L’OCCASIONE MANCATA di Marco Podeschi

L’OCCASIONE MANCATA di Marco Podeschi

Movimento Democratici di Centro

Rinnovare è stata la parola probabilmente più usata a San Marino negli ultimi dodici mesi, applicata e declinata in tutti gli ambiti, dalla politica, all’economia alle istituzioni.

Il Patto per San Marino che con lo slogan “La Repubblica che vuole cambiare” ha ottenuto dai cittadini il consenso nel novembre 2008 per governare durante la XXVII legislatura, si poneva come obiettivi generali nel programma elettorale al punto 1.2. – il nostro orizzonte-:

* qualificare la politica delle relazioni con l’estero;

* qualificare le scelte politiche inserendole in un contesto di programmazione impostata sulla collaborazione tra pubblico e privato;

* governare il cambiamento e l’innovazione tramite un disegno complessivo, sostenuto politicamente, condiviso socialmente e teso a migliorare l’immagine della Repubblica;

* favorire l’internazionalità del Paese e l’eccellenza attraverso lo sviluppo di tre fattori chiave: il prestigio, la creatività e le competenze;

* perseguire un autentico cambiamento e una vera svolta, improntando finalmente l’agire politico alla correttezza, alla trasparenza e al confronto e incrementando una cultura della legalità e della responsabilità.

Ormai a quindici mesi dall’insediamento del governo, penso sia lecito fare qualche riflessione e bilancio di un’esperienza nata con molte aspettative, prima fra tutte l’accordo fra il PDCS e Alleanza Popolare, storici avversari nello scenario politico sammarinese.

Con questa alleanza si sono infatti verificate tutte le opzioni possibili nello scenario politico sammarinese fra gli attori in gioco. Vedere seduti nel Congresso di Stato insieme Gabriele Gatti, Claudio Podeschi, Romeo Morri conAntonella Mularoni e Valeria Ciavatta è uno scenario che solo qualche anno fa sarebbe stato definito visionario anche dal più smaliziato commentatore politico e ha praticamente azzerato gli ultimi vent’anni di politica sammarinese.

Il rinnovamento, invocato da molti prima delle elezioni, evocato anche da partiti che si sono affidati ai dinosauri per esorcizzare la voglia di nuovo del Paese, si è compiuto nel senso etimologico della parola rinnovare RE NOVARE – fare di nuovo qualcosa.

E’ accaduto così che il nuovo Congresso di Stato è stato formato per i sette decimi da politici che avevano già ricoperto incarichi di Governo, tre addirittura in forze politiche diverse rispetto a quelle in cui ora militano; un grande minestrone culturale nel quale otto forze politiche, quattro liste, hanno trovato l’intesa per rinnovare il Paese.
La storia recente è sotto gli occhi dei cittadini, soprattutto di chi ha votato Patto per San Marino per avere discontinuità e cambiare il Paese. L’immagine del Paese compromessa, rapporti esteri inesistenti, situazione economica e reputazionale gravemente compromessa

Chi doveva risolvere problemi attribuiti ai predecessori si è trovato a fronteggiare situazioni complesse con problematiche di natura strutturale che partono da molto lontano, probabilmente dai “terribili anni novanta” in cui la finanza iniziava a fare capolino ai confini e i piccoli / grandi scandali iniziavano a mordere il Paese. Allora la fiducia nel grande leader era forte, il nemico era Visco, l’amico Romano Prodi o Giulio Andreotti, il trenino Rimini – San Marino sarebbe arrivato sul monte, insieme al centro oncologico. Sono accaduti tanti fatti da allora e la sottovalutazione di problemi, cambiamenti a livello mondiale hanno portato alla situazione di oggi.

Era il dicembre 1998 San Marino entrava trionfalmente nell’area euro prima delle festività natalizie fra squilli di trombe e fanfare e nessuno pensava forse che, in ambito finanziario, questo passaggio epocale si sarebbe dovuto accompagnare da una serie di riforme rilevanti, che sarebbero dovute, probabilmente, passare anche dal riposizionamento del baricentro dell’economia e della finanza sammarinese che gravava solo sulla vicina Italia.

