Green pass in ospedale, lo sfogo di un padre: “La salute è diritto fondamentale, non ci possono essere discriminazioni”

Green pass in ospedale, lo sfogo di un padre: “La salute è diritto fondamentale, non ci possono essere discriminazioni”

“Non sono un novax (faccio il vaccino antinfluenzale da 29 anni) e non voglio fare polemiche ad uso e strumentalizzazione politica. Voglio solo portare la testimonianza di un episodio che viola la dignità umana come quello di vietare o subordinare le cure ad una bambina di 17 mesi al possedimento di una tessera da parte dei genitori, la stessa dignità che viene violata tutti i giorni a tutte quelle persone in fila al freddo in piedi in un parcheggio per un “lasciapassare” necessario per essere curati dal proprio Stato”.

Claudio, nome di fantasia, è un fiume in piena mentre racconta a Libertas quella che ritiene una discriminazione subita per accedere all’ospedale di Stato nelle scorse settimane.

“Tutto è iniziato la notte del 14 gennaio. Verso l’1:00 mia figlia di un anno e mezzo, dopo 3 giorni di febbre altalenante, inizia a perdere sangue dalla bocca senza apparente motivo, non avendo subito urti o cadute. Immediatamente io e mia moglie, decisamente preoccupati, chiamiamo il pronto soccorso pediatrico che ci indirizza al medico di turno, la dottoressa Bortot la quale, molto professionalmente, è riuscita a tranquillizzarci, farci descrivere i sintomi al fronte del quale ci prescrive un farmaco da ritirare nella farmacia notturna dell’ospedale.

La dott.ssa dice di richiamarla entro un paio di ore se le cose non migliorano e di andare fisicamente in pronto soccorso oppure di vederci l’indomani alle ore 11 per una visita di controllo e conferma delle sue aspettative circa il problema della bambina.

Come indicatomi sono andato in ospedale presso la farmacia, ho ritirato il farmaco che abbiamo somministrato alla bambina la quale finalmente verso le ore 5 si è addormentata tranquilla, senza più febbre mentre la perdita di sangue era stata limitata all’episodio dell’una e comunque non abbondante”.

Quindi, passata l’emergenza grazie all’intervento della dottoressa, la mattina dopo la famiglia, come d’accordo, si reca all’ospedale di Stato per far visitare la piccola. Ma c’è un problema: padre e madre non hanno il green pass, diventato obbligatorio per accedere alla struttura. Non sono vaccinati contro il Covid (ma non sono un novax – precisa l’uomo – faccio il vaccino antinfluenzale da 29 anni) e non hanno un tampone rapido negativo valido.

Così, come da regolamento, i due vengono bloccati all’ingresso. “Ho fatto presente ai controllori presenti della visita in pediatria e del fatto che avevo una bambina in macchina che era stata male tutta notte ma mi è stato risposto che senza tampone non potevamo entrare. Anzi, che la bambina di 17 mesi sarebbe potuta entrare ma che a noi genitori l’ingresso era “interdetto”. Se fosse stato un giorno infrasettimanale i due avrebbero potuto fare il tampone gratuito nel piazzale adiacente alle scale di ingresso ma era sabato, e quel servizio è disponibile altrove. “Non potevamo certo andare in giro a fare tamponi – spiega il padre – o fare il triage di accesso al pronto soccorso scarrozzando una bambina con 37,5 di febbre”. Ma con i controllori non si tratta. Senza i requisiti non si entra. E così la famiglia decide di tornare a casa.

“Abbiamo deciso di chiamare un pediatra privatamente da Rimini – prosegue il racconto – il quale è venuto nel giro di un’ora, ha visitato la bambina, effettuato la sua diagnosi e dateci le cure necessarie, cure che poi hanno avuto efficacia nel giro di qualche giorno guarendo  la bambina”.

“Tra l’altro – aggiunge – nessun tipo di controllo è stato fatto sul medico sul possedimento o meno del Green Pass e quindi l’eventuale esercizio abusivo della professione in territorio sammarinese come da accordi bilaterali. Anche se francamente non me ne fregava nulla che avesse il green pass. L’importante è che visitasse mia figlia!”.

 

Passata la paura per le condizioni della piccola figlia, resta l’amarezza per quanto accaduto: “Trovo inaccettabile che in un Paese che si ritiene sviluppato e all’avanguardia il diritto alla salute non venga garantito in egual misura a tutti i suoi cittadini e addirittura discriminato in base al possedimento di un certificato che, sono notizie dei giorni nostri, non mette al sicuro dal contagio ma al massimo dalla contrazione di forme severe di malattie”.

Ancora una volta l’uomo non critica il vaccino anti Covid, anzi lo ritiene “un trattamento sanitario utile  che ha salvato tantissime vite”.

La contestazione è che “non si deve discriminare la popolazione nella fruizione di un diritto fondamentale come quello della salute“.

“Ringrazio San Marino l’accoglienza, per avermi dato una moglie, una figlia e spunto di crescita per la mia attività imprenditoriale, ma oggi è uno Stato di cui, come tanta gente, mi vergogno di viverci e pagarci le tasse, specie se poi queste tasse alimentano un sistema malato che non cura i propri assistiti o meglio ne privilegia alcuni a scapito di altri”.

Claudio sottolinea che le sue non sono “polemiche ad uso e strumentalizzazione politica. Quanto abbiamo vissuto in questi 2 anni è qualcosa di spaventoso e non prevedibile e che i nostri come i governati di tutto il mondo si sono trovati a fare scelte a volte coraggiose, a volte improvvide e che nessuno avrebbe mai voluto trovarsi al loro posto nella gestione di un periodo storico come questo, e vanno tutti ringraziati per i tanti successi ottenuti in campo sanitario ed economico, gli aiuti, le cure, i sacrifici.

Però – aggiunge – esiste un concetto, quello della dignità umana, richiamata chiaramente tra i diritti del cittadino che non andrebbe mai perso di vista o messo in secondo piano”.

 

digià

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