Due giorni di dibattiti sterili. RETE, Liberamente San Marino, Luca Lazzari

Due giorni di dibattiti sterili. RETE, Liberamente San Marino, Luca Lazzari

Il dibattito consigliare sui referendum avrebbe dovuto indagare l’intendimento più profondo espresso attraverso il voto, cercare di fare proprio il sentimento del Paese. Nella pratica è stato usato dal governo e dalla maggior parte delle forze politiche per punire quei pochi consiglieri rimasti a non conformarsi alla tendenza generalizzata, che vede nella democrazia e nel confronto con il popolo una scocciatura e un reato di lesa maestà. 

Le conclusioni? La cittadinanza ha votato così, ma intendeva cosà! E chi deve interpretare quel “cosà” è il consiglio, ovviamente. Cioè, nella fattispecie, a interpretare cosa voleva dire chi ha votato “sì” sarà chi, in grande maggioranza, ha sostenuto i no. 

Per il resto si è sentito di tutto: “i cittadini non hanno capito i quesiti”, “i cittadini sono stati circuiti”, “i cittadini possono esprimere un preferenza, con un referendum, poi però sta agli eletti interpretarla”, “i residenti all’estero non hanno votato perché erano per il no”. L’idea che i cittadini volessero proprio votare così come hanno votato ha fatto capolino ben poche volte. 

Ma del resto ad alcuni politici i cittadini fanno comodo solo quando votano per loro, poi per cinque anni meglio non si facciano vivi e lascino fare. 

Da parte nostra, abbiamo richiesto che gli esiti dei quesiti referendari non siano sottoposti a interpretazioni estensive e che vengano attuati nella loro forma sostanziale. In tal senso, ci preoccupa, e non poco, l’intenzione espressa da parte di alcuni gruppi di maggioranza così come di opposizione, di formare un tavolo allargato, per definire – a loro dire – le modalità d’intervento più adeguate. In genere, dietro a queste manifestazioni buoniste, si nascondono sempre dei giochi politici, o peggio, il tentativo di passivizzare gli effetti dei proponimenti referendari. Sarebbe, per esempio, beffardo – come hanno già iniziato a vociferare taluni – compensare l’abolizione del quorum con un l’aumento delle firme necessarie per avviare al responso elettorale i referendum.   

Eventuali ulteriori modifiche alle leggi interessate dai referendum è bene rimandarle ad un momento successivo o, meglio ancora, attendere che il Consiglio sia rigenerato dalle prossime elezioni politiche, augurandoci sia meno sprezzante verso il popolo e le sue decisioni.  

Per quanto riguarda il referendum sul polo della moda, abbiamo chiesto al governo – stante le forti perplessità comunque espresse dalla metà dei votanti – di creare maggiori tutele rispetto ai possibili impatti negati che saranno causati dal grande inserimento commerciale, così come ritentare una rinegoziazione con gli investitori per obbligarli a impegni più specifici e concreti.  

L’OdG presentato ha ottenuto 7 voti (oltre ai sottoscritti solo Augusto Casali, legale rappresentante di uno dei quesiti), ma questo era ovvio dato lo scontro in corso e gli interessi di coalizione trasversale presenti in aula. 

Oltre al nostro, erano stati presentati altri 3 OdG. Due considerati non accoglibili, uno non riguardante i referendum ma la realizzazione di un parco a Serravalle… 

Dunque cari concittadini due giorni di Consiglio sono stati persi in rappresaglie politiche e sceneggiate disperate. La volontà popolare è rimasta sullo sfondo. Questa esperienza ci è servita una volta di più a rafforzare il nostro convincimento: noi tra il palazzo e la piazza scegliamo la piazza. Non quella asettica e alienante di una costruzione artificiale, ma quella del paese, in cui ci piace confrontarsi con chi le sue contraddizioni e i suoi problemi, li vive.

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