La Repubblica, Mara Chiarelli. Lecce. Fallimentare, il presidente non ci sta ‘Ma ho denunciato io lo scandalo’

La Repubblica, Mara Chiarelli. Lecce. Fallimentare, il presidente non ci sta ‘Ma ho denunciato io lo scandalo’

LO SCANDALO

Fallimentare, il presidente non ci sta

“Ma ho denunciato io lo scandalo”Lucafò è tra i sei giudici indagati dalla procura di Lecce per le mazzette e i pagamenti gonfiati ai consulenti. Coinvolti una decina di cancellieri, professionisti e imprenditori. Anche Savino e l’Anm difendono il presidente che rcorda: “Scoprimmo il cadavere nell’armadio, l’abbiamo tirato fuori, abbiamo raccolto le prove e ora mi trovo nella bufera”

MARA CHIARELLI

 
 Fascicoli della Fallimentare
  “Se si affaccia lunedì troverà la solita fila di curatori che convochiamo ogni settimana per sollecitarli sulla chiusura di pratiche”. È seduto al suo posto, pur se scosso dalla notizia di essere indagato a Lecce, il presidente della sezione fallimentare del tribunale di Bari, Franco Lucafò. Altri cinque giudici baresi, cancellieri, professionisti e imprenditori di tutta Italia hanno ricevuto dalla procura salentina una proroga delle indagini preliminari. I magistrati sono Enrico Scoditti, Anna De Simone, Luigi Claudio, Maria Luisa Traversa e Michele Monteleone. “Non ne avevo saputo niente finora “, spiega Lucafò, insediatosi nel gennaio 2009 al posto del predecessore Luigi Claudio. Dieci mesi dopo, a novembre 2009, era esploso lo scandalo Vignola, l’avvocato accusato dalla Procura barese di aver falsificato mandati di pagamento, grazie ad altri complici. “Non riesco a capire di cosa sono accusato”, lamenta Lucafò che dal suo insediamento ha lavorato, con il presidente del tribunale Vito Savino, per rimettere in sesto la barca della fallimentare, danneggiata da profonde falle.
“Posso ipotizzare che, nell’ambito di quel fallimento – riflette siano state commesse negligenze, o che i magistrati leccesi non siano d’accordo con l’interpretazione giuridica data ad alcuni fascicoli. Ma in tal caso, esiste la corte d’appello, non l’inchiesta penale “. Le accuse, a vario titolo, per i 6 giudici e gli altri 10 personaggi dell’indagine sono corruzione per atto d’ufficio, usura e peculato. “Prima
del mio arrivo – racconta Lucafò – c’erano alcuni curatori che lavoravano prevalentemente. Abbiamo eliminato il problema e controllato a rotazione che le procedure non si arenassero. A quel punto è capitato il caso Vignola. E noi, che dovevamo fare: lasciare le cose come stavano? Quando trovi un cadavere nell’armadio che fai? Noi lo abbiamo tirato fuori, trovato le prove e questo ha scatenato la bufera”.
Una bufera investigativa che avrebbe accertato un sistema di finte compravendite di immobili, con la caparra che rimane nelle mani dell’acquirente virtuale per nascondere la tangente. Tra le operazioni sotto osservazione ci sarebbe la vendita di un appartamento di via Cognetti alla compagna del giudice Michele Monteleone, la commercialista Anna Maria Accogli (anche lei indagata) dagli avvocati Gaetano e Marco Vignola. La mente delle operazioni sarebbe a San Marino, nello studio del commercialista Enzo Zafferani, coinvolto nell’inchiesta.”Il danno che si fa, con questo diffondersi di notizie, è notevole – si amareggia Lucafò – per una sezione che sta per decidere su fallimenti importanti sul piano economico, su aziende in stato di crisi. Noi non ci facciamo intimidire, ma non va bene che si pensi che a decidere sul destino di quelle
aziende sia una manica di corrotti “.
E a sostegno di Lucafò, è arrivata una dichiarazione di Vito Savino: “Si tratta di accertamenti in svolgimento, che sono derivati da denunzie puntuali presentate dagli stessi giudici (specificamente dal presidente della sezione dottor Franco Lucafò in servizio da gennaio 2009)”. Al suo fianco anche il presidente dell’Anm di Bari, Salvatore Casciaro: “La divulgazione di notizie sommarie su indagini avviate a Lecce, su denuncia del presidente Lucafò, e ancora in fase di approfondimento”, rischia “di ingenerare ingiustificato discredito sull’operato di una intera importante sezione del tribunale di Bari”.

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