Passano solo tre anni e il 2001 , l’11 settembre, la comunità internazionale lancia l’offensiva globale al terrorismo, con una rivoluzione copernicana anche nell’approccio a tematiche finanziarie.
Anche qui tanti annunci, molta poca sostanza e soprattutto nessuna consapevolezza da parte della classe politica e di governo che il mondo intorno a San Marino stava inevitabilmente cambiando e che vecchie granitiche certezze sarebbero svanite di li a pochi anni per sempre.

In questo fa un po’ di tenerezza pensare al dibattito intorno all’accordo sulle doppie imposizioni fiscali fra Italia e San Marino, firmato in modo rocambolesco nella primavera 2002 dopo oltre due anni di dibattito interno, senza poi avere prodotto alcun effetto, perché, allora come oggi, lo scenario intorno a noi era mutato. Dibattito politico, sforzo diplomatico per una firma che sarà ricordata come fra le più inutili della storia recente del Paese.

I segnali erano evidenti, il baricentro geopolitico nei rapporti italo sammarinesi si era spostato, i politici italiani e l’amministrazione non accettavano più comportamenti da parte sammarinese ritenuti lesivi dei legittimi interessi nazionali.

La Guardia di Finanza ai nostri confini oggi opera, come operava nel 1997, nel pieno e legittimo interesse dello Stato Italiano per fare rispettare norme e principi che la nostra classe di governo invece non capisce. Il risultato lapalissiano è che gli interessi sammarinesi, in molti settori, collidono in modo evidente con quelli italiani.

Tale condizione sta diventando sempre più asfissiante e pesante e amplificata dalla crisi economica internazionale che sta colpendo anche San Marino e il Governo purtroppo si sta muovendo in modo maldestro, con metodi anacronistici, senza una strategia che possa realmente fare uscire il Paese dall’impasse nella quale è lentamente scivolato.

Non è scommettendo sull’Italia che usciremo da questa condizione, il rapporto con l’Unione Europea è di fondamentale importanza per uscire dalla trappola italiana, così come sviluppare una serie di relazioni concrete a livello bilaterali con Paesi extra europei per lanciare alcuni settori dell’economia. Il limite serio è di non avere negli anni costruito una classe dirigente sammarinese a tutti i livelli e di non avere compreso che uno stato delle nostre dimensioni non si può affidare solo a tecnici importati dall’Italia.
Alcuni paesi arabi hanno affrontato il problema di mancanza di una classe dirigente locale affidandosi a tecnici, i migliori, provenienti da ogni parte del mondo, affinché in modo celere si potessero reperire le migliori menti per fungere da supporto alla classe dirigente locale, che comunque detiene ogni aspetto decisionale finale. San Marino avrebbe necessità di una classe dirigente nella quale un melting pot di esperienze e culture lavora per assicurare lo sviluppo al Paese, con progetti innovativi. Noi negli anni novanta, come oggi ci siamo affidati a italiani, dicendo allora come oggi che non c’è una classe dirigente sammarinese pronta ad affrontare i problemi del Paese.

In questo è interessante una riflessione di Helmut Schmidt, già cancelliere federale della Germania, : “Guardare il mondo con gli occhi degli altri, con gli occhi dei partecipanti e degli antagonisti – e sotto il profilo dei loro interessi è un’arte che si può imparare soltanto a colloquio con persone di altre culture”.

Il dubbio sorge allora spontaneo, quale capacità può avere il governo di governare, composto poi da figure che governano oggi con metodi vecchi e hanno una preparazione ormai superata ?

E’ come se alle elezioni degli Stati Uniti nel 2008 avesse trionfato Richard Nixon anziché Barack Obama, anziché esserci un sostanziale passo in avanti abbiamo fatto un notevole passo indietro e qui concordo con alcuni amici del Patto per San Marino, il problema non è in un solo uomo, ma forse in una classe di governo, vecchia, logora, annichilita di fronte a temi che non ha la capacità culturale di elaborare e comprendere.

I fatti di questi mesi sono evidenti e non occorre essere di parte per comprendere come le opzioni praticabili da questa maggioranza siano ormai esaurite; l’arroganza, l’autoreferenzialità dei primi mesi hanno ormai lasciato spazio alla sfiducia alla quale non basta chiudersi in una sala di un hotel e dire la storia siamo noi oppure fare elenchi di preferenze per legittimare una vittoria elettorale ormai lontana frutto di una scelta che ormai molti sammarinesi stanno riconsiderando.

dott. Marco Podeschi

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