“Registrazioni, messaggi, spartizione provano una associazione a delinquere di stampo politico”.

“Registrazioni, messaggi, spartizione provano una associazione a delinquere di stampo politico”.

L’informazione di San Marino (3 giugno 2017)

“Registrazioni, messaggi, spartizione provano una associazione a delinquere di stampo politico”

Nella mattinata le richieste dei Pf Cesarini e Ugolini. emerge un altro particolare: 3,8miliardi di lire di Stolfi custoditi da una società

Nella requisitoria della pubblica accusa gli elementi ritenuti a probanti del reato associativo e dei vari episodi di riciclaggio contestati

Antonio Fabbri

Richieste pesanti per 20 dei 21 imputati e per le sei persone giuridiche. Unico presente in aula, ieri, Pietro Silva .L’udienza di ieri si è aperta con la prima parte della requisitoria sostenuta dal Procuratore del Fisco, Roberto Cesarini, che ha trattato l’aspetto della contestata associazione a delinquere. Quindi è seguita la requisitoria del Pf Giorgia Ugolini che ha trattato i singoli episodi di riciclaggio richiamati nei capi di imputazione.

Un processo senza precedenti “Prenderò in esame la parte dell’associazione a delinquere. Ci sentiamo avvantaggiati nel nostro lavoro – ha detto il Pf Cesarini – dopo la ricostruzione fatta dall’Avvocatura dello Stato nelle scorse udienze. Per questo la ringraziamo e, anche per economia processuale si farà rinvio in certi casi alla ricostruzione dei fatti come richiamata dalle parti civili. Ci rifaremo anche ai rapporti di Aif e Nucleo antifrode. Per quanto riguarda questa Procura fiscale si tratta del più grande processo penale che sia mai stato celebrato a San Marino. Ci troviamo di fronte alla realizzazione di reati commessi da persone che hanno rivestito posti rilevanti nelle Istituzioni. Persone che hanno avuto modo di condizionare la vita, le vicende politiche, la vita sociale ed economica. Mi sento anche di auspicare che questo processo possa servire da monito per chi gestisce la cosa pubblica, per chi riveste incarichi istituzionali, in particolare per chi, in Congresso di Stato, adotta provvedimenti che condizionano la vita di questo paese. La mia collega ha detto recentemente, davanti al Giudice per i rimedi straordinari, che il crimine non paga. Io vorrei dire in questo processo che il crimine prima o poi viene scoperto. Il primo impegno dell’incarico politico è quello di anteporre l’interesse pubblico agli interessi privati. Cosa che invece non è avvenuta nel caso in discussione”.

I profili dell’associazione a delinquere Il Procuratore del fisco ha quindi richiamato una precedente formulazione dell’articolo 287 del codice penale, quello che contesta appunto l’associazione a delinquere. Formulazione che prevedeva una aggravante che ricostruiva “esattamente il quadro che ritroviamo nei fatti contestati oggi”, ha detto il Pf.

“La formulazione di quella aggravante indicava la responsabilità maggiore per chi si associava al fine di ‘acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, gli associati si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti’. Caratteristiche che ritroviamo nei fatti contestati – ha aggiunto il Pf – Questi tratti sono poi confluiti, con i successivi adeguamenti normativi, nell’approvazione dell’articolo 287 bis che oggi punisce l’associazione a delinquere di tipo mafioso, caratterizzata in particolare anche dall’intimidazione, dalla soggezione e dall’omertà. Ecco, tolta la definizione che porta alla qualificazione mafiosa, il resto della previsione non mi sembra poi così diverso da quelle che sono le imputazioni nel reato di associazione oggi contestato. Mi si consenta, ma qui si potrebbe parlare di associazione a delinquere di stampo politico. I fatti contestati parlano dell’intento di perseguire profitti ingiusti, riscossione di denaro a titolo di tangenti, acquisizione diretta o indiretta del controllo di società in particolare nel settore immobiliare e finanziario, condizionamento del libero esercizio dei diritti elettorali. Vorrei riportare una battuta che ho sentito al bar: un noto mafioso era venuto in Repubblica, non solo per i ‘servizi’ che certe banche potevano offrirgli, per occultare il denaro illecito, ma era venuto anche per poter vedere come nel nostro Paese fosse stato possibile raggiungere certi scopi attraverso una associazione di persone, ma senza la necessità dell’intimidazione, dell’assoggettamento e dell’omertà”.

