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Conti della ’ndrangheta (e non solo) a San Marino
Luca Rinaldi
Ancora una volta sotto la lente di ingrandimento finiscono gli enormi
interessi e denari del narcotraffico, in cui la ‘ndrangheta opera
a livello mondiale con i cartelli sudamericani più importanti e potenti.
Nell’inchiesta sono documentati i traffici gestiti da Vincenzo Barbieri, uomo
importante della cosca Mancuso, ucciso nel marzo scorso. Il ruolo del Credito
Sammarinese sarebbe al centro di un circuito complesso di riciclaggio e
reimpiego dei proventi del narcotraffico.
Ieri le agenzie dalle prime ore del mattino battono la notizia di
dieci ordinanze di custodia cautelare emesse dalla procura di Catanzaro
che toccano diverse regioni d’Italia. Niente di particolarmente nuovo,
anche se suona sempre strano sentire di ‘ndrangheta in Liguria, Emilia Romagna e
Umbria. Ma di questo ne abbiamo sempre parlato diffusamente sul mio blog. Altre
regioni coinvolte nell’operazione sono Lazio e Calabria. In coda appare anche
uno stato estero nel cuore dell’Italia: la Repubblica di San Marino.
Si
apprende infatti che, nell’ambito dell’odierna operazione, gli inquirenti hanno
ricostruito la storia di alcuni conti correnti nella disponibilità dei
cosiddetti colletti bianchi della ‘ndrangheta. Conti correnti tutti accesi sul
monte Titano con l’obiettivo di riciclare i proventi del
narcotraffico.
Ancora una volta sotto la lente di ingrandimento
finiscono gli enormi interessi e denari del narcotraffico, in cui la
‘ndrangheta opera
a livello mondiale con i cartelli sudamericani più importanti e potenti.
Nell’inchiesta sono documentati i traffici gestiti da Vincenzo Barbieri, uomo
importante della cosca Mancuso, ucciso nel marzo scorso. Il ruolo del Credito
Sammarinese sarebbe al centro di un circuito complesso di riciclaggio e
reimpiego dei proventi del narcotraffico.
Il monte Titano non è nuovo a
rapporti poco chiari con le cosche delle mafie italiane. Mafie al plurale perché
il tranquillo staterello scolpito dentro lo stivale ha visto
materializzarsi i contatti con le tre principali mafie italiane: Cosa Nostra,
‘Ndrangheta e Camorra.Nell’ambito dell’inchiesta catanzarese,
arrivata ieri alla conclusione con gli arresti, San Marino aveva già visto un
certo trambusto nelle scorse settimane. L’8 luglio scorso veniva infatti
arrestato, su disposizione del giudice sammarinese Rita Vannucci dopo la
richiesta della DDA di Catanzaro, Valter Vendemini, ex direttore del Credito
Sammarinese. Il reato ipotizzato dai magistrati era proprio quello del
riciclaggio, con la scoperta di un conto aperto da Vincenzo Barbieri,
uomo della cosca Mancuso.
La Banca Centrale della Repubblica di San
Marino ha poi nominato un commissario, individuandolo in un locale funzionario
dell’Interpol: Maurizio Faraone. Intanto veniva commissariata anche la
società fiduciaria controllata dal Credito Sammarinese, la
Polis.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale
di Catanzaro su richiesta della procura distrettuale antimafia.
Tuttavia
occorre non dimenticare come questa non sia la prima volta che San Marino
finisce a stretto contatto con le mafie italiane. Contatti che la politica del
monte Titano ha inizialmente negato ma che in qualche modo ha poi dovuto
ammettere, pur chiudendo sempre un occhio, a volte anche due sulle operazioni di
banche e finanziarie.
L’ex magistrato, oggi sindaco di Napoli Luigi De
Magistris, puntò i riflettori dell’inchiesta Why Not proprio a San Marino, in
quanto sede, secondo le indagini di De Magistris di una cupola
massonico-affaristica. Non riuscì a provarlo, forse per l’inconsistenza tecnica
delle sue indagini.
Ma De Magistris non è l’unico a virare verso il monte
Titano, poco dopo di lui lo fanno il pentito della ‘ndrangheta Francesco Fonti e
i pubblici ministeri di Forlì, Fabio Di Vizio e Marco Forte, che individuano un
fitto giro di riciclaggio entro le mura dello stato di San Marino, con palesi
difficoltà nell’ottenimento e nelle esecuzione delle rogatorie internazionali
per accedere ai conti della Cassa di Risparmio di San
Marino.
