Manca un programma di rilancio economico. Upr

Manca un programma di rilancio economico. Upr

SAN MARINO: OLTRE ALLE “RESIDUE DIVERGENZE”  MANCA UN PROGRAMMA DI RILANCIO ECONOMICO”
Il ministro della Pubblica amministrazione e dell’Innovazione On. Renato Brunetta, nel corso di un appassionato intervento tenuto in occasione della cerimonia del 1° Ottobre per l’insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, ha più volte sottolineato un punto relativo al fatto che: “Italia e San Marino sono chiamate a superare le residue divergenze in materia fiscale e di segreto bancario”.
Al di la delle importanti parole del Ministro Brunetta, il livello di conoscenza sul tenore di queste limature ed integrazioni necessarie per la firma degli accordi rimane del tutto ignoto.
Da tempo – in Consiglio Grande e Generale – si è sollevata la richiesta di conoscere, infatti, quali fossero gli impegni che il nostro Stato dovesse ulteriormente compiere al fine di superare le divergenze residue tra Italia e San Marino. Ad oggi nessuno – per parte sammarinese – ha però esplicitato la natura delle richieste italiane circostanziando quindi quali fossero gli impedimenti residui che impediscono il concretizzarsi degli accordi. Non si tratta di un passaggio secondario in funzione di quello che potrebbe rappresentare in termini di contenuti se e quando avverrà la firma con l’Italia.
I contenuti degli accordi impatteranno inevitabilmente sulla nostra economia e sul nostro tessuto sociale.
Alla Repubblica si è imposto d’intraprendere un imponente sforzo volto ad adeguare il funzionamento delle proprie istituzioni agli standard e alle best practice internazionali. Uno sforzo che ha visto l’intero Consiglio Grande e Generale impegnarsi in scelte di rottura con il passato.
Tuttavia, questo processo di adeguamento di per sé non basterà ad assicurare all’economia sammarinese il riavvio di quella rapida crescita che ne ha caratterizzato il recente passato.
Anzi, quanto più l’adeguamento agli standard sarà compiuto, tanto più risulteranno azzerati molti dei vantaggi comparati che il modello economico tradizionale della Repubblica ha reso possibile e che sono stati all’origine della crescita passata.
Parte di tale crescita, peraltro, è anche derivata da attività opache e non etiche; attività che hanno, sì, portato “denaro facile” al Paese, ma che, oltre a comprometterne l’immagine nella comunità internazionale, hanno anche mortificato la capacità creativa della società, rendendola impreparata al mondo di oggi.
Il punto strettamente politico oggi è solo e soltanto uno: compiuto l’adeguamento agli standard, l’eventuale mancata adozione di un nuovo modello di sviluppo rischierà di generare regresso economico e impoverimento sociale. Mancano all’appello della politica di Governo proposte di sviluppo certe.
Da un lato si chiedono pesantissimi sacrifici alla nostra comunità determinado forti squilibri intergenerazionali e sociali – attraverso la riforma pensionistica e quella fiscale – dall’altro si portano avanti mirabolanti progetti – quale la riforma della Pubblica Amministrazione – del tutto slegati dall’attualità economica e sociale sammarinese. Non solo.
La palude politica in cui ci muoviamo ha fatto addirittura fallire – per ragioni eminentemente trasversalistiche – la possibilità di avviare un dibattito nazionale sull’opportunità per San Marino di richiedere l’adesione all’Unione Europea, stante soprattutto la circostanza sempre più evidente delle crescenti imposizioni da parte UE di condizioni di adeguamento a regole e standard europei a fronte dei mancati diritti e vantaggi derivanti dal non essere membro dell’unione. La raccolta bancaria e’ evaporata e – da fine 2008 a oggi – sono spariti oltre 6 miliardi di euro.
Si tratta di un’emorragia di capitali che non si arresta a fronte di una mancanza di interventi strutturali per poterla invertire.
Da tempo l’UPR si batte affinché si coaguli – attraverso un impegno unitario, formale e sostanziale da parte di tutte le forze politiche sammarinesi – la possibilità di poter cooperare non soltanto per superare l’attuale fase di crisi, ma anche nell’intento di fondare un nuovo modello di sviluppo economico del Paese. Si tratta di uno dei pochi modi per uscire dall’attuale palude politica.

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