Il ministro Cartabia sull’Accordo di associazione all’Ue: “Darebbe un’adeguata e moderna cornice giuridica alla piena appartenenza di San Marino alla comune tradizione europea”

Il ministro Cartabia sull’Accordo di associazione all’Ue: “Darebbe un’adeguata e moderna cornice giuridica alla piena appartenenza di San Marino alla comune tradizione europea”

Non è mancato questa mattina a Palazzo Pubblico, durante l’emozionante Cerimonia d’Insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, il discorso tradizionale dell’oratore ufficiale, per l’occasione Marta Cartabia, ministro della Giustizia del governo italiano.

Presentazione dell’oratore ufficiale della Cerimonia d’Insediamento dei nuovi Capitani Reggenti:

“Eccellentissimi Capitani Reggenti,

Signori Segretari di Stato,

Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,

Signori Rappresentanti del Corpo Diplomatico e Consolare,

Autorità Civili e Religiose,

Signori Capitani di Castello,

Graditi Ospiti,

adempio con alto onore e con sentimenti del più vivo compiacimento all’incarico di presentare Loro l’Oratore Ufficiale dell’odierna Cerimonia di Insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, Sua Eccellenza Marta Cartabia, Ministra della Giustizia della Repubblica Italiana.

Terminati gli studi accademici in Giurisprudenza presso l’Università di Milano e conseguito il dottorato di ricerca in Legge presso l’Istituto universitario europeo di Fiesole, si specializza presso l’Università di Aix-Marseille sui temi della giustizia costituzionale comparata.

Oltre ad una prestigiosa e autorevole carriera accademica svolta presso numerosi Atenei italiani, è stata Visiting Professor in Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti.

Nel dicembre 2017 viene nominata membro della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto, nota anche come Commissione di Venezia, in seno alla quale è tuttora membro titolare italiano.

Ricopre diversi incarichi di responsabilità editoriale in riviste a carattere scientifico; ha fondato e co-dirige l’Italian Journal of Public Law, la prima rivista italiana di diritto pubblico in lingua inglese ed è altresì condirettrice della rivista Il Mulino, Quaderni costituzionali.

È membro dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti ed è co-presidente di ICON.S (The International Society of Public Law), la maggiore società internazionale di Diritto pubblico, nonché co-fondatrice dell’Italian Chapter della medesima società.

Nel dicembre 2020, Le è stato conferito il dottorato honoris causa in Diritto dalla Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna di Pisa.

Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale e Presidente emerita della Corte costituzionale, dal 13 febbraio 2021 è Ministra della Giustizia del Governo italiano.

La Sua presenza in questa Aula, espressione di democrazia e libertà – Signora Ministra – in occasione dell’odierna solenne cerimonia, costituisce un grande onore per il nostro Paese, che La accoglie con sentimenti di autentica e fraterna amicizia.

La Repubblica di San Marino e l’Italia sono legate da vincoli secolari, una collaborazione bilaterale consolidata, imperniata sul reciproco rispetto e la più elevata considerazione.

La Sua gradita visita nel nostro Paese, in qualità di Oratore Ufficiale, conferma la reciproca volontà di rilanciare e ampliare la storica e leale cooperazione che contraddistingue le nostre relazioni.

Eccellenza,

da oggi sarà annoverata dalle più Alte Istituzioni e dal Popolo sammarinese fra gli amici più cari di questa antica Repubblica, che da oltre 1700 anni di storia ha saputo preservare la propria identità statuaria e indipendenza, assicurando il rispetto dei principi fondamentali e tutelando la tradizione umanitaria e la cultura dell’accoglienza che da sempre ci appartengono.

Con questo spirito, nel rinnovare i sentimenti della più viva gratitudine e dell’autentico compiacimento a Sua Eccellenza Marta Cartabia, Ministra della Giustizia del Governo Italiano per l’alto onore della Sua presenza, ci accingiamo ad ascoltare l’Orazione Ufficiale”.

Discorso dell’oratore ufficiale, il ministro della Giustizia italiano, Marta Cartabia, durante la Cerimonia d’Insediamento dei Capitani Reggenti:

“Serenissimi Capitani Reggenti,

Illustri Signore e Signori,

Vi ringrazio sentitamente per la Vostra accoglienza. In particolare, esprimo la mia riconoscenza ai Capitani Reggenti eletti per le cortesi parole che mi hanno rivolto nel loro discorso di ingresso, nel corso della cerimonia a Palazzo Valloni. Saluto i membri del Consiglio Grande e Generale e del Congresso di Stato, come pure il Corpo diplomatico e tutte le altre autorità convenute, religiose, politiche, militari e giudiziarie. Nel rivolgermi a voi, saluto idealmente l’intero popolo di San Marino.

