San Marino. Elezioni 2016: bandita la parola corruzione

San Marino. Elezioni 2016: bandita la parola corruzione

SAN MARINO. Nella campagna elettorale 2016  grande assente è stato il tema della corruzione politica.

Pochissimi sono stati gli accenni al  ‘gruppo criminale‘ che con la ‘collaterale assistenza di Banca Centrale’ per oltre un decennio  ha guidato lo Stato nell’interesse di una masnada di delinquenti. Solo grazie agli articoli di Antonio Fabbri su L’Informazione di San Marino si è saputo “come venivano prese le decisioni” (*) a Palazzo Pubblico ed al Voltone.  Però non è scoppiata  la rivoluzione.   Insomma, nel nostro Paese, le pratiche corruttive  erano  così diffuse e tollerate che hanno finito per  atrofizzare  il comune  “senso sano di vergogna”.  In un paese normale   “i filtri reputazionali, il biasimo sociale e politico” vengono prima  “dei fascicoli aperti in tribunale”. Cioè scattano “indipendentemente dalle indagini giudiziarie e dagli esiti processuali”. Qui no.  Qui non sono scattate  nemmeno dopo.  Nemmeno nella campagna elettorale.

Eppure sono stati rinviati a giudizio,  con accuse pesantissime ed infamanti, ex Capitani Reggenti, ex Segretari di Stato, celeberrimi  professionisti. Per decenni, in questo  Paese,  questi signori  hanno  inseguito posti pubblici solo per poi mettersi a disposizione  per farsi corrompere da delinquenti piovuti da ogni dove. Hanno alimentato un  sottobosco politico affaristico così grande che solo  la malavita italiana  vi aveva  i rappresentanti di 15 clan.

Ebbene, gli stessi rinviati a giudizio  sono caduti dalle nuvole quando è loro arrivata la comunicazione dei giudici inquirenti.  Anche chi è finito in galera. Gatti stava andando a caccia quando l’hanno arrestato. Podeschi ha urlato fino a Strasburgo contro la ‘persecuzione’ subita. Stolfi si è fatto sorprendere  in casa con una valigetta da 934mila euro:  argent de poche.  

Non si illuda, però,   la politica che la gente continui a non reagire, nonostante che sia  riuscita a bandire il tema della corruzione pubblica dalla campagna elettorale.

Sono finiti i soldi nelle casse dello Stato. Quando finiscono i soldi, potrebbero venire fuori anche  i forconi. Attrezzi, i forconi,  menzionati  en passant  lunedì scorso a Domagnano nell’incontro pubblico di Democrazia in Movimento.

La mala politica ha programmato  di cavarsela,  anche questa volta, sistemando, come in passato,  qua e là le sue  pedine. Questa volta il giochino potrebbe non riuscire.  Questa volta gli impresentabili sarebbe bene che si togliessero da soli da certi posti. Potrebbero non bastare più a proteggerli le solite camarille –  chiamiamole così piuttosto che massonerie paesane –   guidate dai soliti azzeccagarbugli.  

Prendano atto, questa volta, i signori della politica,  che è ormai inutile  ricominciare  gli attacchi al Tribunale con cene alla Carrirolo o incontri alla Roberti, come è  ormai inutile  tentare di riportare in via del Voltone  maître à penser alla ‘noantri’ o consimili.

Sono finiti i quattrini.

(*) Le citazioni sono tratte dall’incipit di “Tangentopoli, CONTO MAZZINI”, quinto volume,  di Antonio Fabbri, Carlo Filippini editore.

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