Il Ducato, Federico Capezza: Le mafie sempre piu’ forti al Centro-Nord.

Il Ducato, Federico Capezza: Le mafie sempre piu’ forti al Centro-Nord.

Morosini: “Le mafie sempre più forti al Centro-Nord”. Bondi: “Parlarne non è più tabù”

di
Federico Capezza
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“Una quindicina di anni fa, chi parlava di infiltrazione mafiosa
nelle Marche o in Romagna era considerato un allarmista, un soggetto
nocivo per l’industria alberghiera e del divertimento. Oggi c’è maggiore
consapevolezza, ma c’è ancora da lavorare”. Il magistrato di Cattolica
Piergiorgio Morosini, ex segretario nazionale di Magistratura
Democratica e gup del processo di Palermo sulla trattativa Stato-Mafia,
fotografa il graduale radicamento delle organizzazioni criminali nella
costiera adriatica, un costante processo di consolidamento venuto alla
luce grazie a operazioni come “Vulcano” e “Titano”. Quest’ultima ha portato ieri all’arresto, tra gli altri, di basisti autoctoni in Romagna e nelle Marche, accusati di aver fatto affari con la camorra.

Il trampolino di lancio è la Repubblica di San
Marino, dove i clan ripuliscono il denaro sporco dietro allo scudo di
una minore trasparenza bancaria, ma la fascia che va da Rimini a Pesaro è
il terreno ottimale per investire il capitale ripulito. “La copertura
sulla provenienza del denaro – spiega Morosini – consente alle
organizzazioni di stampo mafioso di consolidare il capitale conseguito
illegalmente. Inoltre, le banche sammarinesi hanno rappresentato una
sorta di cassaforte dalla quale trarre le risorse per
inserirsi nel circuito economico finanziario legale tramite operazioni
immobiliari, ma anche acquisendo il controllo di società sportive e,
soprattutto sulla riviera, di discoteche e locali notturni”.

Come un tumore, la camorra e gli altri gruppi hanno replicato le
proprie cellule nel sistema economico, stravolgendo le regole del gioco:
“Più si espandono – osserva Morosini – minore diventa la libertà
d’iniziativa degli imprenditori che si comportano correttamente. Le
mafie dispongono di talmente tanto denaro e di capacità intimidatoria da poter sbaragliare la concorrenza. In alcuni settori, come quello del divertimento notturno, i gruppi criminali rischiano di diventare monopolisti”.

Ritorsioni e minacce ai titolari di discoteche e club non sono
finzione: “Già in passato abbiamo registrato situazioni in cui i
titolari ‘indigeni’ venivano prima avvicinati perché avevano problemi di
liquidità proponendo loro operazioni di prestito che in verità erano
operazioni di usura. Poi, attraverso intimidazioni e
danneggiamenti, si costringevano a cedere i locali ai criminali. Questo è
un modo violento per inserirsi nel nostro mercato”.

La preda più ambita è però la pubblica amministrazione: “La grande
accumulazione di denaro consente di utilizzare fondi neri per operazioni corruttive
nei confronti degli amministratori pubblici, per ottenere appalti
pubblici o concessioni in termini brevi e magari senza possedere i
requisiti. Tutto questo ha una forte incidenza sul nostro sistema
economico e sociale, che rischia di perdere i suoi connotati tradizionali di una terra che fondava la propria ricchezza sullo spirito di abnegazione, sul rischio d’impresa in senso nobile”.

Vietato parlare di una mafia in sordina: “A causa
della crisi economica – fa notare Morosini – tante piccole e medie
imprese hanno dovuto fare i conti con mancanza di liquidità, con un
circuito legale del credito che non fa prestiti senza supergaranzie.
Molti titolari di attività commerciali finiscono nelle mani di chi
presta denaro a tasso d’usura, e spesso si tratta di personaggi legati
alle grandi organizzazioni criminali. Chi ha avuto a
che fare con certi soggetti ha compreso in tutto e per tutto il volto
duro di questi criminali. Operazioni come ‘Vulcano’ hanno messo in luce
episodi inquietanti con imprenditori picchiati o minacciati di morte”.

“Per anni le istituzioni sono state miopi – continua il magistrato – adesso stanno fiorendo ovunque osservatori
e tavoli per contrastare il fenomeno. Purtroppo, aver sottovalutato per
tanto tempo questo pericolo ha fatto sì che i gruppi criminali abbiano
potuto rafforzare la

“Gli anticorpi ci sono – racconta Alessandro Bondi,
vicesindaco di Cattolica e docente di Diritto Penale dell’Università di
Urbino – come amministratore ho collaborato alla nascita di una rete per
condividere strumenti, per fare prevenzione ed educazione alla
legalità”. Bondi terrà oggi un incontro a Urbino assieme al giornalista di San Marino David Oddone sulle mafie e sulla minaccia per la stampa.

Nel 2005, Bondi e Morosini hanno tenuto una serie di incontri
pubblici sulla presenza delle mafie nelle regioni del Centro, scontando
una certa ostilità: “Non era bello parlare di criminalità organizzata in
Romagna, era un argomento scomodo. Oggi gli occhi sono aperti: la mafia fattura 65 miliardi
di euro all’anno e in Emilia Romagna abbiamo registrato 60 sequestri di
immobili, mentre 2000 persone pagherebbero il pizzo. Ovviamente, non
dico che San Marino sia lo stato brutto e cattivo, ma di sicuro c’è
stato un reciproco interesse”.

E le Marche? “Non sono immuni – osserva Bondi – anche se le
istituzioni ci sono, la mafia ha preso piede a macchia di leopardo.
Bisogna uscire dallo stereotipo del mafioso con l’accento marcato e la
coppola: oggi sono personaggi che collaborano con i colletti bianchi e che spesso entrano nelle imprese senza soppiantare il titolare, ma affiancandovisi”.

“Occorre lavorare preparando gli amministratori locali ad affrontare
questa realtà – conclude invece Morosini – bisogna educare la società civile
diffondendo una cultura antimafia che tenga conto caratteristiche del
nostro territorio. La nostra terra non è stata dilaniata dalle bombe
mafiose, ma qui si stanno convogliando molti affari di queste organizzazioni. I cittadini devono essere informati capillarmente su questo pericolo”.

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