La Piazza che scotta. Elena Guidi, Sottomarino

La Piazza che scotta. Elena Guidi, Sottomarino

LA PIAZZA CHE SCOTTA
Esistono decine di motivi a San Marino per NON scendere in piazza.
Non serve a niente, “tanimodi i fa cum chi vo”.
Non è chic.
Ci vuole rispetto per le istituzioni.
Ti ritrovi con i soliti dieci illusi come te.
E’ roba da comunisti, anarchici, facinorosi.
Le manifestazioni vengono sempre strumentalizzate da qualche partito politico.
E’ facile protestare, ma dove sono le idee?
C’è quello lì “c’l’è è fiul de cusoin dl’amigh d’un c’um sta antipatic”.
Non ci si può lamentare adesso, dopo che abbiamo “mangiato” tutti per un ventennio.
Verrei ma non ho tempo.
Verrei ma sono in vacanza sul Mar Rosso.
Ormai “ii a so vècc, brèv brèv, giuvnot, dèv da fè!”.
Tutte queste ragioni di facciata nascondono quattro sostanziali fattori che fanno sì che nel nostro paese mobilitare folle di cittadini per questioni di alti principi (democrazia, legalità, trasparenza, sostenibilità) – che quindi non coinvolgano interessi direttamente monetizzabili – sia praticamente impossibile: le paure/remore di varia natura, il pressappochismo, l’ipocrisia, l’abitudine al disimpegno.
Le prime possono derivare da un pudore ad esporsi, in una piccola realtà in cui si è facilmente identificabili e sottoposti al giudizio sociale; dal timore di piccole ritorsioni da parte del potente che può sentirsi disturbato o messo in imbarazzo; dal disagio di dover contestare qualcuno che magari in altra occasione ci ha indebitamente favorito; dall’avere, in sostanza, qualcosa da perderci o nulla da guadagnarci.
Senza contare il preconcetto, pressappochista appunto, secondo cui le persone serie, quelle che hanno veramente qualcosa da dare al Paese, lo fanno in ben altri modi; come se la piazza fosse un luogo per cialtroni incapaci di esprimersi ad un livello più “elevato” e dunque una modalità escludesse l’altra. O il ritornello imperante “non basta criticare, ci vogliono idee e proposte”, usato sistematicamente per sminuire chi idee e proposte NE HA, ma non trova né spazi adeguati per esprimerle – di certo non può bastare un cartellone – né orecchie che abbiano veramente voglia di ascoltarle.
La tradizione, poi, vuole che i panni sporchi si lavino in famiglia, ed appenderli sul filo nella pubblica piazza, specialmente in giornate in cui il mondo “ci guarda”, è qualcosa che scandalizza i puristi dell’immagine, ovvero coloro che – amando il Paese solo a parole – ci tengono che l’argenteria sia sempre lucida e faccia bella mostra di sé in vetrina, comportandosi di fatto come un genitore che pretende di aiutare il figlio in difficoltà coprendolo e giustificandolo, anziché ammettendo i suoi problemi e chiedendo aiuto.
Infine, il tepore del benessere in cui ci siamo accomodati per un trentennio ha favorito il proliferare dell’acaro della pigrizia e della delega, rendendoci cittadini sonnolenti, restii ad abbandonare le pantofole o le distrazioni, sempre pronti ad accampare scuse pur di non sacrificare alcunché di personale, comprese quelle poche ore di tempo necessarie ad uscire di casa per portare “in dono” la propria presenza. Così, da una pigrizia protratta, nasce l’ignavia, la dispersione, la difficoltà a relazionarsi e ad aggregarsi; e nasce anche l’ignoranza civica, che può raggiungere vette clamorose, com’è il caso di quella voce che il primo aprile scorso, davanti al corteo dei manifestanti, chiedeva ad un gendarme se fosse una cosa “legale”.
Sul volantino diffuso durante la contestazione campeggiavano i titoli di giornale più significativi delle nefandezze emerse negli ultimi sei mesi, riguardanti direttamente o di rimbalzo la nostra Repubblica. Se ogni sammarinese che leggendo queste notizie è trasalito, si è indignato, si è lamentato nei corridoi di un ufficio o in un bar, ha inveito o si è prodotto in turpiloqui di varia natura, si è vergognato, disperato, disgustato… – se ognuno di questi cittadini avesse accettato l’invito a partecipare, la Piazza della Libertà non sarebbe bastata a contenerci tutti. E forse a quel punto non sarebbe stato poi così inutile. E’ questo, in ordine di importanza, il primo, grande, vero cambiamento che il nostro Paese deve attuare per poter risorgere. Riappropriarsi della piazza – in senso letterale e figurato – come luogo simbolo della res publica.
Ci sono tanti motivi a San Marino per NON scendere in piazza, e forse solo UNO per farlo: la riconquista della propria dignità di persone libere e del proprio potere di cittadini.
Elena Guidi
Movimento SottoMarino

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