Il Pf Cesarini ha quindi richiamato una sentenza del maggio 2014 del giudice di terza istanza Emiliani, nella quale vengono descritti tratti e caratteristiche del reato associativo, slegato dai reati fine e anche dall’effettivo raggiungimento di questi.

La durata dell’associazione Secondo il Pf l’associazione a delinquere è iniziata nel 1998, con la costituzione di Finproject, ben prima delle date contestate per i primi reati. Ed è durata anche dopo l’esplosione dell’inchiesta Mazzini. “Se nel nostro piccolo Stato si crea un accordo criminale tra appartenenti al mondo politico, imprenditoriale e istituzionale, i partecipanti hanno consapevolezza che da quell’accordo mai potranno uscire od estraniarsi. Non solo. Coloro che ricevono tangenti, ma anche gli altri politici che hanno percepito tangenti per il loro apporto alla realizzazione di uno dei reati scopo dell’associazione, saranno sempre assoggettati a chi dell’associazione li ha contattati e ha fatto loro avere questi denari illeciti, perché sono ricattabili sulla base del disvelamento di fatti che ne comprometterebbero la carriera politica. Come è poi successo in questo caso. Abbiamo assistito anche ad attività successive che possono essere definite dei reati necessari, mirati al tentativo di difendersi dalle indagini e che potrebbero configurare anche reati contro i poteri pubblici dello Stato, in particolare mirando alla delegittimazione del tribunale. In questa vicenda l’attività politica è stata pesantemente condizionata dall’assoggettamento al vincolo dell’associazione, con persone che hanno anteposto il proprio interesse a quello dello Stato e sono state promotrici di reati di corruzione chi era in condizione di pagare tangenti”.

Rete di fiancheggiatori Una attività resa possibile da un metodo “che si fondava su una rete di fiancheggiatori che provvedevano alla gestione: ecco l’organizzazione che emerge. Una organizzazione c’era. C’erano delle persone che erano sempre le stesse. C’erano le tangenti confluite su questa sorta di fondo comune, il cosiddetto ‘conto Mazzini’, più libretti accomunati tutti quanti dalla stessa finalità spartitoria”.

Nella ricostruzione della struttura associativa il Pf richiama, come riscontro all’associazione a delinquere, la struttura organizzativa delle persone giuridiche costituita da Finproject, dalla Fondazione, ma anche dalle Segreterie di Stato e da studi professionali.

“Per quanto riguarda la fine dell’associazione, viene determinata dal capo di imputazione con la data di arresto di Podeschi. Viene datata in questa maniera perché abbiamo prove che almeno fino a quella data l’associazione era ancora operante. Ci sono delle risultanze che permettono di dire che questo accordo indissolubile, può ancora ipotizzarsi esistente e all’occorrenza può emergere ancora. Ci sono atti successivi anche relativi al periodo in cui l’associazione ha avuto la necessità di difendersi”.

Gli episodi indicativi Citati poi una serie di episodi  indicativi per l’accusa della sussistenza dell’associazione a delinquere nel tempo. “Gli avvenimenti che ora richiamo sono dimostrativi del fatto che l’associazione e suoi partecipanti, hanno operato anche successivamente e cercato di porre in essere comportamenti anche di rilevanza penale”. Citata dal Pf l’opposizione che in seno al Congresso di Stato Podeschi e Marcucci fecero al reclamo da presentare verso la sospensiva che era stata concessa dal giudice amministrativo di primo grado alla liquidazione coatta amministrativa, nel 2010, di Finproject. Poi tra gli episodi citati come indicativi dell’associazione, l’utilizzo delle interpellanze come mezzo di pressione verso gli altri consociati, per lanciare massaggi e poi lasciarle cadere nel vuoto. “Nell’ambito dei rapporti, è emblematico quanto avviene anche successivamente. Recentemente riportato nel decreto di archiviazione 544/2014 relativo a David Oddone. Qui si fa riferimento a messaggi tra Lonfernini e Stolfi, agli atti anche del presente procedimento. Nonostante fossero in partiti politici contrapposti usano tra loro toni amichevoli e a fronte delle ripetute notizie che vedevano indagini con uomini politici pesantemente coinvolti, Lonfernini manifesta l’intenzione di lasciare. Stolfi gli consiglia di attendere che ‘tra qualche settimana potrebbe essere tutto finito’. E il Pf richiama il fatto che i due si accordino, tramite il giornalista compiacente, ponendo in essere il “tentativo di delegittimare la Polizia. Il piano di 

