Monica Andolfatto di Gazzettino: Mose, caccia ai conti esteri criptati: intrecci fra inchieste Mantovani e Cvn

Monica Andolfatto di Gazzettino: Mose, caccia ai conti esteri criptati: intrecci fra inchieste Mantovani e Cvn

Il Gazzettino

 Mose, caccia ai conti esteri criptati:
intrecci fra inchieste Mantovani e Cvn


I fondi neri accertati sono 15 milioni di euro, la procura cerca
di dipanare la matassa degli appalti delle società consorziate

Monica Andolfatto

VENEZIA – Se fosse un gioco della Settimana Enigmistica si chiamerebbe Il Bersaglio. Sì perché l’inchiesta o, meglio, le inchieste della Procura di Venezia, che hanno travolto la scorsa settimana il Consorzio Venezia Nuova e tre mesi prima uno delle più grosse imprese consorziate, ovvero la Mantovani allora presieduta da Piergiorgio Baita, di passaggio in passaggio puntano al vero obiettivo, ovvero la destinazione finale di quei fondi neri che sono emersi da entrambi i filoni d’indagini della Guardia di Finanza.
Un totale quello finora accertato di quasi 15 milioni di euro. Creati sempre con il sistema delle false fatturazioni, emesse da società cartiere collocate all’estero: in Austria quella nel fascicolo della pm Paola Tonini, che ha portato poi all’arresto per turbativa d’asta anche del creatore del Cvn e Mose, Giovanni Mazzacurati; nella Repubblica di San Marino quella che compare nel fascicolo del pm Stefano Ancilotto che proprio in questi giorni ha formalizzato il parere favorevole al patteggiamento di un anno e 10 mesi richiesto dalla difesa di Baita, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.
Cvn-Mazzacurati e Mantovani-Baita: un rapporto strettissimo quello che lega i due manager, lungo oltre trent’anni da quando cioè hanno cominciato il loro percorso professionale alla Furlanis di Portogruaro e via via rinsaldatosi sempre più sotto il grande ombrello proprio del Cvn. La Mantovani approda al Cvn, costituito nel 1983 per la realizzazione del Mose, a metà degli anni Novanta, rilevando le quote societarie di Impregilo.
Attualmente la spa della famiglia padovana Chiarotto detiene una quota diretta di Cvn che sfiora l’1% ma il suo peso “reale” e ben superiore. Perché la Mantovani figura proprietaria di quote importanti di altre consorziate Cvn come la Covela (in Cvn con l’1,85%) di cui possiede oltre 80% e la San Marco consorzio costruttori veneti (in Cvn con il 13,1661%) di cui possiede quasi il 35% attraverso un sub consorzio.
E si sa che all’interno del concessionario unico sono definite anche le cosiddette “quote lavoro”, quelle che garantiscono al socio-impresa l’affidamento automatico di appalti e quindi di milioni e milioni di euro, sempre in assenza di concorrenza, sulla base della “competenza in materia”. È anche su questo fiume di denaro statale drenato da Cvn nelle casse di Mantovani che la magistratura vuole fare piena luce: centinaia di milioni di euro finiti “sott’acqua”. Ma che in parte – questa è l’ipotesi – potrebbero essere stati dirottati nelle tasche di qualcuno (stiamo passando al livello politico?) magari attraverso conti bancari esteri criptati.

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