Gli impegni di San Marino verso l’Ocse nel 2000, Gabriele Gatti

Gli impegni di San Marino verso l’Ocse nel 2000, Gabriele Gatti

E sei paradisi fiscali scelgono la strada della trasparenza
Verso l’ introduzione di barriere all’ ingresso L’ Ocse prepara una lista dei Paesi «inaffidabili»

San Marino, Bermuda, Cayman, Mauritius, Cipro e Malta si impegnano a cambiare regime entro il 2005 E sei paradisi fiscali scelgono la strada della trasparenza MILANO – «Egregio signor segretario generale Donald J. Johnston,… sono lieto di informarla che la Repubblica di San Marino condivide i principi del rapporto Ocse Concorrenza fiscale dannosa e in osservanza a quanto sopra provvederà all’ attuazione delle misure (anche attraverso adeguamenti legislativi) ritenute necessarie per eliminare ogni aspetto dannoso dei propri regimi relativi ai servizi finanziari e ad altri servizi… distinti saluti, Gabriele Gatti, segretario di Stato». A Parigi, al 2 di rue Andre Pascal, sede dell’ Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) da ieri, c’ è un motivo di contenuto ottimismo. A due anni esatti dal primo rapporto dell’ organizzazione con cui vennero sanciti i criteri discriminanti per individuare e isolare su scala internazionale i paradisi fiscali si è aperta una prima, sottile, crepa in grado di muovere la geografia di quegli angoli di mondo capaci di attirare capitali esteri in fuga dal Fisco. La lettera di «formale impegno» a modificare le legislazioni tributarie interne per adeguarsi agli standard di cooperazione e trasparenza internazionale arrivata da San Marino è infatti in buona compagnia. Tra la metà e la fine del maggio scorso, Paul J. Smith, governatore delle isole Cayman, C. Eugene Cox, vicepremier e ministro delle Finanze delle Bermuda, Andreas D. Mavroyiannis, ambasciatore cipriota in Francia, John Dalli, ministro delle Finanze di Malta, V.K. Bunwaree, ministro delle Finanze di Mauritius, hanno sottoscritto identiche lettere di impegno. Con una qualche sfumatura di forma, ma non di sostanza, i sei Paesi, da tempo inseriti nella lista dei paradisi fiscali, promettono insomma la loro uscita dal gruppo. Promettono di deporre le armi della cosiddetta «concorrenza fiscale», che abbattendo le ritenute (o non prevedendole affatto) sui capitali stranieri in ingresso di fatto favoriscono, stimolandola, la fuga di risorse. E nel farlo fissano due condizioni. La prima, di merito, impegnandosi ad ottemperare alle condizioni fissate dall’ Ocse nel ‘ 98 (un regime di imposizione fiscale interno che non sia soltanto nominale, impegno allo scambio di informazioni e alla trasparenza bancaria, barriere all’ ingresso di capitali cui non corrispondano effettive attività produttive nel Paese verso cui i capitali sono esportati). La seconda, temporale, fissando una data limite per l’ adeguamento delle proprie legislazioni: il 2005. Un modo, questo, per anticipare di una settimana il nuovo rapporto, atteso per il 26 giugno, con cui, proprio a Parigi, l’ Ocse, dando seguito alle direttive del ‘ 98, renderà pubblica la lista «nera» dei Paesi che alimentano la concorrenza fiscale dannosa. Anche per il nostro Paese, del resto, cinque dei sei Paesi che aprono ora alle richieste di trasparenza dell’ Osce – Bermuda, Cipro, San Marino, Cayman, Malta – sono da un anno considerati paradisi fiscali per legge. Nel maggio del ‘ 99, l’ allora ministro delle Finanze Visco fissò infatti con decreto la lista dei 59 Stati «fiscalmente privilegiati». Paesi nei quali la residenza di cittadini italiani è considerata «ininfluente ai fini tributari». Vale a dire che, a meno di «documentati motivi di lavoro o di vita», eventuali italiani che vi risultino residenti continuano ad essere considerati normali contribuenti del Fisco italiano. L’ apertura dei 6 paradisi fiscali nei confronti dell’ Ocse è un primo passo, che tuttavia rilancia il dibattito su una questione al centro della preoccupazione internazionale. Sempre a Parigi, nei prossimi giorni, il «Gafi» (Gruppo di azione finanziaria internazionale, organizzazione collegata all’ Ocse) renderà infatti nota la lista dei Paesi «inaffidabili» sotto il profilo delle garanzie di trasparenza bancaria e legislativa nella lotta al riciclaggio e le eventuali sanzioni a loro carico. Una minaccia che in queste settimane sta agitando una delle casseforti di Europa, il Principato del Liechtenstein.

Bonini Carlo

(20 giugno 2000) – Corriere della Sera

Vedi lettera Gatti all’Ocse

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