Poche considerazioni (ma chiare) sulla riforma tributaria. P. Reffi, L. Moretti

Poche considerazioni (ma chiare) sulla riforma tributaria. P. Reffi, L. Moretti

POCHE CONSIDERAZIONI (MA CHIARE)
SULLA RIFORMA TRIBUTARIA
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    In queste ultime settimane si sono succedute varie prese di posizione sul progetto di riforma tributaria che a breve dovrebbe essere approvato dal Consiglio Grande e Generale.
    In particolare, la principale polemica è stata portata avanti dalle Organizzazioni Sindacali secondo le quali il progetto di legge, sottoponendo allo stesso trattamento i redditi dei lavoratori dipendenti e quelli dei lavoratori autonomi, avrebbe dovuto essere modificato per creare nuovamente una consistente disparità di trattamento.
    Le organizzazioni sindacali sostengono infatti che i lavoratori autonomi evadono le imposte e quindi è giusto che essi siano sottoposti ad una tassazione più elevata.
    Ovviamente tali considerazioni si basano sui seguenti presupposti:
•    i lavoratori dipendenti sono gli unici a pagare le imposte in quanto essi godono di redditi del tutto trasparenti che non possono essere occultati,
•    i lavoratori autonomi possono invece occultare una parte dei loro redditi e quindi possono evadere (e secondo le OOSS sicuramente evadono) le imposte.
    Il primo presupposto risponde al vero nella gran parte dei paesi che ci circondano (che sotto questo profilo si possono definire quindi “normali”) e spesso viene acriticamente ripetuto anche a San Marino, come se fosse valido anche nel nostro paese.
    Ma il nostro paese, straordinario per la sua storia secolare, per il suo ordinamento antichissimo, per le sue dimensioni, e per molte altre cose, non si può certo qualificare “normale” neppure sotto il profilo tributario.
    Nella Repubblica di San Marino in realtà il primo dei summenzionati presupposti è tutt’altro che vero.
    Fermo restando infatti che di norma i redditi di lavoro dipendente sono trasparenti, in realtà però, per effetto di  vari privilegi previsti dalla legge attualmente in vigore, essi subiscono un prelievo fiscale che nella maggioranza dei casi è modestissimo se non addirittura inesistente.
    Sotto il profilo fiscale, infatti i lavoratori dipendenti, rispetto a tutti gli altri contribuenti, hanno goduto fino ad oggi di enormi vantaggi (previsti a loro esclusivo favore) dalle norme tributarie e precisamente:
•    il loro reddito imponibile (e cioè quello su cui vengono calcolate le imposte) è decurtato del 20%; essi quindi pagano le imposte solamente sull’80% del loro reddito;
•    l’imposta (già più bassa di quella degli altri contribuenti perché calcolata solamente sull’80% del reddito) viene poi ulteriormente ridotta per effetto di una detrazione che da ultimo è stata fissata nel 9,2% del reddito lordo.
    Riassumendo, un lavoratore dipendente che abbia un reddito (al netto dei contributi) di 30.000 Euro calcola le proprie imposte su 24.000 Euro; l’imposta calcolata su tale reddito è pari a 4.126 Euro; da tale cifra deve però essere detratta la percentuale del 9,2 (calcolata sul reddito di 30.000 Euro), pari a 2.760 Euro; alla fine il nostro dipendente viene quindi a pagare un’imposta di 1.366 Euro, pari al 4,55% del suo reddito.
    Il professionista con lo stesso reddito di 30.000 Euro attualmente paga un’imposta che, a seconda del regime prescelto può andare da 5.100 a 5.755 Euro, pari ad una percentuale che oscilla fra il 17% e il 19,18% del suo reddito, cioè un’imposta più alta di circa quattro volte.
    Non a caso nella relazione della Segreteria di Stato per le Finanze ed il Bilancio del 7 aprile 2011 si riportavano questi dati relativi al 2008:
•    l’imposta pagata mediamente dai lavoratori dipendenti era pari al 5,2% dei loro redditi;
•    nello stesso periodo l’imposta pagata mediamente dai lavoratori autonomi era pari invece al 15,3% dei loro redditi.
    Il presupposto di cui sopra nella Repubblica di San Marino deve pertanto essere corretto come segue:
•    i lavoratori dipendenti sono gli unici che di norma non pagano imposte o ne pagano in misura ridottissima, mentre i lavoratori autonomi pagano imposte che mediamente sono molto più elevate.
    Chi non abbia dimestichezza con le norme tributarie può verificare la veridicità di quanto ho fin qui esposto andandosi a leggere gli articoli 8, ottavo comma, e 18, secondo comma, della Legge 13 ottobre 1984, n. 91, nella sua ultima stesura, così come essa risulta a seguito delle molte modifiche introdottevi negli anni.
    Passando ora al secondo presupposto, è senz’altro vero che qualche lavoratore autonomo evade il fisco, ma non si può certo pretendere che si aumentino le imposte a tutti i lavoratori autonomi per il fatto che alcuni di loro evadono. Si dovranno scoprire, perseguire e condannare gli evasori, ma non si può affermare il principio che siccome alcuni evadono, tutti (anche quelli che non evadono) debbano pagare più imposte.
    D’altro lato, come sappiamo tutti, vi sono molti dipendenti ed anche molti pensionati che svolgono un lavoro in nero, spesso di tipo autonomo, che sono quindi evasori di imposte ed inoltre  vanno anche a sottrarre ingiustamente occasioni di lavoro ai lavoratori autonomi regolari.
    L’evasione fiscale non è quindi solo appannaggio dei lavoratori autonomi.
    Fino ad ora non vi erano gli strumenti per scoprire gli evasori:
•    l’Ufficio Tributario infatti aveva modesti mezzi di indagine, tanto che, per effetto del segreto bancario, non poteva aver accesso ai conti dei contribuenti presso banche e finanziarie;
•    le norme penali che punivano reati in materia fiscale erano rese in concreto inapplicabili a causa di una condizione di procedibilità molto ampia.
    Il progetto di legge che dovrebbe essere approvato in Consiglio nella prossima seduta fa però piazza pulita di tutte queste limitazioni:
•    i poteri dell’Ufficio tributario sono stati ampliati fino al punto di includere perquisizioni negli studi professionali ed indagini sui conti bancari dei contribuenti;
•    i reati fiscali sono stati oggetto di una nuova disciplina, libera da lacciuoli e piuttosto severa.
    Il nuovo progetto di legge quindi introduce una maggiore equità fiscale ed una certa parità di trattamento (pur conservando qualche residuo vantaggio per i lavoratori dipendenti), ma contemporaneamente azzera le possibilità di evasione fiscale.
    A questo punto l’intervento delle Organizzazioni Sindacali volto ad ottenere un aggravamento del trattamento fiscale dei lavoratori autonomi appare sfornito di qualunque giustificazione logica e cozza contro il basilare principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, accolto anche dalla nostra Carta dei Diritti e patrimonio comune delle Costituzioni di tutti i paesi che si vogliono definire civili.
    Lascia poi sconcertati il fatto che tutte queste rivendicazioni dei sindacati siano state portate avanti sbandierando un concetto di equità quando invece esse sono finalizzate ad ottenere l’esatto contrario: un trattamento fiscale diseguale tra lavoratori dipendenti ed autonomi e la negazione del principio secondo il quale tutti dovrebbero pagare imposte commisurate ai loro guadagni.
    Quel che stupisce maggiormente comunque è il fatto che le ingiuste ed inique pretese dei Sindacati, benché volte ad ottenere una costituzionalmente illecita disparità di trattamento fra i cittadini, abbiano trovato accoglimento in sede politica.
    Analogo discorso vale per la stampa locale che, lungi dallo stigmatizzare le assurde richieste dei Sindacati, ha invece voluto mettere ingiustamente alla gogna, quasi fossero dei malfattori, i liberi professionisti presenti in Consiglio Grande e Generale, dimenticandosi che la gran parte degli altri consiglieri sono impiegati dello stato che regolarmente votano senza alcun imbarazzo (e senza essere mai messi alla gogna) non solo le imposte che colpiscono i loro redditi (e quelli dei liberi professionisti), ma anche le loro carriere, i loro stipendi, etc.
    Ma tornando all’argomento fiscale, in pratica sembra che, in forza di un accordo assurdamente stipulato fra le Segreteria alle Finanze e le OOSS, con provvedimenti successivi all’approvazione della Legge (alla cui emanazione il Consiglio dovrebbe impegnarsi mediante l’adozione di un apposito Ordine del Giorno) si vogliano introdurre aggravamenti di imposta a carico dei soli lavoratori autonomi, stabilendo (ovviamente solo per loro) una minimum tax, compresa fra 1.000 e 1.400 Euro e l’impossibilità di dedurre dall’imponibile spese che invece i dipendenti potranno tranquillamente decurtare dal loro reddito.
    La riflessione che sorge subito spontanea riguarda il ruolo delle Organizzazioni Sindacali che in questa vicenda hanno finito per arrogarsi funzioni politiche a 360 gradi che non gli competono e che esulano dalle loro finalità.
    Quel che è più grave però e che la Segreteria di Stato ha riconosciuto ai sindacati queste estese funzioni politiche ed ha intavolato con loro una trattativa, accogliendo in buona parte le loro richieste, senza neppure interpellare i lavoratori autonomi, che sono stati informati dalla stampa solamente quando gli accordi erano già stati conclusi.
    Il risultato, che la dice tutta sull’equanimità e sulla giustizia della nuova legge fiscale (coi correttivi voluti dai Sindacati) e della recente riforma pensionistica, può essere riassunto nel raffronto che segue:
•    un lavoratore dipendente rimasto senza lavoro giustamente non paga imposte, né contributi e forse può percepire un qualche sussidio;
•    un lavoratore autonomo che, per effetto della crisi in atto sia rimasto senza alcun reddito (cosa tutt’altro che irrealistica in questo momento) deve pagare comunque allo Stato e all’ISS una somma che può andare da 4.400 a 7.400 Euro (di cui  1.000 di imposte ed il rimanente per i contributi) e non ha mai diritto ad alcun sussidio.
    Valutino i cittadini se ciò è giusto e soprattutto cerchino di suggerire al lavoratore autonomo con un reddito modesto o inesistente dove andare a prendere il denaro necessario per vivere, per dar da mangiare ai suoi figli, per pagare imposte e contributi e magari anche gli stipendi, le imposte ed i contributi dei propri dipendenti.
    Mi auguro che il rispetto dei principi costituzionali e soprattutto un sussulto del senso di giustizia e di equanimità inducano i Consiglieri a non votare l’ordine del giorno che sancirebbe l’accoglimento delle richieste dei Sindacati.
    San Marino, 12 luglio 2012.
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  – Lorenzo Moretti –              – Paolo Reffi –

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