trovasse l’umiltà di mettersi
completamente in discussione come se fosse un vero e proprio emerging market.

La Banca Centrale ha intrapreso questo tipo di esercizio, partendo dalla ricognizione dei
profili che gli osservatori esterni considerano quando valutano se un certo Paese può o meno attirare
investimenti.

Enuncio rapidamente quelli principali:

o stabilità politica e macroeconomica;

o apparati istituzionali e amministrativi funzionali a sostenere dinamiche economiche
complesse;

o certezza del diritto e delle relative tutele in sede amministrativa e giurisdizionale (soprattutto
nei settori del diritto societario, commerciale, del lavoro, tributario, del diritto internazionale
privato);

o inclusione nelle “white list” (o, a seconda dei casi, esclusione dalle “black list”) che, a vario
titolo, le organizzazioni internazionali promuovono al fine di valutare la conformità delle
singole giurisdizioni agli standard internazionalmente accettati;

o presenza di autorità di settore autorevoli e autonome che, attraverso un’adeguata
accountability, possano fornire rassicurazioni sul grado di stabilità del sistema e della
protezione degli investitori.

L’ampiezza e la trasversalità dei temi, che vanno ben oltre i limiti del solo sistema finanziario,
rende subito evidente che senza il più ampio coinvolgimento di tutte le forze politiche,
imprenditoriali e sociali del Paese sarà difficile fare molta strada.
Soprattutto perché si tratta di affrontare impegni per i quali le limitate dimensioni territoriali e di
popolazione sono fonte più di diseconomie che non di economie di scala.

5. LA COSTITUZIONE DI UN GRUPPO DI LAVORO CONGIUNTO DI AUTORITÀ DI VIGILANZA E
ASSOCIAZIONI BANCARIE PER L’INDIVIDUAZIONE DI SOLUZIONI SPECIFICHE AI PROBLEMI DEL
COMPARTO

È nata così l’idea di costituire un gruppo di lavoro congiunto, che riunisce autorità monetarie
e industria bancaria e finanziaria, nell’intento di mettere a fattore comune conoscenze, competenze,
idee e contributi per l’individuazione e il superamento delle criticità del comparto.

L’obiettivo è, da un lato, quello di attuare subito le soluzioni pratiche che possono essere
individuate autonomamente dal sistema stesso e, dall’altro, di formulare proposte specifiche agli
organi politici competenti per le aree in cui si ravvisa l’opportunità di riforme legislative o
interventi di policy.

Trovo molto incoraggiante che l’iniziativa sia stata accolta favorevolmente sia dai Segretari
di Stato sia dalle associazioni di categoria e che il gruppo abbia subito iniziato i propri lavori,
agevolato dalla recente importante unificazione delle due associazioni bancarie.

Tra le tematiche sulle quali il gruppo di lavoro ha deciso di concentrarsi in via prioritaria ve
ne sono alcune strettamente attinenti all’attività degli intermediari finanziari, quali la funzionalità
del sistema dei pagamenti, l’operatività transfrontaliera di banche e finanziarie e gli strumenti di
protezione sistemica.

Altre sono d’interesse molto più generale.
Mi riferisco all’esigenza emersa di riforme legislative in materia di imposte sulle rendite
finanziarie e di mercato del lavoro.

La prima tematica coinvolge la politica fiscale, che resterà la principale leva incentivante
consentita dalla sovranità statuale.

È avvertita l’esigenza di portare avanti il progetto, avviato qualche tempo fa, di
razionalizzazione delle imposte sulle rendite finanziarie, per adeguare un impianto frammentato,

disomogeneo e arretrato rispetto all’evoluzione registrata nel mondo degli strumenti finanziari e dei
prodotti assicurativi.

La seconda tematica è connessa alla strutturale necessità che le imprese incontrano di
reperire risorse umane oltre il limitato bacino del mercato domestico e che renderebbe auspicabile
una revisione della normativa sui rapporti di lavoro con soggetti non residenti.

Nell’ottica del presente convegno è utile che il dibattito su tali argomenti d’interesse
trasversale per la collettività si diffonda anche in altre sedi interessate.
Un metodo di lavoro basato sulla maggiore condivisione possibile dei problemi e delle
proposte di soluzione non può che favorire un processo di comunicazione virtuosa.

6. LA CENTRALITÀ DI UNA STRATEGIA DELLA COMUNICAZIONE
Ed è proprio la questione della comunicazione l’ultimo, ma non meno importante argomento
che sottopongo oggi all’attenzione dell’uditorio.

San Marino soffre da tempo di una crisi d’immagine e di reputazione in larga parte dovuta
agli effetti di una campagna di comunicazione negativa.

Spesso incidono pregiudizi alimentati, oltre che da oggettive situazioni di criticità, anche da
retaggi del passato e dalla scarsa conoscenza di cosa effettivamente si sta facendo per il
cambiamento.

È quanto mai necessaria, allora, una vera e propria strategia di comunicazione in grado di
veicolare messaggi corretti, che non siano di mera propaganda, sulle azioni intraprese e su quelle
programmate.

Si favorirà così anche una maggiore coesione all’interno del Paese, formando e informando
l’opinione pubblica sull’effettiva portata dei problemi, sui costi e benefici delle azioni, ma anche
dell’inerzia.

Allorché giunge il momento di assumere decisioni fondamentali per il futuro della
cittadinanza, le scelte dovrebbero risultare allora meno condizionabili da reazioni emotive derivanti
da informazioni parziali o non corrette.

6. CONCLUSIONI

Le difficoltà che il sistema finanziario sammarinese oggi sta affrontando sono serie e
nessuno intende nasconderle.

È quindi comprensibile che la maggior parte delle risorse siano oggi dedicate a interventi
d’urgenza per risolvere emergenze e mettere in sicurezza l’esistente.

Il sistema attuale potrà uscirne ridimensionato, anche in modo significativo, ma ciò non deve
impedire di guardare oltre e di attivarsi da subito per impostare un nuovo percorso che dischiuda
opportunità notevoli e tuttavia neanche immaginabili finché si rimane intimoriti e passivi a
contemplare il declino di un modello superato.

La tutela del segreto bancario, o meglio del diritto alla riservatezza sulle informazioni di
natura bancaria, potrà trovare nuovo sviluppo nel campo dei diritti della persona e non come diritto
assoluto – che per la verità non è mai stato – a sottrarsi a obblighi nei confronti del proprio Stato di
residenza.

Grazie.

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