Intervista a Paolo Giovagnoli di David Oddone, L’Informazione di San Marino

Intervista a Paolo Giovagnoli di David Oddone, L’Informazione di San Marino

 L’Informazione di San Marino

Giovagnoli:
“Bianchini a San Marino godeva
della protezione di
Gendarmeria e del Governo”

 Il procuratore capo di Rimini: “Le autorità del
Titano non garantiscono il rispetto di alcune norme. Si faccia come a
Monaco”

David Oddone

 

Il dottor Paolo Giovagnoli, ha rilasciato al nostro giornale una esclusiva intervista nella quale ripercorre i principali fatti di cronaca e i rapporti fra San Marino e Italia.

 Dottore, qual è l’importanza di una operazione come “Criminal Minds”? “Direi che ha un’importanza sociologica e criminologica fondamentale per capire e fare capire quale tipo di realtà si è sviluppa non sono a San Marino, ma anche in Riviera. Dall’indagine emergono prove piuttosto evidenti di come imprenditori reali e veri con attività reali e vere – non dei paraventi per attività illecite – si servono in maniera organizzata di uomini di mano, che ricorrono a minacce e violenze per i propri affari. Ciò emerge chiaramente dal contrasto tra Bianchini e Vitalucci. Entrambi si avvalgono di un certo tipo di personaggi, dei malavitosi, per dirimere contenziosi economici, che dovrebbero invece essere risolti nelle aule di giustizia”.

 Che cosa preoccupa maggiormente in questa indagine? “Vorrei innanzitutto precisare che al momento si tratta di una ipotesi accusatoria e che non ci sono ancora condanne definitive, anche se le misure richieste dalla procura sono state confermate praticamente tutte anche dal Riesame. Fatta questa premessa posso dire che l’aspetto che spaventa è proprio l’utilizzo della malavita e le violenze poste in essere per risolvere controversie di affari. Il problema è che quei malavitosi a cui si sono rivolti i due imprenditori, avevano bisogno di una protezione sempre più alta e alla fine tutti sono arrivati a rivolgersi alla camorra per decidere chi deve vincere. Tutti insomma vanno a chiedere aiuto al più importante e alla fine si arriva tutti quanti dallo stesso soggetto, che decide in maniera insindacabile chi deve soccombere. E’ la criminalità organizzata, gente spregiudicata e propensa a commettere reati, l’arbitro degli imprenditori”.

 Che cos’altro l’ha colpita? “Venendo ad aspetti che riguardano più Rimini, diventa interessante l’altro livello dell’indagine che vede il coinvolgimento di professionisti che lavorano in società con malavitosi. Emerge insomma uno spaccato di corruzio- ne che coinvolge in parte anche la cosiddetta società civile. Lo dissi anche a San Marino in una conferenza pubblica nella quale lei era moderatore: la disponibilità di soldi porta alla corruzione di persone di ogni genere, anche appartenenti alle forze dell’ordine, che vengono coinvolti nella gestione del malaffare”.

Che cosa può dire invece rispetto agli sviluppi dell’indagine? Si parla di un possibile intreccio fra compagnia delle opere, massoneria, poteri forti romani e chi più ne ha più ne metta… “Non posso dirle praticamente nulla. La Compagnia delle opere francamente non la ho mai vista entrare in questa indagine. Per quanto riguarda il resto, si tratta di voci che allo stato attuale non trovano conferma nelle indagini. E’ invece vero che c’è stato il sequestrato di interessante materiale che è oggetto di analisi. E tra questo materiale emergono timbri di enti pubblici molto in alto e società private, trovati nella disponibilità del Ricciardi. A cosa servivano e se sono veri o falsi ancora non lo sappiamo. Siamo ancora all’inizio: pensi che il materiale da San Marino è arrivato solo due giorni fa ed in piccola parte. Si tratta di una indagine lunga”.

 Esiste un coinvolgimento di politici sammarinesi o italiani? “Allo stato attuale no”.

 In questi giorni il governo ha contestato i dati di Grasso sulle infiltrazioni mafiose sul Monte. Che idea ha invece lei di San Marino? “San Marino è una realtà contraddittoria. Simultaneamente esiste una buona collaborazione con alcuni magistrati sammarinesi con cui facciamo rogatorie e operiamo in maniera rapida e senza impacci burocratici. Rapporti basati sulla efficienza e fi- ducia e la collaborazione è molto buona. Nello stesso tempo poi si legge della denuncia di Vitalucci che è stata bloccata…”.