Il 7 maggio del 1861, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Abramo Lincoln, che, come è noto, era un vostro cittadino onorario, in una lettera indirizzata ai Capitani Reggenti di San Marino, così scriveva, in risposta a una missiva ricevuta nel marzo precedente dai Capi di Stato della Repubblica sammarinese: ‘[…] Benché il vostro dominio sia piccolo, nondimeno il vostro Stato è uno dei più onorati in tutta la storia. Esso ha con la sua esperienza dimostrata la verità, così piena d’incoraggiamento per gli amici della Umanità: che un Governo fondato su principi Repubblicani è capace di essere sicuro e durevole’.

Desidero riprendere un paio di passaggi della vostra storia, perché sebbene non si ripeta mai uguale a sé stessa, riflettere su ciò che è stato arricchisce la nostra memoria e, dunque, la nostra consapevolezza e può aiutarci a capire di più chi siamo oggi. Quella di San Marino, invero, è la repubblica più durevole e longeva della storia. La tradizione, infatti, vuole che essa affondi le sue radici nel IV secolo d.C., nelle vicende del Santo Marino, uno scalpellino di origini dalmate il quale, per amore della libertà, si rifugiò sul Monte Titano e costituì una nuova comunità. Marino amava a tal punto la libertà che, sempre secondo la tradizione, sul letto di morte ebbe a raccomandare una cosa sola agli uomini che insieme a lui avevano costituito la nuova comunità: ‘Relinquo vos liberos ab utroque homine’. In epoca postuma, si volle interpretare il lascito di Marino ai membri della sua comunità come un invito a essere liberi dall’autorità temporale e da quella religiosa, offrendo così la prima legittimazione alla ‘indipendenza’ di San Marino. Questa interpretazione, nata sulle basi di una tradizione quasi leggendaria, è evidentemente postuma: è infatti irrealistico pensare che Marino potesse porre sullo stesso livello il papa e l’imperatore già nella metà del IV secolo, pochi decenni dopo l’editto di Milano.

Eppure, dalla iniziativa di Marino, i vostri padri hanno raccolto la preziosa eredità della libertà e dell’indipendenza. Rivolgendomi oggi a voi, non posso che dichiararmi in totale sintonia con questo patrimonio di valori che è alla base della vostra identità più profonda. Partendo da questi valori, la Repubblica di San Marino è rimasta sempre ben saldamente ancorata alla migliore tradizione democratica del continente europeo continuando tuttavia a rinnovarsi, come documentano anche le recenti riforme.

In queste ultime settimane, stiamo vivendo un momento particolare della storia del nostro continente: proviamo allo stesso tempo sentimenti di orgoglio e di orrore. Orgoglio per lo sforzo che stiamo compiendo insieme per fare fronte ad alcune derive illiberali che stanno minacciando l’Europa. Vorrei ricordare tra queste iniziative anche l’accoglienza ai rifugiati ucraini, cui San Marino, mantenendo fede alla sua tradizione, non si è sottratta, aprendo le sue porte a circa 300 profughi. Orrore per la distruzione e la devastazione che vediamo come conseguenza dei bombardamenti indiscriminati delle città ucraine da parte delle forze militari russe. Di fronte a questi fatti, dobbiamo continuare a coltivare una speranza incrollabile nella capacità di resistenza della democrazia liberale su cui il mondo autoritario non potrà imporsi. Non possiamo nutrire dubbi sul fatto che la forza militare non può vincere, perché la democrazia è più forte della oppressione; che la società aperta, unita e compatta, può vincere sulla brutalità della guerra, anche quando non imbraccia le armi, come l’Europa ha saputo dimostrare all’indomani della Seconda guerra mondiale, grazie agli strumenti di prevenzione e risoluzione dei conflitti che la Comunità, prima, e l’Unione europea, in seguito, hanno creato e continuamente innovato nel corso del tempo.

Lasciatemi dire con enfasi: se non si afferma la forza della legge, prevale la legge della forza. Quello che è vero per le persone vale anche per le nazioni. Le relazioni inter-nazionali (fra le nazioni), infatti, sono come le relazioni inter-personali (fra le persone): si deve partire dal dialogo, che presuppone l’ascolto attento delle ragioni dell’altro, per abbandonare la violenza della prevaricazione e – in particolare, nei rapporti tra Stati – ricomporre le controversie affidandosi al rispetto del diritto. È su questi parametri che dobbiamo misurarci, per inaugurare un terzo inizio dell’Europa nella nostra epoca, dopo i nuovi inizi seguiti alla Seconda guerra mondiale e alla caduta del muro di Berlino.

