Falchi Neri (Balck Hawks), con risvolti a San Marino. Usura a Milano

Falchi Neri (Balck Hawks), con risvolti a San Marino. Usura a Milano

Corriere della Sera on line

TAGLIEGGIAVANO GLI IMPRENDITORI IN DIFFICOLTÀ CHIEDENDO INTERESSI DEL 20% AL MESE

Usura, presi i due boss con la Ferrari che non usavano mai il telefono

Arrestati i cugini Facchineri e altri 21 indagati, sequestrate ville e automobili di lusso. Corrotto anche un vicebrigadiere

 

MILANO – Utilizzavano la loro «fama criminale» in quanto appartenenti alla ’ndrangheta per riscuotere, con i classici metodi mafiosi, crediti contratti con diversi imprenditori in difficoltà economiche. I soldi erano dati in prestito a interessi da usura, del 20% al mese. Con queste accuse pubblico ministero Giuseppe D’Amico ha ordinato l’arresto dei cugini Vincenzo e Giuseppe Facchineri, finiti in manette insieme ad altre 21 persone nell’ambito di un’inchiesta che ha coinvolto, con l’accusa di corruzione, anche un vicebrigadiere dei carabinieri in servizio a Monza, Salvatore Russo. La famiglia ‘ndranghetista dei Facchineri, originaria di Cittanova (Reggio Calabria) e radicata nel capoluogo lombardo, è ancora legata altri clan come gli Arena e i Pesce. In passato hanno gestito traffici di droga e armi, ora si erano dati con grande successo all’usura.
LE VILLE E LA FERRARI – Tra i reati contestati ci sono riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, usura, estorsione, truffa, sostituzione di persona, trasferimento fraudolento di valori, associazione a delinquere, furto aggravato, ricettazione e evasione, e anche corruzione nel caso del vicebrigadiere dei carabinieri. Sequestrati beni mobili e immobili per oltre 5 milioni di euro, tra cui nove ville in provincia di Monza, Modena e Bologna e cinque automobili di lusso tra cui una Ferrari Maranello.
MAI AL TELEFONO – Nessuno degli imprenditori vittime degli usurai ha mai avuto il coraggio di denunciarli. Peraltro, i cugini non parlavano mai al telefono, per non essere intercettati. L’inchiesta «Black Hawks» della Guardia di finanza è partita nel 2007 da un traffico di droga, e si è poi sviluppata lungo due filoni d’indagine molto diversi tra loro. Il primo ha fatto luce sulle attività illecite dei cugini Facchineri, dediti all’usura e al riciclaggio. I due si servivano di due mediatori che operavano a Milano e di un broker nautico che operava a Bologna e nella Repubblica di San Marino: le indagini hanno portato all’arresto di 9 indagati. I mediatori, Orlando Purita e Gianluca Giovannini, erano loro stessi vittime dei componenti della ‘ndrina: i cugini Facchineri, Vincenzo e Giuseppe, prestavano loro denaro con un tasso d’interesse usurario del 15% al mese, e loro si rifacevano effettuando prestiti a terzi con un tasso del 20%.
IL CLAN DI BAGGIO – Il secondo filone ruota intorno a un’associazione per delinquere capeggiata da Antonio Canito, della nota «famiglia» pugliese, e dal suo braccio destro Rocco Bevilacqua, con sede nel quartiere milanese di Baggio, finalizzata ai furti nei Tir e nei capannoni industriali. Rubavano di tutto, dagli elettrodomestici alle pistole per iniettare silicone, ed erano in grado di rivendere qualsiasi tipo di merce nei mercatini domenicali della periferia nordoccidentale milanese. Per questo filone gli arrestati sono 14 e i reati contestati vanno dall’associazione a delinquere al furto aggravato, alla ricettazione, alla contravvenzione agli obblighi legati alla sorveglianza speciale e all’evasione.
IL FALSO CAPITANO DELLA GDF – Gli imprenditori sono stati due volte vittime degli indagati, perché tre di loro, operanti nel settore nautico, sono stati raggirati dai due mediatori dei cugini Facchineri, Orlando Purita e Gianluca Giovannini. Questi si sono spacciati per l’inesistente capitano della Guardia di Finanza Silvio Morabito e hanno chiesto mazzette per evitare presunte verifiche fiscali: in un caso avrebbero incassato 120mila euro, in un altro 100mila. Per meglio interpretare il ruolo, corrompevano il carabiniere Russo per ottenere informazioni dettagliate sulle loro vittime e per accreditarsi verso di loro. La vittima più nota è Giulio Lolli, attualmente latitante in Libia, rappresentante legale della società Rimini Yacht Spa, oggi fallita, che ha pagato 230mila euro.

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