 Sta dicendo che se hai conoscenze particolari a San Marino diventi intoccabile? “Per essere chiari ho come l’impressione che una persona come Bianchini godesse di ampie protezioni politiche a San Marino per operare come secondo l’accusa operava. Ho la convinzione altresì che godesse di una certa protezione nell’ambiente della gendarmeria e anche a livello di governo. Ma non solo”.

 A chi altri sta pensando? “Diciamo che l’intervento a mezzo stampa del vescovo Luigi Negri a sostegno di Bianchini mi ha sorpreso. Devo però anche constatare che la gente comune spesso agisce in buona fede. Mi spiego: noi come procura abbiamo efficaci mezzi di indagine per capire quello che comuni cittadini non possono sapere. Voglio dire che non è detto che il vescovo fosse a conoscenza di quello che stava facendo Bianchini quando lo ha difeso”.

Secondo lei potrebbe essere utile, come ha proposto qualche politico sammarinese, aprire i confini tra San Marino e Italia per particolari reati connessi alle mafie? “Potrebbe essere utile, certo. Credo che non sia possibile pensare di duplicare a San Marino quegli strumenti che hanno a disposizione i grandi stati europei. Al contrario è importante creare un canale, con strumenti agili e codificati, che devono per forza di cose passare dalla modifica degli accordi fra Italia e San Marino. La polizia sammarinese dovrebbe potersi avvalere di quella italiana per indagini di particolare importanza. Anche perché nella totalità dei casi, quei reati commessi a San Marino dove dietro si intravede la criminalità organizzata, non vengono commessi solo sul Titano, ma anche in Italia. Esiste dunque un interesse reciproco a intervenire”.+++++++++++++ Ha in mente un particolare modello di riferimento? “Penso all’esempio di Monaco che non ha questa apparente e totale indipendenza dalla Francia, come San Marino con l’Italia. A Monaco l’ordine pubblico e la magistratura hanno rapporti strutturati con la Francia che presta al Principato la propria polizia per determinati periodi di tempo. Polizia che di fatto resta francese. Non voglio parlare di protettorato, ma San Marino non può essere considerato un grande Stato indipendente. Il Titano ha bisogno di sostegno sulla criminalità organizzata. Nessuno se la deve prendere: con l’Unione Europea e gli organi sovranazionali, anche la stessa Italia fatica a mantenere una indipendenza reale”.

Che ne pensa dell’idea rilanciata dal colonnello della guardia di finanza Lucignano, proprio dalle pagine de L’Informazione, circa la possibilità di una dogana fissa fra Titano e Italia? Potrebbe essere una soluzione per limitare l’operatività delle mafie? “Il colonnello Lucignano è uno di quelli maggiormente impegnati su questi temi e sull’utilizzo illecito di San Marino. E’ evidente dunque che se lo dice, la fa perché ha una esigenza specifica. A mio parere però la soluzione non è questa. Tra tutti i Paesi europei non esiste più la dogana. Se si mette una dogana a San Marino signi- fica che è fallita ogni possibilità di collaborazione. Io non voglio credere a questo tipo di scenario e dunque credo sia giusto trovare altre soluzioni. D’altro canto se i finanzieri si trovano a richiedere certe misure, questo avviene perché le Autorità di San Marino non garantiscono il rispetto di alcune norme. Mi riferisco giusto per dirne una, al problema dell’Iva. Bisogna trovare un modo per collaborare”.

Un’ultima domanda. Dalle intercettazioni nell’ambito dell’operazione “Criminal Minds” emerge come alcuni degli indagati parlino in termini non proprio rassicuranti degli articoli fatti dal sottoscritto. I giornalisti, la stampa, devono dunque preoccuparsi dell’interesse della criminalità organizzata e delle mafie? “Le posso dire che non ho ancora visto da quando sono a Rimini concretizzarsi minacce mafiose nei confronti di soggetti puliti. L’impressione è che i malviventi cerchino soggetti deboli da attaccare, come del resto emerso dall’operazione Vulcano. A rischio sono in particolar modo coloro che ricorrono a questi soggetti per avere dei soldi e che in questo modo si consegnano a queste persone”.

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