L’informazione di San Marino: Sospensione in caso di rinvio a giudizio la prassi non vale in Banca centrale

L’informazione di San Marino: Sospensione in caso di rinvio a giudizio la prassi non vale in Banca centrale

L’informazione di San Marino

Sospensione in caso di rinvio a giudizio la prassi non vale in Banca centrale

Nel caso Vivoli non viene usato lo stesso metro utilizzato in altre istituzioni

Durante le indagini sulla tangentopoli sammarinese-conto Mazzini, in più di un caso ci si è trovati di fronte a dimissioni motivate dalla pendenza dell’inchiesta a proprio carico o, in altri casi, remissione di mandato arrivata dopo il rinvio a giudizio. Sospensioni prima e dimissioni, poi, da partiti e dal Consiglio, per i politici. Ma questa prassi non vale evidentemente per Banca centrale. 

Che in
Via del Voltone si utilizzasse una
diversa modalità di approcciarsi
alle vicissitudini giudiziarie, lo si
era capito da subito. Prima, infatti,
in particolare per l’ex direttore
di Bcsm Mario Giannini e per
Andrea Vivoli, entrambi membri
della Vigilanza, c’era stata un’autosospensione
quando era emerso
il caso del trasferimento di sei
miliardi di dollari di un paperone
ungherese, con qualche guaio con
la giustizia, dal Giappone. Poi, arrivato il decreto di rinvio a giudizio
della maxi inchiesta Mazzini
e constatato che l’attività dei due
funzionari di Bcsm non rientrava
tra i fatti contestati, c’era stata
una auto-riabilitazione. Quindi
era emerso che, per quell’episodio,
i due erano però indagati in
un fascicolo stralciato dal principale.
Vivoli era stato trasferito,
pur rimanendo in Banca centrale,
ad incarico diverso, pur sempre
operativo, e legato anche alle relazioni
internazionali. Giannini, invece, peraltro indagato e poi
rinviato a giudizio anche per la
famosa vicenda del bonifico Bcs
in blocco dei pagamenti, si era dimesso
dalla carica di direttore.

I primi di ottobre è arrivato, per
la vicenda dei miliardi di dollari
dal Giappone destinati ad Asset
Banca per il tramite di Banca
Centrale, il rinvio a giudizio di
Giannini e Vivoli con la contestazione
di non aver segnalato
l’imponente transazione sospetta
all’Aif, l’Agenzia di informazione
finanziaria. E’ qui che, la prassi
usata in Via del Voltone, è diversa
sia da altri ambiti della Pa – dove
il rinvio a giudizio implica la sospensione
dall’incarico – sia dalle
modalità usate in altre istituzioni.

Dimissionari dal Consiglio, già nella fase delle indagini, erano stati i consiglieri Upr Lonfernini, Marcucci, Mularoni e Meniccci; poi dimissionario prima dal Congresso, e dopo il rinvio anche dal Consiglio, Claudio Felici assieme a Stefano Macina, entrambi in seguito sospesi anche dalla Direzione del Psd come Stolfi. Sospesi dal loro partito anche Podeschi e Gatti. Anche per Mirko Mazzocchi, il gendarme condannato in primo grado per favoreggiamento, era arrivata la sospensione dal servizio già nella fase in cui era emersa l’indagine a suo carico. Non così in Via del Voltone dove
trattare del rinvio a giudizio di
Giannini e Vivoli, pare sia tabù.

La notizia è sfuggita, d’altra parte,
anche alla Tv di Stato. In ambito
politico, però, dove lo scossone
delle indagini giudiziarie è stato
maggiore, c’è chi si chiede se,
per salvaguardare l’autorevolezza
delle istituzioni, sia opportuno
usare la stessa prassi, che ha visto
decimati partiti in aula, anche in
Banca Centrale.

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