La Serenissima: Ragini e’ andato alla conquista della Slovacchia ‘Cerco sempre nuove esperienze culturali e sociali’

La Serenissima: Ragini e’ andato alla conquista della Slovacchia ‘Cerco sempre nuove esperienze culturali e sociali’

La Serenissima

Intervista all’allenatore che ha già lavorato in Svizzera, Olanda e Lituania. Ora ha un’altra avventura

Ragini è andato alla conquista della Slovacchia
“Cerco sempre nuove esperienze culturali e sociali”

Andrea Lattanzi

Sono tanti i sammarinesi, giovani e non, che decidono di abbandonare il proprio Paese d’origine per andare a lavorare o a studiare all’estero. Tra questi c’è anche Marco Ragini che, sulle colonne del nostro giornale, ha voluto raccontarci i motivi che l’hanno spinto a girare il mondo per praticare il difficile mestiere di allenatore di calcio.

Marco, come è finito a lavorare inizialmente in Svizzera?
“Sono un allenatore professionista di calcio. Anni addietro ho conseguito la massima licenza a Coverciano (Uefa Pro) e questa mi permette di poter allenare qualsiasi squadra professionista di qualsiasi livello del mondo calcistico. Praticamente sto allenando all’estero dal giugno del 2007. Ero reduce da una dolorosa e umiliante retrocessione con il San Marino Calcio, allora nelle veci di vice allenatore, quando tramite un caro amico, venni consigliato all’attuale direttore generale del Genoa per andare ad allenare in Svizzera. Io d’istinto accettai la proposta e nel giro di pochi giorni mi ritrovai a lavorare in Svizzera, dove ho guidato il Chiasso in Challenge League e poi il Bellinzona in Super League fino al 2011”.

Finita l’esperienza elvetica, in quali altri Paesi stranieri ha lavorato?
“Sono andato a fare una esperienza a Roterdaam in Olanda (Erredivision), ad Alytus in Lituania (A-Lyga), poi sono tornato in Svizzera per allenare il Locarno (1 Liga Promotion) e infine sono approdato un mese fa in Slovacchia per diventare allenatore del Dolny Kubin (1.Liga). Tutto è passato in fretta, ancora non mi rendo conto di questi nove anni lavorativi trascorsi all’estero!”

Quando ha deciso di intraprendere la carriera di allenatore, aveva messo in conto di lavorare all’estero?
“Sin da ragazzino desideravo e sognavo di poter svolgere la mia attività lavorativa e sociale nei vari paesi dell’Europa. Nonostante la giovane età, il mio sogno che più mi affascinava era quello di fare l’allenatore: il pensiero della massima responsabilità di gestire e dirigere una squadra, magari proprio all’estero. Inizialmente ho fatto tutta la trafila a San Marino, sia per la Federazione sammarinese giuoco calcio e sia per il San Marino Calcio. Poi, dopo qualche anno, capii che non sempre la meritocrazia veniva attuata in questo ambiente, come in altri del resto, e decisi, data la mia voglia di conoscere e crescere era tanta, di cambiare aria. Era arrivato il giusto momento di abbandonare la ‘campana di vetro’ che si era creata attorno a me lavorando in questo territorio. Il primo passo da fare era quello di varcare il confine, e da li iniziai a lavorare a Riccione e poi a Modena. Poi gli anni successivi arrivò la proposta per l’estero di cui le ho parlato nella sua prima domanda”.

Come è stato per lei lasciare San Marino?
“Quando si pensa di aver le idee chiare, non si fa il conto anche alle rinunce importanti che si va incontro: ti trovi davanti ad un bivio, dove da una parte c’è una speranza migliore lavorativa che in un futuro potrebbe dare vari tipi di gratificazioni e dall’altra parte c’è lo ‘storico’ cioè il normal vissuto della propria persona, con la famiglia al primo posto, gli amici, le abitudini. Non è stato per niente facile lasciare San Marino. Quando parti e passi il confine, si vede nello specchietto retrovisore dell’auto la sagoma del Monte Titano e, sapendo che per tanti mesi non l’avrei potuto vedere, non nascondo che un ‘nodo in gola’ l’ho avuto!. Ho passato fino a un anno intero senza far ritorno a San Marino e, mi creda, solo allora ho capito quanta sofferenza hanno patito tutti gli emigranti che più di mezzo secolofa partivano dal Titano, tra i quali anche i miei genitori. Questo era vero sacrificio, il mio non ha nulla a che vedere con ciò perchè ora c’è internet, Skype e tutti i vari social che ti fanno sentire vicino alle persone care”.