Sono le inchieste “Varano” e “Re Nero” a far emergere
come San Marino intrattenga pericolosi rapporti con la malavita di stampo
mafioso. Nel’inchiesta “Re Nero”, in particolare si adduceva ai
contatti tra il clan Parisi di Bari e una serie di scatole cinesi che arrivano
fino al monte Titano.
Ma le mafie si fanno sentire, e vedere, per chi le
sa guardare o per chi le vuole vedere, anche in campo imprenditoriale. Come
riportato anche da Roberto Galullo (uno dei giornalisti più attenti alle vicende
che riguardano le mafie a San Marino) de Il Sole 24 Ore sul
suo blog, a San Marino arrivano pure i casalesi. E gli imprenditori lo
scoprono pure prima dei magistrati.
Scrivono i sindacati sammarinesi il
31 agosto del 2010
“Quattro aziende – Burgagni Imbiancatura, Edil Tinteggiatura,
Style Decor, B & B Tecnology – riconducili allo stesso imprenditore, hanno o
hanno avuto un comune destino: non pagano i dipendenti, falliscono o rimangono
senza dipendenti. Perché le autorità politiche continuano a rilasciare società
che fanno capo a personaggi così poco affidabili? Oggi la Style Decor, azienda
di tinteggiatura, chiude i battenti. E lo fa dopo aver lasciato a lungo senza
retribuzione i propri dipendenti. Gli attuali dipendenti sono 6, ma i lavoratori
creditori in tutto sono 11, che hanno maturato molte mensilità non pagate, per
un ammontare ciascuno di circa 15mila euro. Oltre a non versare i salari,
l’azienda non paga da tempo per i dipendenti i contributi ISS e pensionistici, e
la Cassa Edile. Pertanto, i lavoratori non possono percepire neanche quanto
spetta loro dalla Cassa Edile. Sembra altresì che vi sia un atto di sequestro
dei beni aziendali da parte di Banca Centrale (ma quali beni
aziendali?)”.
La vicenda si ricollega all’inchiesta con cui la procura di Bologna colpì, lo
scorso 15 marzo, una compagine criminale guidata dai casalesi che operava in
Emilia Romagna e anche in quel di San Marino. Sodalizio che teneva
imprenditori sotto schiaffo con intimidazioni, usura, richieste di denaro e
minacce. Senza contare che alcune di queste richieste di denaro, si
legge nell’inchiesta, sarebbero poi sfociate in sostegni per alcuni detenuti
siciliani.
Ma non è finita, perché poco più di un mese fa, le indagini
dello dello SCO e del GICO di Caltanissetta hanno dato seguito all’operazione
‘Tetragona’, conclusasi con 63 arresti sull’asse Gela, Genova e Varese. A
riportarci sulla strada di San Marino è una intercettazione telefonica. I
protagonisti sono Rosario Vizzini, imprenditore, uomo d’onore appartenente alla
potente famiglia dei Rinzivillo e Pietro Antonio Caielli, meglio conosciuto come
“il geometra”, definito dai magistrati come “il factotum di Vizzini Rosario,
da questi direttamente coinvolto nell’ampio spettro di attività criminali
ascrivibili al sodalizio mafioso gelese operante nella zona di Busto
Arsizio“.
A dare il primo indizio verso San Marino è Caielli al
telefono con una persona non indagata. Caielli giura di aver girato, con tanto
di testimoni e assegni i 25mila euro dovuti a Vizzini, il tutto tramite una
banca sammarinese. Mentre in una intercettazione tra Vizzini e Caielli
si fa esplicito riferimento ad un assegno portato presso una banca sul monte
Titano.Alla luce del nuovo episodio, probabilmente anche i
magistrati di Caltanissetta dovrebbero richiedere una rogatoria internazionale
per approfondire il sistema dei Rinzivillo, per quanto riguarda il contatto con
San Marino.
Per decenni quello della mafia è stato un problema
sottovalutato tra le mura sammarinesi. Le risposte non sono arrivate,
timidamente il Segretario alla Giustizia Augusto Casali prova a recuperare il
terreno perso facendo autocritica, ma proponendo soluzioni ancora troppo opache
e inconsistenti. L’inerzia non è buona consigliera, soprattutto in fatto di
trasparenza. Proprio quella trasparenza la cui negazione è a fondamento di
alcuni Stati impiegati per operazioni che di trasparente non devono avere nulla.