In questi terribili giorni di guerra nel cuore dell’Europa, mi preme rimarcare come gli accordi di cooperazione tra Stati ugualmente liberi e sovrani, saldamente inseriti nei consessi internazionali volti a favorire la pace e la giustizia tra le Nazioni, costituiscano un prezioso strumento di reciproco aiuto indispensabile per costituire una comune base di conoscenze ed esperienze, nonché per creare una convinta e diffusa condivisione di valori e principi.

È per questa ragione che, il 26 maggio 2021 a Roma, abbiamo sottoscritto l’accordo di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia di sequestro e confisca dei beni d’illecita provenienza; è per la stessa ragione che abbiamo firmato, proprio in occasione di questo importante incontro istituzionale, l’analogo accordo in materia di misure alternative alla detenzione, sanzioni sostitutive di pene detentive, liberazione condizionale e sospensione condizionale della pena.

Si tratta di accordi di grande rilievo, che segnano un marcato passo in avanti nella già ottima cooperazione giudiziaria tra i nostri Paesi, avvicinandola ai modelli già in uso per l’Italia nell’ambito dei suoi rapporti con gli Stati Membri dell’Unione europea, fondati – com’è noto – sui principi del mutual trust e del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.

Il mio personale auspicio, pertanto, è che questi accordi possano essere rapidamente ratificati ed entrare in vigore, in modo da dispiegare al più presto i loro benefici effetti.

L’eterogeneità dell’oggetto degli accordi dimostra quanto ampio sia lo spettro della collaborazione tra i nostri due Paesi che, infatti, va dal campo del congiunto contrasto alle più gravi forme di criminalità economica al campo dell’esecuzione penale intesa lato sensu, ossia comprensiva di pene e misure non detentive, che vanno a rafforzare le possibilità di reinserimento sociale della persona condannata. L’accordo firmato ieri qui a San Marino riguarda infatti il riconoscimento e l’esecuzione, nei rispettivi ordinamenti, di decisioni giudiziarie relative a misure alternative alla detenzione, a sanzioni sostitutive delle pene detentive di breve durata, a misure sospensive dell’esecuzione della pena o del processo, corredate da obblighi e prescrizioni tendenti al reinserimento o mantenimento del reo nel tessuto sociale, lavorativo e familiare di appartenenza. Studi empirici da tempo condotti in Italia e all’estero mostrano come simili alternative al carcere, applicate in luogo della pena detentiva o nella fase terminale della sua esecuzione, secondo una logica di progressione del trattamento rieducativo, si rivelano particolarmente efficaci nel contrasto della recidiva: sono pertanto utili non solo per il condannato, ma per la società intera, anche in termini di maggiore sicurezza. È d’altra parte evidente che le possibilità di un effettivo reinserimento sociale sono ancora maggiori quando le pene, anche quelle alternative e sostitutive, vengono eseguite nel Paese in cui l’autore del reato ha i propri legami familiari, affettivi, lavorativi e socio-culturali.

Mi piace in questo contesto anche ricordare il parallelismo, almeno cronologico, fra il processo di riforma della giustizia in Italia e quello portato avanti a San Marino. Gli ultimi due anni, infatti, sono stati caratterizzati dall’approvazione di una serie di leggi di riforma del sistema di giustizia sammarinese di rilevanza storica per le istituzioni di questa Repubblica che vede il suo caposaldo nella legge costituzionale del dicembre 2021, che riforma la magistratura, l’ordinamento giudiziario e il Consiglio giudiziario. Essa è accompagnata da una serie di leggi ordinarie e da un nuovo Codice etico dei magistrati. Con il nuovo disegno legislativo si rinnovano profondamente anche le composizioni e le funzioni dell’organo garante dell’autonomia e della indipendenza di tutta la magistratura, il Consiglio Giudiziario, garantendo equilibrio tra la componente laica e quella togata. Con questo processo riformatore, la giustizia sammarinese diviene più compatibile con gli altri sistemi europei, uniformandosi ai parametri suggeriti dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) del Consiglio d’Europa.

Vorrei salutare il grande lavoro svolto dal primo magistrato di San Marino, il Dirigente del Tribunale, Giovanni Canzio. La presenza di un magistrato italiano a ricoprire la più alta carica giudiziaria di San Marino rende ancora più evidente l’osmosi esistente fra i nostri due Paesi, che abbraccia anche tanti altri ambiti.

Ovviamente non è questa la sede per compiere un’approfondita disamina dei due accordi firmati fra i nostri Paesi in materia di cooperazione giudiziaria, ma in relazione a quello in materia di sequestri e confische mi preme comunque rimarcare che si tratta di uno strumento assai più moderno e avanzato delle Convenzioni del Consiglio d’Europa attualmente applicabili – la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca e la confisca dei proventi di reato firmata a Strasburgo nel 1990 e la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo firmata a Varsavia nel 2005.

Allo stesso modo – in relazione all’accordo in materia di misure alternative, che abbiamo sottoscritto ieri – vorrei sottolineare che si tratta di uno strumento che arricchisce ulteriormente i rapporti tra Italia e San Marino e che va oltre la Convenzione europea sulla sorveglianza delle persone condannate o liberate sotto condizione firmata a Strasburgo nel 1964. Rispetto a tale Convenzione, l’ambito di applicazione dell’accordo è ampliato a tutte le misure, lato sensu intese, ricadenti sotto la decisione quadro dell’Unione europea del 2008.

Con questo accordo vengono dunque introdotte disposizioni che regolano il reciproco riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie, con la finalità da un lato di aumentare le possibilità di reinserimento sociale della persona condannata, consentendole tra l’altro di mantenere o recuperare i propri legami affettivi, familiari, lavorativi e culturali; dall’altro di migliorare il controllo dei corrispondenti obblighi allo scopo di ridurre il rischio di recidiva, proteggendo così le vittime dei reati e, più in generale, la collettività.

Ritengo essenziale evidenziare che l’entrata in vigore dell’accordo farà sorgere l’esigenza di un continuo raffronto collaborativo tra i servizi sociali dei nostri Paesi, che, auspicabilmente, renderà necessarie ampie e articolate iniziative di prevenzione di carattere socio-culturale che coinvolgano e promuovano l’azione di tutte le migliori forze della società civile, in una prospettiva di contrasto al crimine che non si esaurisca in una risposta d’impronta meramente securitaria.

Prima di concludere, permettetemi di sottolineare come l’accordo firmato ieri rappresenti per i nostri Paesi, sul piano internazionale, un momento di valorizzazione delle risposte al reato diverse e ulteriori rispetto al carcere. La Costituzione italiana parla, al plurale, di ‘pene’ che non devono essere contrarie al senso di umanità e che devono tendere alla rieducazione del condannato. Non vi è quindi un riferimento espresso al carcere che, spezzando legami familiari, affettivi e lavorativi, separa inevitabilmente l’individuo dalla società. Esso deve, dunque, essere una extrema ratio, non certo l’unica risposta al reato. La firma di accordi in materia di esecuzione penale, relativi a misure alternative al carcere, significa per i nostri Paesi un passo avanti nel percorso di modernizzazione della pena, che la differenzia sempre più dall’atavica idea della sola retribuzione del male con il male.

L’esecuzione penale all’esterno – nella comunità – si fa sempre più strada in Italia. Il numero degli adulti che scontano la pena fuori dal carcere (70.468) è oggi di molto superiore a quello dei detenuti (54.645). Presso il Ministero della giustizia è da anni costituito un Dipartimento per la giustizia ‘di comunità’ e l’impegno mio personale e del Governo, anche in vista dell’attuazione di accordi internazionali come quello da noi firmato, è di investire il più possibile sugli uffici locali deputati all’esecuzione penale esterna.

Abbiamo prima menzionato il processo riformatore nel campo della giustizia a San Marino. Lasciatemi spendere qualche parola sul percorso avviato in Italia. La sottoscrizione dell’accordo con San Marino sulle misure alternative alla detenzione interviene mentre il Governo italiano è impegnato a dare attuazione alla legge delega di riforma della giustizia penale, approvata l’estate scorsa dal Parlamento, nel quadro degli interventi previsti dal P.N.R.R. Secondo lo spirito di cui ho detto, la riforma – mi riferisco alla legge n. 134 del 2021, che sarà attuata entro il prossimo autunno – valorizza le pene sostitutive alla detenzione, compreso il lavoro di pubblica utilità, che sarà applicabile in caso di condanna a pena detentiva non superiore a tre anni. È una rilevante novità perché oggi il lavoro di pubblica utilità è previsto come pena sostitutiva della pena detentiva non per la generalità dei reati, ma solo per alcuni, in particolare in materia di circolazione stradale.

Infine, la riforma in corso di attuazione in Italia introdurrà per la prima volta una disciplina organica della giustizia riparativa, a ulteriore riprova dell’impegno culturale del nostro Paese alla progressiva edificazione di un sistema penale sempre più ispirato ai suoi valori costituzionali, tra cui la tensione alla rieducazione del condannato e, quindi, al suo pieno reinserimento nella società. Innestare nel sistema penale strumenti e percorsi di giustizia riparativa permette di ricucire le lacerazioni e i conflitti che i reati producono nel tessuto sociale; contribuisce quindi alla pacificazione e alla coesione sociale, che sono valori di inestimabile importanza, come mostrano i drammatici eventi di queste settimane. La giustizia riparativa rappresenta un importante capitolo della riforma della giustizia italiana e ad essa ho voluto dedicare la Conferenza dei ministri della giustizia del Consiglio d’Europa, che ho presieduto lo scorso dicembre a Venezia. La Dichiarazione Ministeriale di Venezia sul ruolo della giustizia riparativa in Europa costituisce un punto sorgivo per guardare alle fratture della nostra società in modo nuovo, non solo tramite la lente della punizione, ma anche attraverso quella della riparazione, una prospettiva che getta una luce nuova sulla possibilità di risolvere i conflitti con un atteggiamento che impedisca di esplodere al corto circuito della violenza.

L’idea del carcere e della pena-sofferenza come unica risposta al reato ha radici antiche. Sono convinta che al superamento di tale idea – come una goccia che scava la roccia (gutta cavat lapidem, dicevano gli antichi romani) – possa contribuire anche l’odierno accordo, illuminato come da un faro dal principio del reinserimento sociale dell’autore del reato. È al raggiungimento di tale obiettivo che Italia e San Marino sono lieti di impegnarsi, ancora una volta insieme.

Vorrei terminare con una riflessione che mi riporta all’inizio del mio discorso, quando ho menzionato l’ancoraggio sammarinese alla storia democratica europea. I due accordi in materia di cooperazione giuridica firmati fra Italia e San Marino costituiscono il migliore viatico per una celere e positiva definizione del processo di associazione di San Marino all’Unione europea. L’Accordo di associazione all’Unione europea darebbe un’adeguata e moderna cornice giuridica alla piena appartenenza del ‘Titano’ – dal punto di vista del patrimonio storico, geografico e socioculturale – alla comune tradizione europea.

Il recentissimo processo legislativo e regolamentare di adesione della Repubblica di San Marino al regime sanzionatorio dell’Unione europea, nella contingenza della guerra lanciata dalla Russia in Ucraina, ha contribuito ad ampliare l’interazione fra la Repubblica e le istituzioni di Bruxelles. All’adesione sammarinese agli interventi dell’Unione europea si accompagna l’appoggio sammarinese alle risoluzioni delle Nazioni Unite, non ultima la posizione tenuta da San Marino il 22 marzo scorso rispetto alla risoluzione Humanitarian consequences of the aggression against Ukraine. Questi passaggi hanno permesso a San Marino di compiere una scelta alta e netta, operata all’unanimità dal Consiglio Grande e Generale e dal Congresso di Stato, con un’interpretazione aggiornata della storica neutralità di San Marino: una scelta saggia e allineata all’evoluzione dei principi dello stato di diritto sul piano internazionale. È quest’ultimo, come abbiamo affermato in principio, il vero ancoraggio per proteggere l’indipendenza, la libertà e la sovranità della Repubblica di San Marino, così come il suo tessuto politico, economico, giuridico e identitario.

Mi auguro quindi che, accanto agli accordi firmati con l’Italia, anche l’ampliata interazione con le istituzioni di Bruxelles di queste settimane possa essere di auspicio per intensificare le trattative e portare a termine i negoziati per l’Accordo di associazione fra San Marino e l’Unione europea.

Queste ultime notazioni sugli accordi tra Italia e San Marino, tra San Marino e l’Unione europea, ci riportano all’importanza dell’aspetto relazionale che, come abbiamo detto, vale per i singoli, così come per le comunità, locali o nazionali che siano. Tutti gli sforzi di riforma che l’Italia e San Marino stanno compiendo sono tesi a salvaguardare questo valore che la giustizia, in primo luogo, ha il compito di tutelare. La Costituzione italiana lo rende evidente in maniera esemplare quando, nella Parte prima dedicata ai diritti e ai doveri, li qualifica come rapporti. Sono i rapporti il cuore pulsante delle nostre società, sono i rapporti che la democrazia intende custodire perché si affermino con giustizia, uno dei pilastri fondamentali dell’edificio democratico.

In questa giornata di insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, l’augurio che rivolgo loro è che questi valori possano illuminare costantemente il compito che li attende in questo semestre di reggenza.

Grazie”.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy