Attirare l’attenzione sulla malavita a San Marino come tante volte si è cercato di fare e con articoli e con istanze d’arengo o proposte di referendum specie in riferimento al settore immobiliare, il più esposto, è sempre stato considerato deleterio, dannoso per il Paese, dai governanti di turno.
“La politica prende queste notizie come inutile
allarmismo, nocivo all’economia“, ha affermato l’altra sera a Rimini il
magistrato di Palermo Piergiorgio Morosini.
Come esempio, per San Marino, il caso Lo Piccolo, di cui si venne a conoscenza nel marzo 2009. In un ‘pizzino’ con cui due personaggi – per evitare intercettazioni – dialogano
a Palermo nello studio di un avvocato si legge: ‘San Marino società
finanziaria investimento edilizio commercialista fa tutte
cose’.
A commento della notizia, invano, allora si scrisse: Molti fatti sammarinesi rimasti nel mistero vanno riletti
tenendo presente anche a San Marino potrebbe aver influito su di essi una
qualche forma di malavita organizzata.
Un segnale, come si sa, è la distruzione del territorio. Non è pensabile che in un Paese
di 60 Kmq con 31mila abitanti si costruisca o si autorizzino costruzioni per
60mila abitanti senza che dietro ci sia una esigenza di investimenti di danaro
di dubbia provenienza per i quali la emersione alla luce del sole è già un
obiettivo. Come del resto ci hanno detto e ridetto esperti del settore venuti
qui in varie occasioni.
Poi ci sono dei fatti specifici lasciati nel mistero
in altri settori. Arc finanziaria ad esempio. Decine di miliardi spariti nel
nulla.
Poi un mistero più vicino. Banca del Titano. Un ammanco di 30milioni di euro. Il
Congresso di Stato (governo formato da Psd-Ap-Su) interviene a sanare il tutto
con soldi pubblici e decide di intraprendere azioni legali – quando si dice la
solerzia! – cinque giorni dopo che gli eventuali responsabili si erano procurati
una copertura giudiziaria.
Si è dovuto aspettare le denunce di Cecchi,
Giovagnoli, Roberto
Alfonso
perché un governante sammarinese si rendesse conto che non è più possibile far finta di nulla.