La Repubblica sulla vendita di Delta, Andrea Greco

La Repubblica sulla vendita di Delta, Andrea Greco

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Andrea Greco
“Qui serve una soluzione di sistema”. Quando un banchiere dice così, attenzione. Specie se il banchiere è centrale. Risulta che il governatore Mario Draghi, preoccupato per le sorti di Delta – banca di credito al consumo autorizzata due anni fa, commissariata due mesi fa – mastichi la frase fatidica, e da settimane abbia chiesto ai suoi azionisti di accomodarsi.

Dopo lo scandalo seguito all’inchiesta di Forlì su Cassa di San Marino, (primo socio e reggente, in tandem con i manager bancari sammarinesi), tocca trovare a Delta equilibri nuovi. Che permettano l’uscita degli azionisti senza altri smacchi. E pongano in sicurezza 4,5 miliardi di euro di attivi, quasi tutti finanziati da banche – per il 40% la Cassa di Risparmio di San Marino, poi Unicredit, Banco popolare, Bper, Barclays, Dresdner – non garantiti da beni reali o passabili di deterioramento, per i riflessi che le indagini possono avere sulla forza commerciale del gruppo e sulla sua capacità di incassare le rate dei clienti. Tuttavia, sembra che l’azionista di maggioranza off shore persegua altre strade che quella di via Nazionale nella vendita delle quote Delta.
Un allarme è venuto dalla politica: il senatore Elio Lanutti (Idv) ha chiesto al governo, dopo numerose interrogazioni “se effettivamente siano stati coinvolti nell’indagine di Forlì altissimi ex dirigenti Bankitalia”. Il 30 giugno l’assemblea di Delta voterà il bilancio 2008, che dovrebbe chiudere con qualche milione di utile e nessuna ‘sorpresa’. I numeri 2007 sono 2,35 miliardi di debiti verso banche e 1,2 miliardi sui consumatori. Fanno 3,5 miliardi di attività “disponibili per la vendita”, quindi iscritte a fair value e soggette a rovesci della recessione. Ma il vero, attuale pericolo è di tipo reputazionale: se il commissariamento ingessa il business delta può perdere per strada i venditori, e con essi la capacità di farsi pagare le rate, o almeno ristrutturarle. L’eco dell’inchiesta che ha travolto il suo primo socio (vertice in arresto e 40 indagati per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, truffa, delitti fiscali, abusiva attività bancaria) è forte. A recente critica ispezione di vigilanza aveva rilevato gli intrecci con Cassa di San Marino, da cui viene “il 37,6% della raccolta interbancaria Delta”. Pare sia stato siglato un accordo che congela i debiti bancari per tutto il 2009, ma il tempo stringe.
Per queste ragioni i conversari su Delta si vanno infittendo, in due direzioni. Bankitalia gradirebbe la nomina di un advisor che con processo lineare e trasparente trovi un partner con le spalle grosse, cui “accasare” Delta. Mentre i sammarinesi, che hanno la maggioranza, cercano soluzioni più soggettive. Un’opzione di compromesso potrebbe essere il ritorno di Delta sotto l’ala di Neos, rivale nel settore che ha sede a Bologna e fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo. Ma il dossier è ardito e sarà difficile che Ca’ deSass accetti la sfida. Altri potenziali candidati consumer sono Findomestic, paritetica tra Bnp Paribas (51%) e Carifirenze (ora Intesa Sanpaolo) e l’Agos del Crédit Agricole.

Andrea Greco
La Repubblica,
www.repubblica.it

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