Don Mangiarotti: “Nella politica l’esempio dei grandi”

Don Mangiarotti: “Nella politica l’esempio dei grandi”

Don Gabriele Mangiarotti: “Nella politica l’esempio dei grandi”

In questi giorni due ricorrenze ci aiutano a riscoprire la bellezza e il fascino di una fede che – incarnandosi – rende più umana la vita e la convivenza civile. Sono passati 10 anni dalla storica visita di Papa Benedetto XVI alla Diocesi e alla Repubblica, quella visita ricordata dal bel servizio della TV di San Marino col titolo indovinato dalla direttrice Carmen Lasorella: “Un giorno benedetto”. E non possiamo dimenticare l’invito del Papa ad essere cristiani “presenti, intraprendenti e coerenti”, e il suggerimento a tutti coloro che hanno a cuore il bene comune di riconoscere che “la Chiesa si impegna affinché le legislazioni civili promuovano e tutelino sempre la vita umana, dal concepimento fino al suo spegnersi naturale. Inoltre, chiede per la famiglia il dovuto riconoscimento e un sostegno fattivo. Ben sappiamo, infatti, come nell’attuale contesto l’istituzione familiare venga messa in discussione, quasi nel tentativo di disconoscerne l’irrinunciabile valore”.

La seconda ricorrenza è legata alla oramai tradizionale festa di S. Tommaso Moro, con l’invito ai politici di riconoscersi al servizio di un popolo e della convivenza civile secondo i principi della libertà, della giustizia e della verità.

Non posso che ricordare quanto, sempre Papa Benedetto, ci ha insegnato rispetto alla straordinaria figura di S. Tommaso Moro: “E, in verità, le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi, in termini sempre nuovi, con il mutare delle condizioni sociali. Ogni generazione, mentre cerca di promuovere il bene comune, deve chiedersi sempre di nuovo: quali sono le esigenze che i governi possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi? A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali? Queste questioni ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile. Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia. […] La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi”. 

Vivendo consapevolmente queste circostanze, non posso che emozionarmi di fronte a quanto accaduto nel Consiglio Grande e Generale, in cui si sono affrontati anche i temi della difesa della vita. E mi pare che alcuni interventi siano la realizzazione di quanto abbiamo sopra appreso.

“Vorrei esprimere alcune considerazioni su concetti di cui ho sentito parlare in queste settimane: si parla di ‘interrompere la gravidanza’: generalmente, però, si interrompe qualcosa che poi si può riprendere; a mio modo di vedere, invece, con l’aborto si sta terminando la gravidanza, in un modo che non è quello ordinario; si parla di ‘dodicesima settimana’: a mio modo di vedere si tratta di una scelta arbitraria, cosa cambia tra dodicesima e la tredicesima settimana? L’evoluzione della creatura nel grembo della madre è un qualcosa di costante, nelle prime settimane si tratta di un processo molto più veloce rispetto alle ultime. Già dalla quarta settimana si riconosce la sagoma dell’essere umano (occhi, mani, piedi). Intorno alla sesta/ottava settimana si scorgono persino le palpebre. Se questo avviene a otto settimane, perché si deve consentire di terminare la gravidanza a dodici? Si parla di “vizi o malformazioni del feto”: i bambini disabili, nonostante le difficoltà, possono essere bambini felici. Trovo terribilmente ingiusto questo concetto: un bambino malato non merita di vivere? Non penso, semmai lo curiamo. Per non parlare poi del fatto che si tratta di calcoli probabilistici: se c’è probabilità di avere un problema cardiaco? Le parole hanno il loro significato, vanno ben ponderate. Si è poi molto parlato di diritto di autodeterminazione della donna, ma a mio modo di vedere si tratta di una etero determinazione: l’autodeterminazione riguarda me stesso, se c’è in ballo un’altra creatura è ben diverso. In tutto questo, poi, i padri non sono minimamente considerati, come se non avessero il minimo diritto di decidere. Non lo trovo giusto, mi risulta che nel mettere al mondo un figlio la responsabilità sia di entrambi i genitori” [Gaetano Troina] 

Ed abbiamo ascoltato questa riflessione e non possiamo nasconderci di fronte alle domande poste:

“Le conoscenze scientifiche sul feto ci dicono che lo sviluppo prenatale non fa ‘salti’ da uno stadio all’altro, ma è un processo continuo. Il bambino fin dall’inizio, dal concepimento è un essere umano, lo dice la comunità scientifica. Un sondaggio, svolto nel 2019 in America, che ha coinvolto più di 5000 biologi in merito alla domanda: ‘quando inizia la vita di un essere umano’, circa il 95% dei biologi intervistati ha risposto ‘al momento del concepimento’. Faccio presente che l’85% degli intervistati si era dichiarato favorevole all’aborto, ma la risposta è stata: ‘la vita umana inizia al momento del concepimento’. Quindi come può una società civile e democratica legalizzare un omicidio? È una vita umana ed è anche un figlio. A me viene spontanea questa domanda: perché di fronte alla mentalità abortista così diffusa, all’impressionante numero di aborti praticati e di fronte alla tenace volontà di confermare ed allargare la legalità dell’aborto, perché la società contemporanea non sa più inorridire quando è di fronte ad una cultura di morte?” [Aida Maria Adele Selva] 

Quante volte anche in questi giorni abbiamo sentito appelli a una politica che salvaguardi le regole fondamentali della democrazia. E la prima forma di democrazia è la difesa della vita umana, soprattutto di quella più debole e indifesa, che è in sostanza la speranza della nostra civiltà.

 

 

Don Gabriele Mangiarotti

 

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