San Marino. Michele Bovi, intervista a Giancarlo Ghironzi

San Marino.  Michele Bovi, intervista a Giancarlo Ghironzi

SAN MARINO  Michele Bovi. giornalista e autore di saggi (fra cui ‘NOTE SEGRETE Eroi, spie e banditi della musica italiana‘) ha intervistato Giancarlo Ghironzi. L’intervista è stata pubblicata sul n. 7 di SUPER, sotto il titolo: Quando ‘Poteri forti’ erano i partiti / La politica che governava il Titano

Poteri Forti. Oggi i politici sembrano tutti condividere la consuetudine di attribuire rovesci e sventure del Paese agli ineffabili Poteri Forti, senza mai esplicitare fatti e nomi ma soltanto sparacchiando insinuazioni su finanzieri milanesi o romani o materani, banchieri, imprenditori, professionisti, magistrati e magari vescovo, ambasciatore, servizi segreti, massoneria. Intendiamoci: intromissioni o almeno tentativi di fameliche ingerenze ci sono sempre stati. La differenza è che quando mi occupavo di politica i soli ed autentici Poteri Forti erano i partiti”.

L’analisi è di Giancarlo Ghironzi, anzi il Dottor Ghironzi in quanto medico sammarinese più celebre all’interno e fuori del territorio. Da anni in pensione eppure oggi come ieri motore di alcune tra le più prestigiose realizzazioni scientifiche e accademiche della Repubblica. Ghironzi è stato altresì un politico di alto rango, colonna istituzionale di uno Stato in progresso di credibilità. Democristiano, due volte Reggente, due volte titolare degli Affari Esteri e Politici, e poi delle deleghe di Finanze e Bilancio, di Industria, Commercio e Artigianato, dell’Informazione.

“Quando l’elettorato consegnava un mandato poderoso a un partito non c’era influenza che potesse entrare in competizione, anche perché San Marino non ha mai ospitato cattedrali industriali come Fiat o fabbriche militari e pertanto anche il più considerato detentore di un’iniziativa non poteva prescindere dal confronto con i partiti”.

I partiti esistono anche oggi.

“Certo, ne nascono anche dei nuovi. Nulla a che vedere con la realtà di un passato nemmeno troppo lontano. Quei partiti erano scuole di politica e disciplina. All’interno si poteva discutere, litigare, rimanere convinti della propria opinione. Ma il messaggio che scaturiva dal dibattito, ovvero quanto stabilito dal direttivo, era rigoroso, indiscutibile. All’esterno il concetto di unanimità diventava dogma. E questo sigillava gli spiragli contro ogni mira di qualsivoglia confraternita”.

Confraternita ovvero massoneria?

“No, il senso era generico. Riguardo la massoneria ho letto le dichiarazioni di Alvaro Selva: lui stesso racconta che trent’anni fa a San Marino i massoni erano meno di sette e che per riunirsi dovevano affiliarsi a logge romagnole e marchigiane. Sono stato Capitano Reggente assieme a Federico Micheloni, eravamo entrambi medici, eppure mai una volta mi ha parlato di massoneria. Ho conosciuto anche Giacomo Maria Ugolini, è venuto a trovarmi alcune volte in Ospedale perché aveva bisogno di qualche esame: lo ricordo come una persona gentile, rispettosa, mai una parola su cappucci o grembiulini. Evidentemente non ero ritenuto un interlocutore fertile per certi argomenti”.

Selva ha accostato la figura di Ugolini anche ad ambienti dell’intelligence. Lei, negli incarichi istituzionali, si è mai sentito spiato?

Leggi l’intera intervista

 

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