Lonfernini è semplice – richiama il Pf – ‘facciamo interpellanza e pubblichiamo intercettazioni SMI’. ‘Così qualcuno fa meno il fenomeno’. L’obiettivo era colpire l’ispettore di polizia che stava conducendo le indagini”.

Registrazioni e dubbio delle difese Poi il Pf ha richiamato anche le registrazioni depositate dallo stesso Roberti, relative all’incontro con Gatti e Podeschi, nelle quali si tentava di intavolare un piano di delegittimazione del tribunale.

Su queste registrazioni le difese hanno posto il dubbio che non fossero agli atti di questo processo. In realtà, in occasione dell’ultimo termine di prova, a fine 2016, la Procura fiscale aveva richiesto l’acquisizione di quelle registrazioni e con provvedimento del febbraio di quest’anno, il giudice Felici ha ammesso la richiesta con riserva, all’esito finale del processo, di pronunciarsi sulla ammissibilità. Le prove, dunque, sono al momento agli atti.

Il ruolo di ciascuno Quindi il Pf ha ripercorso per ciascun imputato il proprio ruolo nell’associazione.

“Roberti, definito in ambito politico il Rasputin di Montefiore, era il deus ex machina anche per il suo ruolo di dominus della Bcs”. Sull’associazione a delinquere si è raggiunta la prova, secondo il Pf, anche per gli altri imputati cui è contestata: Claudio Podeschi definito “il vero amministratore della Fondazione per la promozione economica e finanziaria sammarinese”; Fiorenzo Stolfi, “c’è la prova del suo coinvolgimento nelle tangenti delle banche e del procacciamento di tangenti in favore dell’associazione e anche suo personale”. Le figure di Menicucci e Mularoni “legate a Roberti da rapporto di amicizia, che trova poi riscontro nella gestione di Penta immobiliare”. Anche per Lonfernini secondo l’accusa è provata la partecipazione all’associazione a delinquere, così come per Pietro Silva, “braccio operativo di Podeschi”. “Anche Marcucci fa parte del gruppo fin dalle origini, in stretta connessione con Bruscoli è intervenuto come professionista e si è prestato ad intervenire su indicazione di Roberti in varie attvità anche semplicente di trasferimento di denaro. Anche quando ricopriva icarico di Segretario di Stato”. Quindi Luigi Moretti “altra persona che non negava niente a Roberti”. “Bruscoli e Tortorella, per il gruppo, erano figure necessarie in quanto fornivano il veicolo per movimentare somme ingentissime”, attraverso Bcs e Finproject.

I casi di riciclaggio e il reato presupposto E’ toccato al Procuratore del Fisco Giorgia Ugolini ripercorrere punto per punto gli altri 27 capi di imputazione, prevalentemente relativi agli episodi di riciclaggio per milioni e milioni di euro. “Sui capi dal 2 al 22, relativi a misfatti di riciclaggio, una veloce premessa sul reato presupposto. Questo ordinamento ha una giurisprudenza consolidata, in linea con gli standard internazionali. Mi riferisco al fatto che per il reato presupposto può mancare l’accertamento sull’esatta tipologia purché la provenienza illecita dei beni risulti da prove logiche che riteniamo essere pienamente raggiunte in questo processo. Le nostre conclusioni collimano con quanto analizzato da Avvocatura dello Stato”.