Vorrebbe tornare in futuro a San Marino dal punto di vista professionale?
“Considerando la mia tipologia di lavoro, desidererei lavorare sempre a buoni livelli qua all’estero, cercando ovviamente di migliorarli, magari cambiando ancora tanti Paesi. Questo mi permetterebbe di arricchirmi come conoscenza sia lavorativa sia di vita. Non nascondo che sarebbe bello tornare a svolgere la mia attività lavorativa a San Marino con un ruolo di responsabilità ma, evidentemente, per molti risulto ancora ‘invisibile’ e la preferenza cade su altre figure, probabilmente reputati più idonei a certe dinamiche e a logiche di chi decide”.

Quali sono le differenze che ha trovato tra San Marino e i Paesi stranieri in cui è stato?
“Qua all’estero bisogna essere perspicaci, capire più velocemente possibile la mentalità, le usanze e la vita del Paese che ti ospita. Ogni giorno mi ripeto: ‘Marco tu sei ospite. Anche se lavori e contribuisci, sei sempre un ospite’. Con questo spirito si affronta ogni avventura lavorativa, sai che da una parte ti devi sempre adeguare alle nuove situazioni e dall’altra ci devi mettere il tuo, voglio essere un valore aggiunto, perchè vengo da lontano, vengo dalla Repubblica più piccola e antica del mondo e questo mi rende fiero. Nelle due realtà sportive del mio settore di competenza, abbiamo che in una è radicato ancora un sistema obsoleto, dove la meritocrazia professionale e le competenza sembra sia un tabù mentre l’altra ha perso completamente la sua identità sammarinese, lasciata andare in mano a singoli non curanti del territorio in cui sono ospiti anche se qui ci lavorano. In Svizzera, Olanda, Lituania e Slovacchia ho trovato culture diverse che hanno poco da spartire con usanze, consuetudini e sistema sociale di San Marino. Non dico meglio, dico diverse. In questo ultimo decennio gli Stati dove ho vissuto si sonodecisamente ‘globalizzati’, incrementando in modo significativo la loro qualità di vita e tutti i servizi primari a favore del cittadino. Il gap che ci distingueva in qualità e tenore di vita, non solo si è annullato ma siamo anche purtroppo rimasti indietro. Forse ci siamo resi conto tardivamente dell’esaurirsi delle risorse e ci siamo adagiati per troppo tempo, non adeguandoci al ritmo di crescita di quest’altri Stati”.


Nonostante si trovi in Slovacchia, si tiene in qualche modo informato su tutto ciò che succede in Repubblica?
“Certo. Grazie ai media informatici mi tengo sempre informato quotidianamente su ciò che accade in Repubblica ed è per questo che sono aggiornato e ancor più convinto sulle mie considerazioni a lei raccontate in questa intervista. Anche se non in prima persona, seguo le vicissitudini della Repubblica e sono dispiaciuto dell’attuale situazione politica a San Marino, dell’instabilità del Paese e della precarietà dei cittadini lavoratori”.

Pensa che sia in aumento il numero dei sammarinesi che cercano la loro fortuna all’estero?
“Io mi ritengo un uomo fortunato, che, dall’età di 16 anni a oggi che ne ho 48, ho sempre avuto continuità lavorativa ma, ora come ora, avere un’occupazione e serenità lavorativa a San Marino sta diventando un prezioso privilegio. Anche se ora vivo a 2mila chilometri dal Titano, sono solidale con i miei concittadini e purtroppo credo che aumenteranno, in numero considerevole, coloro che cercheranno lavoro all’estero”.

Cosa dovrebbe migliorare San Marino?
“Non ho le capacità per dare consigli ai nostri governanti, di come uscire velocemente da questa situazione imbarazzante. Posso però solo dire che, coloro che intraprenderanno una esperienza lavorativa all’estero, nel grande sacrificio ci sarà anche un fattore positivo: un impagabile bagaglio di nuove esperienze culturali e sociali che, rimanendo circoscritti nei nostri 62 chilometri quadrati, risulterebbero veramente improbabili ad acquisirle”.

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