Il leghista Pini sotto inchiesta, Mario Gerevini, Corriere della Sera

Il leghista Pini sotto inchiesta, Mario Gerevini, Corriere della Sera

CORRIERE DELLA SERA

Capitali all’estero. L’onorevole votò per la normativa poi la usò per far rientrare i soldi da San Marino

Scudo fiscale su 400 mila euro Il leghista Pini sotto inchiesta

 La sua operazione di rientro di capitali all’estero finita nel mirino della
Banca d’Italia

Mario Gerevini

MILANO — Aveva votato «sì» allo scudo fiscale. Convinto, coerente con le direttive del partito. Oggi, però, si viene a sapere che l’onorevole leghista aveva anche un’altra ragione: un bel gruzzoletto in nero nascosto a San Marino. Gianluca Pini, 39 anni, leader della Lega Nord in Emilia Romagna, è passato molto rapidamente dal voto in Parlamento al bonifico in banca, scudando 400 mila euro precedentemente sottratti al fisco.
La sua operazione (sospetta) è però finita nel mirino dell’Uif-Bankitalia e potrebbe essere legata alle manovre societarie per le quali l’Agenzia delle Entrate lo ha appena denunciato alla Procura della Repubblica di Forlì. Così il leghista autore del discusso emendamento sulla responsabilità civile dei giudici e dell’attacco, in piena bufera Lega, al suo ex capogruppo Marco Reguzzoni («…mi deve giustificare come cavolo sono stati spesi 90 mila euro in un anno con la carta di credito del gruppo») è ora formalmente indagato per appropriazione indebita e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in concorso con altri non ancora identificati. E la prossima settimana sarà interrogato a Forlì dai pm Sergio Sottani, capo della Procura, e Fabio Di Vizio.
La scudataIl «nero» regolarizzato e rimpatriato da Pini proveniva dalla banca sammarinese Ibs che li ha bonificati, su ordine del padre dell’onorevole, al conto 100104099 aperto da Pini al Credito di Romagna. I 400 mila euro sono stati subito reinvestiti in obbligazione della banca. Il sospetto che emerge dalle indagini è che in realtà si tratti di un patrimonio sottratto alla Nikenny Corporation, «sobria» denominazione della società di cui Pini è azionista di riferimento con il 40% del capitale. Da qui l’ipotesi di appropriazione indebita. Ma che cosa fa la Nikenny?
La denuncia del fiscoA metà marzo dalla sede di Bologna dell’Agenzia delle Entrate è partita per Forlì una circostanziata denuncia penale contro Pini (che abita a Fusignano e, tra l’altro, ha da poco acquistato la villa dell’ex allenatore Arrigo Sacchi). Il documento ricostruisce la storia della Nikenny, oggi in liquidazione, che ha iscrizioni a ruolo per 2,024 milioni di euro per omessi versamenti di Ires-Irap-Iva e per un accertamento relativo al 2004 (il contenzioso è in Cassazione). Il problema è che l’attività di import di caffè dalla Malesia, cioè il business della società di cui Pini è il principale socio, è stato trasferito a una nuova azienda totalmente in mano all’onorevole: la Golden Choice Europe. In pratica la Nikenny sarebbe stata svuotata da Pini che, secondo uno degli amministratori, avrebbe inviato una raccomandata dichiarando di «togliere a Nikenny il contratto di esclusiva da lui sottoscritto con il fornitore malese», per poi farne l’asset principale della sua nuova società. E così «rendendo difficoltoso — scrive l’Agenzia delle Entrate — il recupero della pretesa erariale». Nikenny, infatti, rischia il fallimento.
Insomma l’onorevole leghista avrebbe ideato «un’architettura operativa — secondo l’Agenzia delle Entrate — per depauperare Nikenny», esposta per 2 milioni con l’Erario, «e trasferire l’operatività a Golden Choice, priva di esposizione debitoria e fiscale».
«Sono parte lesa»Se è falso Pini lo potrà dimostrare e già ha dichiarato di essere «parte lesa come altri miei soci». Se è vero si configurerebbe una cessione d’azienda (o di ramo d’azienda) dissimulata e dunque Pini sarà corresponsabile del debito con il fisco. Da qui l’invio del rapporto che ipotizza la «sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte». E forse quei 400 mila euro scudati da San Marino erano parte del patrimonio della Nikenny.
È probabile che gli investigatori vogliano approfondire le relazioni con San Marino del padre padrone del Carroccio romagnolo e di altri eventuali indagati. Tra l’altro due anni fa vi fu una strana delibera del Congresso di Stato sammarinese che finanziò con 90 mila euro la stampa leghista per la «creazione di un supporto informativo-mediatico per la Repubblica di San Marino attraverso il quotidiano La Padania e l’emittente tv Telepadania».
Mario Gerevini

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