Clabi e i junkets Quindi ha ripercorso capo per capo. “Sul trasferimento di 2,5 milioni a Clabi. Questa procura fiscale può già dire che risulta integrato il riciclaggio su questi soldi provenienti da un conto svizzero alimentato dai junkets di Macao, e a 125.000 euro provenienti da Moneybookers”. Il Pf Ugolini ha poi spiegato l’attività dei Junkets. “E’ noto nel contesto internazionale, in particolare al Gafi, che questi Junkets sono ad alta vulnerabilità a fini riciclaggio, contribuiscono a schermare sempre le identità dei giocatori d’azzardo e non verificano l’origine lecita del denaro. Lavorano in stretta connessione con le Triadi. C’è una stretta oggettiva connessione riconosciuta a livello internazionale”. Ripercorso dal Pf Ugolini anche quanto risultato dalla rogatoria in Svizzera ,per evidenziare come il testimone Berger, che ha deposto sul Titano, non sia attendibile secondo l’accusa. Tenne nascosto alla banca svizzera che quei denari, poi giunti alla Clabi di Podeschi e Baruca, arrivavano da Paul Phua. Podeschi e Baruca per i quali il Pf Ugolini ha parlato di “complemetarità” nell’attività di riciclaggio contestata.

Caso per caso Il Pf Ugolini ha poi proseguito evidenziando per ogni capo di imputazione come i fatti contestati siano stati confermati dal dibattimento. Così per il riciclaggio dei denari della tangente delle Telecomunicazioni provenienti da Murray e passati per la Fondazione; i denari di Sarkissian e le cariche diplomatiche, il giro di acquisizione degli immobili, il riciclaggio attraverso i mandati fiduciari Muflone, Maiale, Cinghiale, Ciclamino e altri. Quindi gli oltre 16 milioni passati per la Fondazione ricostruiti in dettaglio dai rapporti dell’Aif e nucleo antifrode, “cui si fa integralmente rinvio”. Richiamate quindi le movimentazioni e le destinazioni dei soldi a favore degli imputati. “Tutti episodi di riciclaggio dimostrati in gran parte per tabulas” oltre che attraverso prove e testimonianze raccolte.

I 3,8 miliardi di lire di Stolfi Emblematico poi il giro dei contanti di Fiorenzo Stolfi. Nella famosa valigetta di Cartier, che conteneva i 934mila euro in contanti rinvenuti a casa dell’ex Segretario di Stato, “è stata trovata anche una serie di appunti manoscritti, una sorta di memoriale, uno dei quali tra l’altro rammentava: ‘ho 3 miliardi e 800 milioni di lire depositati in una società presso Paolo Cervellini. Cassaforte presso la sede Cami s.a.” e la relativa combinazione. “Per la modalità di custodia delle somme, l’ingente ammontare e per le ricostruzioni compiute, si ritiene che queste denari siano certamente di origine illecita”.

Prestanome Sul ruolo di Moretti, seppure minore, il Pf Ugolini si è soffermata in quanto non preso in considerazione in precedenza. Emblematico tuttavia il ruolo di prestanome. “La sua figura è strumentale e di supporto a quella del fratello Luigi – ha detto il Pf – Quando è stato sentito e emerso che ricopre cariche in una serie di società delle quali non ricorda l’oggetto sociale, non ricorda se ha ricoperto cariche o se abbiano versato o meno per cifre ingenti sul suo conto. È quindi delineato il suo ruolo di prestanome svolto a favore del fratello e dei componenti del gruppo. Condotta tipica del riciclaggio, occultando denaro per conto di politici frutto di corruzione.

Le persone giuridiche Ripercorso dal Pf Ugolini, poi, il ruolo delle sei persone giuridiche, organiche all’attività dell’associazione a delinquere, organiche all’attività di riciclaggio. Alcune per l’accusa con quella sola finalità, altre che hanno affiancato lo scopo di movimentazione e occultamento dei denari di provenienza illecita a una reale attività lecita. Il Pf Giorgia Ugolini ha quindi formulato le richieste di condanna.

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