Il Giornale
Il caso. Il debito per risanare la società del Buontempo
Il giudice:
«Bocchino restituisca 650mila euro»
Il numero due Fli e l’ex moglie
costretti a pagare un creditore dopo 11 anni
Gian Marco Chiocci
Italo Bocchino ‘desaparecido’ in politica con la (ex) moglie Gabriella Buontempo inseguita dal finanziere Loris Bassini cui deve indietro i 650mila euro serviti a risanare la sua casa cinematografica. Dopo le scappatelle di Italo e le reprimende della consorte, casa Bocchino torna alla ribalta senza ricorrere al ‘gossip’. Roba giudiziaria, stavolta. Se non fosse stata per l’uscita scomposta di Italo sul ministro Cancellieri a proposito della scorta di Fini, nessuno, al ministero dell’Interno, avrebbe avuto la bontà di commentare informalmente quanto accaduto al tribunale di Forlì dove l’ex delfino di Fini e la sua signora hanno perso l’ennesima, decisiva, partita con il finanziere-creditore di San Marino. Il tribunale ha infatti rigettato l’opposizione dei coniugi Bocchino convinti che il broker non poteva vantare nulla e che, in ogni caso, se proprio qualcosina doveva avere, avrebbe dovuto attendere la pronuncia di un giudice. Che, purtroppo per Italo, è puntualmente arrivata.
Erano anni che Bassini – titolare di quella società Finbroker che fece rientrare in Italia i 22 miliardi di lire incassati dal conte Gianni Vitali per la mediazione nell’’affaire’ Telekom Serbia (un affare – come si legge nella sentenza d’archiviazione – di cui si occupò Bocchino quand’era membro della relativa commissione d’inchiesta) tentava di recuperare il prestito da un miliardo e 850 milioni di lire erogato per tappare i buchi della società «Goodtime Sas» della Buontempo. Di questi soldi, però, col tempo Bassini riesce a recuperare solo la copia di un assegno di un miliardo e 200 milioni di lire, versato nel 2001 alla Sas, grazie al quale ha potuto rivolgersi ai giudici. Nel 2004, Bassini bussa a denari una prima volta. Ma non ha fortuna. Passa quasi un anno e nel mentre Bassini finisce in manette per una bancarotta, la Buontempo cede il ramo d’azienda della «Goodtime Sas» (alienando l’attivo sociale, ma non i debiti) alla neonata «Goodtime Srl» (che conta gli stessi soci e ha lo stesso oggetto sociale). Arriviamo così all’8 maggio 2009, quando viene notificato alla società in liquidazione il decreto ingiuntivo. Lo stesso giorno, la moglie di Bocchino chiede la cancellazione della Sas dal registro delle imprese, che ottiene il 9 giugno. Partono i pignoramenti: due vanno a vuoto (uno presso la sede della «Goodtime Sas» e unopresso la residenza della Buontempo). Nessuno maiapre all’ufficiale giudiziario. Unaltro tentativo presso l’abitazione di cui sembra essere usufruttuaria, dà esito negativo in quanto l’appartamento risulta in fitto all’ex questore di Napoli Vito Mattera. Un quarto (presso la nuovaSrl) va in porto, ma viene sospeso. Nell’attesa il custode delle quote societarie spulcia i bilanci per tutelare i diritti del creditore e scopre che la «Goodtime Srl», negli anni dal 2006 al 2009, ha finanziato per circa 150mila euro la Sas che già dal 2005 era in stato di liquidazione volontaria. Nel frattempo, la Buontempo impugna il decreto ingiuntivo e cerca di convincere i giudici che, quel miliardo e 200 milioni di lire, non deve restituirlo a Bassini, ma tutt’al più a Silvana Spina, consulente della Finboker e sua socia nella Sas. La sospensione del Tribunale rimanda tutto all’ultima sentenza. I giudici danno ragione all’ex finanziere romagnolo. Quei soldi, prelevati dal suo conto corrente, gli devono essere restituiti. Contattato dal Giornale, Bassini commenta: «Non vorrei essere costretto a esperire nuove azioni esecutive come si fa contro i debitori, i falliti e i bancarottieri incalliti. Bocchino voleva aspettare il giudice? Bene, il giudice è arrivato ma io ancora non vedo un soldo». Come se i giudici, tanto cari a Bocchino quando inseguono Berlusconi, nella sua storia contassero zero.