Civico10 sul referendum ‘Salva stipendi’

Civico10 sul referendum ‘Salva stipendi’

Il referendum cosidetto salvastipendi, che sarà votato il 20 Ottobre prossimo, rappresenta sicuramente una sconfitta sia della contrattazione collettiva (in particolare del sindacato, da tempo debole ed incapace di ottenere buoni condizioni normative e retributive per i lavoratori) sia del Governo, che da tempo si disinteressa di quello che succede ai tavoli della contrattazione e non ne favorisce il buon esito con alcuno strumento fiscale o normativo.

Essere arrivati a dover proporre un vincolo, una rigidità così forte per cercare di superare questo stato di cose e tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori è indubbiamente sintomo di un problema più profondo che riguarda le parti sociali e il Governo, che porta da tempo a non guardare più gli interessi generali dell’economia e dei suoi protagonisti (lavoratori e imprese) ma solo il proprio specifico interesse particolare.

Noi pensiamo che la finalità del referendum sia condivisibile: tutelare il potere d’acquisto dei salari e velocizzare, almeno in teoria, la conclusione dei contratti.

Crediamo anche che lo strumento scelto per raggiungere l’obiettivo non sia forse quello più corretto, perché creando questa rigidità si rischia di bloccare, di fatto, la contrattazione: nei periodi di espansione economica le imprese potrebbero essere incentivate a non sedersi al tavolo e a dare “solo” l’inflazione anziché premiare con salari più alti e ampliando i diritti seguendo l’incremento delle performance aziendali, mentre in periodi di magra c’è il rischio che sia il sindacato a non voler scendere sotto all’inflazione, obbligando le imprese a subire un costo superiore a quello che possono permettersi o ancor peggio a ridurre i diritti dei lavoratori a fronte del mantenimento della rigidità.

Senza contare ciò che potrebbe succedere nella PA, dove il rischio licenziamento non c’è e quindi sarebbe facile per il sindacato chiedere sempre l’inflazione, provocando un aumento forte di costi per lo Stato.

Ma questi sono solo possibili scenari, per quanto realistici e verosimili.

Ciò che potrebbe accadere nella pratica non lo sa nessuno, dipenderebbe da come i sindacati, le imprese e il Governo si approccerebbero alla mutata realtà e come tratterebbero quel “vincolo”. Potrebbe essere considerto un modo per essere ancora più rigidi l’uno con l’altro o come un modo per venirsi incontro e “capire meglio” ciò che l’economia può permettersi.

È questa “speranza” di un cambio di mentalità nelle parti sociali, che però auspichiamo, che ci spinge a non dare, su questo referendum, una chiara indicazione di voto, pur sottolineando i grandi rischi che questo referendum avrebbe oggi nelle attuali condizioni e con gli attuali rapporti fra le parti sociali stesse.

Esistono comunque delle politiche migliori per favorire i lavoratori e tutelare la contrattazione:
1) incentivare la contrattazione aziendale di secondo livello. È nelle aziende che si possono ottenere e premiare gli incrementi di produttività; è nelle aziende che si possono tarare al meglio le esigenze di competitività; ed è anche corretto che per aziende diverse, con livelli di efficienza diversi, vi siano salari diversi, in modo che anche i lavoratori siano incentivati a lavorare al meglio in quella determinata azienda. Su questo tema serve una grande riflessione e una serie di incentivi affinché la contrattazione aziendale possa partire e consolidarsi e affinché i lavoratori e le imprese ne possano godere i frutti;

2) la previsione per cui gli incentivi di qualsiasi genere (dagli sgravi fiscali al credito agevolato, ecc…) possano essere concessi solo alle aziende che non applichino un contratto scaduto, dando spazio eventualmente ad un contratto aziendale in caso di mancanza di contratto collettivo;

3) la defiscalizzazione, nei periodi di crisi economica, di una parte degli incrementi retributivi se questi sono superiori agli incrementi della produttività del lavoro; in questo modo si manterrebbe anche in periodo di crisi il potere d’acquisto degli stipendi senza pesare troppo sulle imprese e senza rischiare licenziamenti, generando quindi benefici per i consumi e l’economia.

Soluzioni certamente più strutturali e sostenibili, con meno effetti negativi potenziali, con una forte valorizzazione della contrattazione e una forte responsabilizzazione delle parti sociali. Questo è l’obiettivo da raggiungere per noi.

 

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy