Inventarsi un futuro recuperando la tradizione: alla scoperta di Lab.301 – Le interviste del San Marino Green Festival

Inventarsi un futuro recuperando la tradizione: alla scoperta di Lab.301 – Le interviste del San Marino Green Festival

Tra i progetti più interessanti in campo agricolo nati negli ultimi anni a San Marino c’è la cooperativa Lab.301. Il due soci fondatori, i 40enni sammarinesi Lorenzo Canini e Cristian Lancioli, hanno puntato sulla riscoperta del passato, in particolare sui così detti grani antichi, e sulla loro lavorazione con tecniche artigianali.

Li incontriamo in località Ca’ Ragni a Dogana dove ha sede il mulino cuore dell’azienda. “Lab.301 è nata nel 2019 – raccontano – dalla consapevolezza che abbiamo un territorio molto piccolo quindi non possiamo pensare di poter essere competitivi con le grandi produzioni industriali. Un grande mulino italiano macina in tre giorni tutto il grano che San Marino produce in un anno, circa 15mila quintali. Quindi diventa una necessità valorizzare quel poco che abbiamo”. E questo si traduce in un reddito maggiore per l’agricoltore.

L’idea è stata innanzitutto quella di “riscoprire” le antiche varietà di grano. “Parliamo di cereali – spiega Lancioli – che si coltivavano nella Repubblica di San Marino fino agli anni ‘60 e ’70 e che sono stati abbandonati con l’avvento delle trebbiatrici moderne. Siamo partiti dal Frassineto, poi abbiamo seminato il Gentil Rosso ed il Cappelli. Sono grani con una produttività non elevata e dalle importanti qualità nutrizionali. Sono ricchi di sostanze nutritive e contengono meno glutine rispetto ai cereali moderni. Se da una parte questo ha un impatto sulla lavorazione in forno, dall’altra aiuta a prevenire la sempre maggiore sensibilità al glutine”.

A questo punto arriva la seconda fondamentale parte del progetto: la lavorazione in azienda dei grani. “Abbiamo voluto creare una nuova filiera con farine macinate a pietra. Anche qui – racconta ancora Lancioli – siamo andati alla riscoperta di tecniche antiche rivisitandole in chiave moderna. Abbiamo scelto la pietra, abbandonata da qualche decennio qui a San Marino, perché a differenza dei moderni rulli in acciaio consente di ottenere farine meno raffinate e quindi più ricche di nutrienti, di fibre e più salutari”.

 “Nella nostra azienda – spiega Canini – produciamo all’incirca 1.000 quintali di grano all’anno di diverse varietà che maciniamo direttamente qui creando diverse tipologie di farine. Ad esempio grazie alla collaborazione con la Nazionale Italiana Pizzaioli abbiamo creato una linea di farine pensata per le pizzerie. Vendiamo anche al consumatore finale in diversi supermercati di San Marino e all’interno delle cooperative come il consorzio Vini e la Capa a Valdragone o del negozio Terra di San Marino in centro storico”.

Un riscontro, quello da parte del mercato, all’inizio non facile. “Sono decenni che tutti siamo abituati alla farina bianca – spiegano i due agricoltori – mentre le nostre farine hanno sapori e aspetto diversi ed una differente lavorabilità. Con il tempo però sempre più persone stanno superando questo scoglio iniziale. Vediamo che soprattutto i giovani stanno riscoprendo queste lavorazioni. La soddisfazione è sentire i nostri clienti dire che ora non riescono più a tornare indietro alle farine industriali.

Così come è bello vedere che abbiamo clienti che ci cercano da grandi città come Milano, Como e Varese”.

Come sempre in agricoltura ci vogliono pazienza e duro lavoro. “Abbiamo aperto il mulino nel 2019 – raccontano i due fondatori – e ancora non siamo al 25% di quello che è la nostra idea di produzione. Il mercato non è costante e occorre fare un lavoro di educazione del consumatore e di chi la farina la usa in pizzeria o nel forno.

Per questo come cooperativa ci siamo strutturati per essere multisettoriali”.

Oggi l’azienda si estende su di una superficie di quasi 110 ettari in cui si coltivano principalmente cereali, fieno, viti, culture porta seme e olivi, in molti casi con metodo biologico. “Noi agricoltori di San Marino – spiega Canini – siamo sempre più sensibili su questo. Così come da sempre difendiamo le nostre tradizioni, il nostro territorio e le nostre origini”.

Inevitabile parlare di come i cambiamenti climatici stanno impattando sulla produzione.

“Per quanto riguarda i cereali – è la risposta – non abbiamo avuto grandissimi problemi mentre su tutte le altre produzioni è un problema serio. Quando parliamo di vigne, di fieno, di portaseme il calo della produzione è stato importante, soprattutto a causa della siccità. Per questo occorre investire su dei bacini di raccolta, come le cooperative e le associazioni stanno chiedendo da tempo. Di questo passo rischiamo di perdere colture che a San Marino sono sempre esistite e che sono fondamentali”.

Un altro intervento necessario per aiutare il settore è una revisione degli incentivi pubblici. “Occorre – è l’appello dei due imprenditori – avere una programmazione a medio periodo perché in agricoltura serve tempo. Occorre fare progetti ed avere degli obiettivi con scadenze a più anni. Ad esempio, se vogliamo favorire il ricambio generazionale, visto che abbiamo bisogno di giovani, bisogna aiutare gli imprenditori negli investimenti. È un problema serio perché le attrezzature costano veramente tanto ed abbiamo a disposizione pochi ettari per ammortizzarle. Un trattore che serve per produrre in pianura 15-20 mila quintali di grano è lo stesso che a noi serve per produrre 1.000 quintali. Anzi, in collina i costi sono maggiori e le produzioni più basse.

Quindi se vogliamo tutelare questo settore non possiamo più pensare anno per anno”.

C’è poi un aspetto più commerciale. “Visto che a San Marino abbiamo un grande indotto turistico, dovremmo riuscire a fare un progetto di filiera dove chi produce la materia prima collabora con chi la trasforma in prodotto finito – quindi ristoranti e negozi – per la vendita alle tante persone che vengono a visitare il nostro paese da tutto il mondo.

Questa sinergia tra agricoltura, territorio e turismo potrebbe valorizzare San Marino, oltre che per la sua storia e bellezza, anche per i sapori come succede nelle regioni d’Italia. Anche perché siamo uno Stato e possiamo fare le nostre leggi”.

Un po’ come succedeva con moscato e ceramiche negli anni ’60. Chissà che anche qui l’idea di ispirarsi al passato per ideare il futuro non si riveli giusta.

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