Corriere della Sera, Andrea Pasqualetto. Indagine Chalet, fatture false in Veneto

Corriere della Sera, Andrea Pasqualetto. Indagine Chalet, fatture false in Veneto

Corriere della Sera

Due articoli di Andrea Pasqualetto

Primo articolo

L’inchiesta
Fatture false
e soldi dirottati su una società con sede a San Marino

 La
segretaria di Galan e il costruttore arrestati per fondi neri
milionari

In cella i vertici della Mantovani, che lavora a Mose
ed Expo

 Di qua il gruppo Mantovani, colosso veneto delle costruzioni capace di aggiudicarsi una lunga serie di grandi appalti per opere pubbliche, dal Mose al Passante di Mestre, dal Terminal di Porto Levante a quello di Fusina, fino alla piattaforma dell’Expo di Milano 2015. Di là un ufficio di 50 metri quadri, sulla cima del monte Titano, a San Marino, nel quale una piccola società di brokeraggio avrebbe emesso per anni a favore del gruppo Mantovani centinaia di fatture considerate false dalla procura di Venezia, nel senso che dietro a quella carta e a quegli importi non ci sarebbe stata alcuna fornitura reale di servizi ma il solo obiettivo di pagare meno tasse e creare fondi neri. Circa 10 milioni di euro di euro in sei anni, dal 2006 al 2012. Per il pm lagunare Stefano Ancillotto, che ha lavorato con i nuclei di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia e Padova, ce n’era abbastanza per chiedere e ottenere alcuni arresti eccellenti che potrebbero scoperchiare un grande pentolone di malaffare. La stessa società sanmarinese, la Bmc broker di William Ambrogio Colombelli, lavorava anche, seppure per importi minori, con il Consorzio Venezia Nuova, Veneto Strade, Veneto Acque, Autorità portuale, Palomar, Dolomiti rosse, Thetis, tutte realtà che gravitano nel settore delle opere pubbliche del Nord Est. In carcere per associazione a delinquere finalizzata all’emissione e utilizzo di fatture false sono finiti in quattro: Colombelli, cinquantenne di origini bergamasche sedicente «console di San Marino accreditato presso la Regione Veneto »; Claudia Minutillo, 49 anni, ex segretaria di Giancarlo Galan diventata imprenditrice con la Adria Infrastrutture e, sottolinea il gip di Venezia nelle 222 pagine di ordinanza, «socia occulta della Bmc broker di San Marino»; Piergiorgio Baita, sessantaduenne veneziano, presidente e socio della Mantovani spa, uno degli industriali più potenti del Veneto già arrestato e poi prosciolto nei primi anni Novanta nell’ambito della Tangentopoli veneta; e Nicolò Buson, padovano di 56 anni, responsabile amministrativo del gruppo di costruzioni. Il gip, Alberto Scaramuzza, ha disposto una raffica di perquisizioni e il sequestro di abitazioni, conti correnti e barche. Oltre ai quattro finiti in carcere, sono indagati altri venti fra imprenditori, manager, amministratori, consulenti e pure un funzionario di polizia, il vicequestore aggiunto di Bologna, Giovanni Preziosa, il quale ha subito una perquisizione negli uffici del Commissariato. Per lui l’accusa è di accesso abusivo al sistema informatico. «I correi hanno tentato di influire sulle indagini in corso attraverso soggetti interni all’organo inquirente», scrive il giudice. In un file audio sequestrato a Colombelli e registrato dallo stesso all’insaputa di Baita, l’imprenditore è preoccupato: «Vado da lui per capire perché il maresciallo vuole vedere di nuovo Vanessa, doveva essere sospesa e bloccata da dentro». Molte le intercettazioni telefoniche, in particolare fra Colombelli e Minutillo. «Io l’ho fatturato e tu c’hai guadagnato, li hai portati a casa, tu hai portato a casa in questi anni tutto questo nero», dice Colombelli. In un’altra spunta il nome di Giancarlo: «La cosa è arrivata da Giancarlo… Vi siete portati a casa la bellezza di 8 milioni di euro in sei anni che ti ho consegnato personalmente ». Due milioni, il 20%, li avrebbe tenuti per sé. «Non era nero ma il corrispettivo di servizi», si difende lui. Gli investigatori vogliono capire in quali tasche sono finiti gli altri otto. 

++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

                                                                 Secondo  articolo

Il personaggio

 «Il
denaro? Una mediazione» Ascesa e caduta della Dogaressa
 

La carriera.
Dalla collaborazione con l’ex governatore al mondo delle costruzioni

VENEZIA—Aria manageriale, modi spicci, un filo di trucco, un filo di tacco. La chiamavano «Dogaressa» nonostante del Doge fosse solo la segretaria. Il Doge cioè Giancarlo Galan, allora governatore del Veneto, poi ministro, ora parlamentare. Si capiva bene che non sarebbe finita lì, con Galan, la sua ascesa. Dopo l’addio al grande capo del 2005, Claudia Minutillo ci prova infatti da imprenditrice. E parte proprio da San Marino, dove sfrutta la conoscenza di Ambrogio William Colombelli per entrare in società con lui nella Bmc broker, ora al centro dell’indagine veneziana. Lavorano nel Veneto e a Venezia in particolare, soprattutto con la Regione dove lei conosce e sa. La Bmc si aggiudica la pubblicità del Sistema metropolitano regionale, l’organizzazione di cerimonie varie, come quella del Porto. Poi il salto di qualità: Adria infrastrutture. Qui si parla di cemento, appalti, opere pubbliche. Qui la lingua è quella di Piergiorgio Baita, il patron della Mantovani che nel mondo delle costruzioni domina da sempre. Claudia diventa il suo braccio destro, consigliere e amministratore delegato della società. I guadagni s’impennano e lei, passo dopo passo, appalto dopo appalto, sale. Guida l’associazione di imprese che deve realizzare il collegamento fra l’autostrada A4 verso il mare. E sempre la Adria infrastrutture si occupa di un tratto del passante Alpe Adria da Longarone a Tarvisio. Ma l’asfalto non basta. Ci prova con l’editoria ed è consigliere delegato di una rete di società che pubblica giornali locali, il Venezia, il Verona, il Treviso, il Padova, il Mestre. Mantiene sempre un occhio di riguardo per Baita e strizza l’altro a Colombelli. A San Marino «è con lui ed è socio occulto della Bmc», scrive ora il giudice per le indagini preliminari di Venezia che ha disposto la sua carcerazione. Gli contesta di aver prelevato con regolarità mensile dai conti degli istituti di credito dello staterello milioni e milioni di contante. Secondo l’accusa sarebbero i fondi neri del gruppo Mantovani, che lei andava a monetizzare ogni due mesi appena la società accreditava il bonifico a fronte delle fatture emesse dalla Bmc e ritenute false dai pm: 225mila euro nel 2005, oltre un milione nel 2006 e sempre più su, fino ai 2.730 mila del 2009. «Vi siete portati a casa la bellezza di 8 milioni di euro in sei anni che ti ho consegnato personalmente», gli ricorda al telefono, intercettato, il socio sanmarinese. E lei, che dice? «Che la sua era un’attività di mediazione», riferisce il suo legale, Carlo Augenti, sospirando: «Ma non si può arrestare una persona per evasione fiscale».   

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy