“Dibattito speciale sulle questioni politiche attuali: il Kosovo”
La proclamazione di indipendenza del Kosovo rappresenta senza dubbio un atto di grande importanza politica. Il cuore dell’Europa torna di nuovo a battere velocemente così come era accaduto per tutti gli anni ’90. Una nuova identità statuale sta dimostrando la propria esistenza e questo non può che trovare attenzione da parte della comunità internazionale che ha il compito imprescindibile di garantire l’affermazione dei diritti dei popoli. Fra questi, il diritto all’autodeterminazione è uno dei più importanti e va quindi difeso.
Abbiamo però il dovere di analizzare cosa è accaduto negli anni ’90, mentre il processo di formazione della nuova Europa era in pieno svolgimento. Non è sufficiente ricordare i duri anni di guerra che si sono succeduti, toccando una larga fascia dei territori della ex Yugoslavia, ma, al di là dei conflitti, non dobbiamo dimenticare la violenza sulle popolazioni civili sfociata spesso nella ferocia prodotta dall’odio etnico. Gli effetti dell’odio hanno continuato a manifestarsi anche a guerra conclusa, e solo un lento e paziente processo di distensione ha consentito di risanare quelle profonde contraddizioni, che purtroppo in parte sono soltanto sopite.
L’atto finale di Helsinki ha un ruolo fondamentale nella conservazione di un equilibrio precario che da solo poco tempo sta cercando di dimostrare di camminare sulle proprie gambe. La tensione prodotta dal gesto unilaterale non genererà sicuramente un conflitto vero e proprio, ma di certo aumenta la preoccupazione che sul territorio kosovaro possano essere individuate, come capri espiatori, etnie vicine all’ex dominatore serbo.
Sebbene la proclamazione di indipendenza sia stata accompagnata dalla dichiarazione del rispetto delle minoranze da parte delle nuove autorità, questo timore rimane alto e proprio ieri ci è stato confermato dallo stesso Ambasciatore Vollebaek, Alto Commissario per la Salvaguardia dei Diritti delle Minoranze Nazionali, quando ha detto che le minoranze serbe in Kosovo si sentono protette dalla presenza internazionale, e senza tale presenza potrebbe verificarsi un esodo di massa.
Certo la popolazione del Kosovo ha in questo momento la necessità di essere sostenuta dalla solidarietà internazionale, ma non vorremmo che la velocità con cui numerosi Paesi hanno riconosciuto la nuova entità nazionale assumesse il tono della provocazione contribuendo a riaccendere quello stesso odio nazionalistico che rappresenta, assieme a quello religioso, uno dei più gravi difetti del genere umano.
Per queste esplicite ragioni la Repubblica di San Marino ritiene quanto mai opportuna la presenza della missione OSCE in Kosovo auspicandone un suo potenziamento, e propone l’avvio immediato di un tavolo di discussione politica intorno al quale debbano sedersi le parti in campo sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
Un problema di tale portata non può e non deve essere sottovalutato e ci sembra corretto sostenere una posizione di attesa prima di procedere al riconoscimento, affinché entrambe le parti possano contare su un contesto internazionale che manifesti la propria imparzialità di giudizio.
La Delegazione della Repubblica di San Marino
presso l’Assemblea Parlamentare dell’OSCE